
Per rendersi conto che Generazione Italia non sia uno scherzo, come recita l'azzeccato e spiritoso slogan scelto per il giorno della sua nascita, è sufficiente vedere quante persone siano diventate fans alla pagina facebook dedicata, (attualmente oltre i 4.100).
Sono numeri importanti, come importante è la mission che GI si è data : "Generazione Italia vuole essere un aggregatore intergenerazionale rivolto a tutti coloro che hanno voglia di impegnarsi per l’Italia, con un’attenzione particolare ai giovani che non vogliono limitarsi a subire il futuro del loro Paese ma hanno il coraggio e la passione di immaginarlo, invitandoli ad essere protagonisti dell’Italia del 2020, l’Italia che verrà."
GenerazioneItalia sembra non voler essere la corrente dei "finiani", ma piuttosto una sorta di aggregatore di idee per ampliare gli spazi, un po' angusti, di discussione e di analisi politica.
Un aggregatore di uomini e donne, di passione e di cervelli che sia "a favore" e non "contro".
l’obiettivo principale di Generazione Italia è contribuire alla crescita della classe dirigente che dovrà cambiare il nostro Paese nei prossimi dieci anni, rendendolo istituzionalmente migliore, meritocratico e maggiormente competitivo.
Meritocrazia, innovazione, empatia, condivisione e comunità.
Sono queste le nuove parole d'ordine di quella nuova destra che si sta formando in Italia e nel PdL e che solo l'invidia e la miopia di alcuni bollano come "farlocca e traditora".
Noi di DDB siamo convinti che il progetto GenerazioneItalia ampli gli spazi culturali e di consenso del centrodestra e quindi le sua possibilità di vittoria.
l’obiettivo principale di Generazione Italia è contribuire alla crescita della classe dirigente che dovrà cambiare il nostro Paese nei prossimi dieci anni, rendendolo istituzionalmente migliore, meritocratico e maggiormente competitivo.
Meritocrazia, innovazione, empatia, condivisione e comunità.
Sono queste le nuove parole d'ordine di quella nuova destra che si sta formando in Italia e nel PdL e che solo l'invidia e la miopia di alcuni bollano come "farlocca e traditora".
Noi di DDB siamo convinti che il progetto GenerazioneItalia ampli gli spazi culturali e di consenso del centrodestra e quindi le sua possibilità di vittoria.
........
60 commenti:
PROVA
Il Pdl piace. E agli elettori del Pdl piace Fini.
Non è un mistero che gli elettori del Pdl nutrano nei confronti della politica un sentimento di “sana” sfiducia. Nella nostra Repubblica, la maggioranza silenziosa ha sempre avuto un sentimento diffidente versus la classe politica. Eppure, come abbiamo visto alle Regionali, si tratta di un fenomeno che non si fa “sentire” nelle urne. Non è un mistero che l’astensione – in passato spauracchio delle coalizioni moderate – colpisca oggi in egual misura destra e sinistra. Un trend che a sinistra viene visto con grande preoccupazione.
Secondo un sondaggio realizzato da EKMA Ricerche, un elettore del Pdl su due “sente” la politica lontana dai reali bisogni del Paese. Per un pidiellino su quattro, la politica è addirittura un problema. Solo il 20% del grande popolo della Libertà crede in una funzione positiva della politica. Un po’ pochini.
Non è dunque un caso se un elettore del Pdl su due ha meno fiducia che in passato nella politica italiana. Per l’altro 50%, invece, la “connessione sentimentale” (per citare Vendola) con la politica è rimasta invariata.
Dati quasi deprimenti, che fanno però a pugni con l’entusiasmo che ha suscitato la nascita del Pdl, un evento positivo per il 70% degli elettori di centrodestra. E sempre 7 elettori su 10 vogliono un Pdl aperto, plurale, democratico, sintesi di tutte le culture di centrodestra. Strada obbligata per un partito che deve essere il contenitore di quel “65% di italiani che non sono di sinistra”, tanto per ricordare l’intuizione sempre valida di Pinuccio Tatarella.
Infine, EKMA Ricerche ci svela come l’elettorato del Pdl abbia un giudizio positivo sull’azione politica del Presidente Fini: il 58% degli elettori del Pdl sostiene l’azione “finiana”.
Un dato importante, che smentisce chi maliziosamente aveva scritto e parlato di un Gianfranco Fini in antitesi con l’elettorato del Pdl. Fini piace. A tanti italiani. E a tantissimi iscritti e simpatizzanti del grande e variegato popolo della Libertà.
G. Mariniello
Io non sono daccordo, sono convinto che il pdl non piace agli elettori di AN.
Di chi credete che siano i nuovi voti della lega ???
Ivo
Vogliamo un blog libero dove, con educazione, si esprimono le proprie idee senza che le stesse siano censurate.
Voglio rispondere a chi si ostina ancora oggi a giudicare negativamente la portata politica del dato elettorale ottenuto dalla nostra associazione alle regionali.
Come candidato di Destra di Base ho preso solo 869 voti in tutta la nostra provincia.
E' vero sono pochi per un'associazione che vanta 2.000 iscritti.
Ma gli iscritti-elettori o gli iscritti-militanti di Destra di Base sono stati quasi tutti avvicinati dagli altri candidati più e meglio "armati" del sottoscritto e sottoposti a durissimi e potentissimi pressing di arruolamento elettorale sapientemente farciti con mille promesse, mille favori e mille convenienze.
Tutti gli altri candidati, dall'alto delle loro cariche politiche e istituzionali ( e talvolta anche economiche) hanno continuamente cercato di acquisire uomini e consensi con frasi tipo: "... che porti a fare Napoli che non conta nulla, porta me che sono questo e quall'altro e ti garantisco questo e quell'altro.."
Tutti sono stati chiamati, tutti i nostri dirigenti sono stati tentati da quasi tutti i più forti e accreditati candidati del Pdl.
Non hanno avuto rispetto di niente e di nessuno.
Io non ho mai detto una bugia a nessuno, ho preso 869 voti senza promettere favori, senza spendere migliaia di euri in comitati, feste, pubblicità...senza avere incarichi di partito e senza ruoli istituzionali...senza acuistare col denaro il consenso della gente.
E' lapalissiano che la maggior parte dei nostri dirigenti provinciali e locali non ha fatto nulla per farmi votare.
Hanno trascurato la campagna elettorale e non hanno prodotto i risultati dovuti.
Ma è altrettanto chiaro che noi i voti non li compriamo come altri hanno fatto e che non siamo ancora in grado di rimborsare nemmeno le spese dei nostri dirigenti provinciali e locali.
Oltretutto nessuno dei vertici provinciali e regionali del Pdl si è scomodato a darci una mano e a sostenerci nè politicamente nè finanziariamente.
Una profonda riflessione sulla nostra organizzazione è urgente e doverosa, ma solo per sfrodare la dirigenza provinciale da chi non
ha dato quanto e come doveva pur avendo ricevuto tanto.
In Destra di Base non si sta per convenienza, per promozione personale o per evitare l'isolamento ma per un progetto politico preciso che punta al cambiamento della politica di destra del Pdl che è anche un progetto di società, un modello di sviluppo che tuteli l’ambiente, la legalità, la giustizia.
Se si è squadra, se si condivide un'idea, un progetto e lo si vuole rappresentare nel proprio territorio si dovrebbe impegnarsi sempre e marciare uniti in un’unica direzione, senza invidia, senza opportunismi, senza chiacchiere.
Noi siamo di destra, quella vera, quella della passione, della militanza della solidarietà, quella che esisteva prima di Berlusconi e che esisterà anche dopo di lui.
Non abbiamo bisogno di soldi, di incarichi e di favori per testimoniare la nostra militanza.
A destra esistono tante persone come noi, che possono camminare a testa alta.
Ringrazio di cuore tutti quelli che mi hanno votato e sostenuto con convinzione e che mi hanno dato 869 ottime ragioni per continuare la nostra battaglia.
La destra vera proviene da AN e MSI, poichè trattasi di destra sociale e non costruita così su due piedi. Ha storia, radici. Dobbiamo radicarci sul territorio, dibattendo e confrontandoci su temi importanti e di estrema attualità, per costruire il futuo.
Noi siamo il primo partito, non la Lega. Lei è un alleato noi siamo la Base
I FINIANI “NON VOGLIONO MORIRE LEGHISTI”, MA L’ERRORE DI FINI E’ STATO ENTRARE NEL PDL
I DESTINI DELLA NAZIONE SI DECIDONO ORMAI AD ARCORE DOV’E’ FINITA LA VERA DESTRA?
Probabilmente quando Berlusconi decise di allearsi con Bossi pensava di farlo da una posizione dominante: credeva di aver stipulato forse un atto d’acquisto di una ditta in fallimento.
A distanza di anni si trova invece ad essere l’azionista di minoranza, ricattato ogni giorno dall’avidità leghista.
Bossi è una vita che ricorre all’arte dell’imbroglio, di cui si è dimostrato maestro in passato, tra ribaltoni e controribaltoni.
Ma che i destini di una nazione debbano essere decisi ad Arcore, invece che in Parlamento, durante le cene del lunedì in cui Bossi si presenta con la quinta colonna Tremonti, il dotto Calderoli, il Cota e ora pure col figlio ex disoccupato, ci pare troppo.
Anche per un premier a cui di riforme ne interessa solo una: quella che lo tolga dai guai con la giustizia, del resto sai che gliene frega.
Presidenzialismo alla francese o all’inglese, modello tedesco o americano, per lui va tutto bene: che gli altri facciano come gli pare, l’importante è trovare il modo di non presentarsi in tribunale e magari spianarsi la strada per un settennato al Quirinale che è sempre meglio del palazzo di Giustizia di Milano.
L’importante, dicono tutti, sono le riforme.
Non quelle che eliminino la corruzione nella pubblica amministrazione, non quelle antievasione, non la riduzione delle tasse, non la ristrutturazione degli ammortizzatori sociali, non riforme che diano fiato al’occupazione e una casa ai giovani, ma “il federalismo” e il “presidenzialismo”.
Due aspetti a cui all’italiano medio non frega nulla.
Berlusconi tratta, media, firma accordi, trova intese “do ut des”, con un occhio di riguardo ai suoi interessi privati e giudiziari, la Lega pensa solo ad acquistare potere e poltrone.
Gli unici che lanciano l’allarme sono i finiani, a giorni alterni.
Un giorno avallano in silenzio, l’altro ricordano “che non vogliono morire leghisti”, ricevendo il rimbrotto da un uomo corente del Pdl: Sandro Bondi, ex comunista.
Pensate se Fini non avesse fatto la fesseria, dettata dalla sua presunzione, di voler cambiare il Pdl dall’interno e di fondersi.
Pensate se An, invece che farlo diventare un partito morto, senza congressi e dibattito interno, in mano a tre caporalucci di giornata più che colonnelli, avesse continuato a fare politica sul territorio, sull’impostazione che ora Fini esprime da qualche mese.
Sarebbe un punto di riferimento vivo, militante, battagliero, in grado di contrastare, sul terreno culturale e politico, le mandrie leghiste.
Bilancerebbe il centrodestra, sarebbe per il Pdl una garanzia per non cedere all’arroganza della Lega, avendo un altro partito di uguale o maggiore consistenza che tira dall’altra parte.
Ne avrebbe giovato la coalizione e il Pdl stesso.
Invece è stato sciolto per calcolo politico e persino localmente ora la sua classe dirigente viene estromessa dagli enti locali grazie al maggior peso nelle preferenze da parte dei forzaitalioti.
Ora che il danno è stato fatto, ora che i caporali di giornata hanno trovato il loro stipendio, emerge solo un dato: la destra vera, sociale, solidale, nazionale e popolare non c’è più.
Ha un solo modo per riscattarsi: impedire che l’Italia, come diceva Metternich e come vorrebbe la Lega, diventi una mera espressione geografica, senza consistenza reale, istituzionale, politica ed economica.
Con un Sud abbandonato a se stesso e un nord in balia degli egoismi e del razzismo dei predatori padani.
Che ha a che fare una destra che ha sempre avuto come riferimento l’unità nazionale, la legalità, la giustizia, l’ordine, la socialità, il rispetto delle regole, la solidarietà tra nord e sud del Paese, i valori etici, con questo comitato di affari senza anima e cuore, senza passione e umanità?
L’Italia merita un destra vera e moderna.
O sapranno interpretarla o saranno travolti tutti.
w destra di base
Rolando R.
Il nuovo modello francese è il tipo di Presidenzialismo che serve all’Italia
Il problema del ‘motore’ delle riforme, infatti, al di là della tattica, troverà la sua unica e logica soluzione in un’azione concorde del Pdl e della Lega, aperta al dialogo con l’opposizione, come lo stesso Ministro Maroni suggerisce nell’intervista al “Corriere della Sera” del 6 aprile. La Lega pone, comprensibilmente, al primo posto il federalismo, ma riconosce ormai apertamente la necessità di un riequilibrio presidenzialista, ammettendo che Fini possa dare su questo un contributo decisivo. Il tutto sotto l’unica regia possibile, che è quella del Premier Berlusconi.
Ci si avvia così a tornare al trinomio originario, attorno al quale si costituì il centro-destra negli anni Novanta: Stato federale, repubblica presidenziale, democrazia maggioritaria. In esso confluiscono le culture politiche che hanno dato vita all’alleanza di centro-destra e ogni allontanamento da questa visione, coerente e modernizzatrice, delle istituzioni, ne mette a rischio l’unità.
Il problema più serio è che intorno al presidenzialismo il dibattito sembra essere appena agli inizi, anche tra le fila della maggioranza.
Due le ipotesi generali sul tappeto: il semi-presidenzialismo di tipo francese, e l’elezione diretta del Premier. Per avviare il dialogo sul binario giusto, qualche osservazione preliminare in merito può essere utile.
La prima riguarda la Lega, che nella sua storia ha mostrato aperture nei confronti di entrambe le ipotesi. E’ infatti da osservare che anche prima della Bicamerale D’Alema la Lega, sotto l’influsso di Miglio, era chiaramente orientata in direzione ‘presidenzialista’. Nella cosiddetta ‘Costituzione di Assago’, il testo redatto da Miglio per il secondo congresso della Lega Lombarda nel 1993, si optava per l’elezione diretta del Premier, capo dell’Unione federale: “Il governo dell’Unione spetta ad un Primo Ministro, eletto direttamente dai cittadini dell’Unione stessa” (art. 6). Successivamente, a partire dalla Bicamerale, la Lega si orientò in favore del semi-presidenzialismo, che è la scelta ribadita nei giorni scorsi da Calderoli e Maroni.
Il punto è che il semi-presidenzialismo francese è cambiato in modo significativo con la riduzione del mandato presidenziale a cinque anni (in vigore dal 2002), che elimina la dis-cronia tra elezione del Presidente e rinnovo del Parlamento voluta da De Gaulle, riducendo al minimo la possibilità della coabitazione (per l’effetto di trascinamento delle elezioni presidenziali rispetto a quelle parlamentari, che seguono di un mese) e assottigliando la distinzione tra Presidente e Primo Ministro, specie dopo l’ulteriore riforma del 2008 (la ventitreesima dal 1958).
E’ a partire da qui che si dovrà riflettere, all’interno della maggioranza e con la parte più aperta alle riforme dell’opposizione.
Sanità: Riesame concede i domiciliari a Sandro Frisullo
Torna a casa, agli arresti domiciliari, l'ex vicepresidente della Regione Puglia, Sandro Frisullo, in carcere dal 18 marzo scorso con l'accusa di associazione per delinquere e turbativa d'asta nell'ambito delle inchieste sulla sanita' pugliese che hanno tra i principali indagati l'imprenditore barese Gianpaolo Tarantini
Lega Nord-Pdl: il ’patto’ è servito
Le elezioni regionali hanno stabilito un nuovo equilibrio nel Pdl. Ora si tratta con Bossi mentre Fini resta fuori
La politica, si sa, è un perenne gioco di compromessi e favoritismi nemmeno troppo nascosti. Inevitabile che, all’indomani delle elezioni regionali che hanno determinato il ruolo di primissimo piano della Lega, Berlusconi cercasse un accordo con Umberto Bossi. Inevitabile perché il senatur si sente nel diritto (e quasi nel dovere) di pretendere qualcosa in più dal suo capo, visto che ha contribuito in maniera determinante alla vittoria del Pdl in due regioni fondamentali come Veneto e Piemonte.
Martedì, giorno di relax post pasquetta, si è svolto un summit a Villa San Martino, l’ormai famosissima residenza di Silvio Berlusconi ad Arcore. Presenti, oltre al capo del Governo e al leader della Lega, anche il coordinatore del Pdl Denis Verdini, Sandro Bondi, il ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli, il ministro degli Interni Roberto Maroni e, ultimo in ordine di arrivo, il titolare della Difesa Ignazio La Russa.
Al centro del confronto tra i rappresentanti delle due parti c’era la definizione di un complesso equilibrio tra federalismo, semipresidenzialismo e l’immancabile riforma della giustizia. Tangente anche la questione di Galan al Ministero dell’Agricoltura, avvicendamento reso necessario dopo l’elezione dell’ex ministro Luca Zaia alla presidenza della Regione Veneto.
Gianfranco Fini, quello che qualche mese fa veniva indicato come unico vero oppositore alla linea ‘creativa’ e ‘personalistica’ del governo Berlusconi, è rimasto fuori.
Nel frattempo gli ex di An protestano per l’ufficializzazione del protagonismo leghista. Le parole del Ministro per le Politiche Comunitarie sono chiare: “Non può essere la Lega l’asse portante delle riforme. Se così fosse verrebbe meno la ragion d’essere del Pdl”. E aggiunge: “Berlusconi dovrebbe capire che il Pdl è un tandem tra lui e Fini. Prima devono parlarsi loro due e poi parlano con la Lega”.
Sig Napoli anche a Cursi tieni li giuda perche il sig. Gennarino ha votato la Poli
Con il Presidenzialismo serve il maggioritario.
Partiamo dai fatti. “Non si può ragionare del modello francese prescindendo dalla legge elettorale”, ha detto ieri Gianfranco Fini nel corso di un convegno sul Presidenzialismo. Francamente, considerando anche il tono “accademico” dell’incontro, non mi sembra un’affermazione né errata scientificamente né provocatoria. Come ha fatto notare oggi Giovanni Sartori sul Corriere, ogni sistema istituzionale ha la “sua” legge elettorale, “parte integrante e costitutiva dell’edificio”.
Il Presidenzialismo con il proporzionale esiste solo in Sud America, spauracchio spesso evocato a sproposito ogni qualvolta si parla di Presidenzialismo, e in Israele, dove ha dimostrato di funzionare malissimo.
Difendere l’attuale legge elettorale è possibile nell’attuale contesto di repubblica parlamentare. Il proporzionale (con lista bloccata) esiste in regimi del genere – si pensi alla Germania – e serve a rafforzare il partito di maggioranza che solo dopo le elezioni indica il Presidente del Consiglio o il Cancelliere. Tale legge elettorale garantisce una totale corrispondenza tra maggioranza parlamentare e capo dell’esecutivo che è spesso anche il leader del partito di maggioranza.
Nelle Repubbliche presidenziali, si pensi a Francia e USA, il Parlamento viene eletto con il maggioritario, anche per garantire una forza maggiore al Parlamento nella dialettica con l’esecutivo, attraverso un meccanismo di elezione del membro della Camera che non si svolge solo all’interno delle segreterie dei partiti, ma necessita di un consenso popolare da ottenere nel singolo collegio. Un modo anche per garantire maggiormente la libertà del parlamentare, che non può non tener conto dell’umore del proprio elettorato ogni qual volta si esprime in Parlamento.
Pur preferendo personalmente il maggioritario uninominale a turno unico, nel caso del sistema francese, a doppio turno, vanno sottolineati alcuni aspetti. Il sistema adottato dai cugini d’Oltralpe rende irrilevanti le terze forze. Casini, per dirla a chiare lettere, farebbe la fine di Bayrou, che nelle ultime elezioni è stato ridotto all’irrilevanza. Non solo, ma il sistema francese ha dimostrato di saper escludere gli estremisti. Di Pietro farebbe la fine un Le Pen qualsiasi.
Casini e Di Pietro out, insomma. Non credo che a Berlusconi dispiacerebbe poi tanto, questa legge elettorale alla francese.
Italo Bocchino
"Non basta dire riforme. Non basta dire amore. Perché sono cose che vanno costruite giorno dopo giorno, con la pazienza del dialogo, con la serenità del confronto". Nuova stoccata del direttore di Ffwebmagazine Filippo Rossi che, in un corsivo sulla homepage della testata on line della Fondazione Farefuturo presieduta da Gianfranco Fini, invita a fare riforme "partendo da noi".
BASTAAAAAAAAA! con le fesserie gettate al vento! non c'è niente da condividere, nulla da spartire..... FACCIAMO LE RIFORME necessarie al paese, anche da soli in barba a quel .... s..enza spina doorsale di FINI e FARE...PASSATO! Fini consideri la possibilità di andare a fare il Presidente del.....Perugia calcio... (a buon intenditor poche parole)
Quel che Berlusconi tesse di giorno, Fini disfa la sera. La Penelope del Pdl interviene a gamba tesa per il secondo giorno consecutivo nel dibattito interno alla maggioranza sulla riforma dell'assetto costituzionale dello Stato. E se all'ora di pranzo il premier da Parigi guarda "al modello francese, ma con un unico turno votando nello stesso giorno per parlamento e presidente della Repubblica" a quella dell'aperitivo il presidente della Camera avverte che "così non si può. Il modello francese va adottato in toto. Basta con gli slogan". Muro contro muro tra le due "teste" del Pdl in attesa del confronto che, svela Fini, si farà "la settimana prossima". A metà del guado "l'oppositore dimezzato" Bersani che vuole "federalismo, ma un presidente della Repubblica che resti super partes".
Capisco che l'atteggiamento di Fini possa risultare fuori luogo e problematico per parecchi sostenitori del PdL (in effetti alcune delle sue uscite sono davvero incomprensibili dal punto di vista politico)... ma possiamo anche prestare un momento attenzione al singolo intervento? Per questa volta, non mi sembra che Fini sbagli: il sistema elettorale a doppio turno è, a mio avviso, effettivamente migliore del turno unico, perché garantisce maggiore democraticità, consente pacificazioni politiche e porta all'elezione di presidenti più legittimati. Indipendentemente dallo schieramento, un presidente eletto col 35% dei consensi sarà per forza di cose meno rappresentativo di uno eletto col 60%.
Fulvio D.
Il sistema Francese è pessimo e infatti non poteva che proporlo Fini !!! il sistema a doppio turno favorisce la sinistra perchè avendo 80 partiti sperano nel ballottaggio per vincere pur essendo minoranza, senza poi togliere che il sistema francese prevede la possibilità della coabitazione tra presidente di un colore e governo di un altro. L'attuale nostro sistema elettorale avrà pure il difetto di avere dei parlamentari nominati ( cosa da correggere ) ma è sicuramente democratico perchè prevede che la coalizione che ha un voto in più ha il premio di maggioranza. Inoltre secondo me è meglio che il Presidente della Repubblica rimanga di garanzia e eletto dal parlamento. Piuttosto si preveda l'elezione del Premier insieme al parlamento con un sistema simile a quello delle Regionali ove si vota presidente e consiglio insieme !!!!!
Carlo68
bravo adriano. sono con te, sempre.
lucio
Caro Adriano, sei un eroe, non dare retta ai vili.
Ti dedico una citazione di Giorgio Almirante che mi sta particolarmente a cuore.
Te la meriti.
"Noi siamo caduti e ci siamo rialzati parecchie volte. E se l'avversario irride alle nostre cadute, noi confidiamo nella nostra capacità di risollevarci. In altri tempi ci risollevammo per noi stessi. Da qualche tempo ci siamo risollevati per voi, giovani, per salutarvi in piedi nel momento del commiato, per trasmettere la staffetta prima che ci cada di mano, come ad altri cadde nel momento in cui ci si attingeva a trasmetterla. Accogliete dunque, giovani, questo mio commiato come un ideale passaggio di consegne. E se volete un motto che vi ispiri e vi rafforzi, ricordate: Vivi come se dovessi morire subito, pensa come se non dovessi morire mai..."
(G. Almirante)
Ma l’avete visto a Telerama quell’avvocato di Galatina tutto contento per la vittoria di IO SUD a Galatina ? Ma non è lo stesso che è stato escluso dai vertici del suo stesso partito quando si è trattato di scegliere il candidato sindaco e non è lo stesso che non accettava Coluccia come candidato sindaco? Ma non è lo stesso che scrive editoriali a destra e sinistra solo ed esclusivamente contro il PDL ? Ma non è lo stesso che non si è degnato di commentare il misero misero 2,93% di IO SUD a livello regionale che ha portato 0 consiglieri regionali al suo movimento? Forse è contento per la vittoria di Vendola? Se è così gli faccio i migliori auguri.
Robertodestroide
Sulla vittoria di IoSud a Galatina Angelo Tondo, già consigliere comunale a Lecce e alle ultime regionali candidato per Io Sud, dice: “Siamo orgogliosi del risultato di Galatina e soddisfatti della perfomance individuale di Giancarlo Coluccia, persona di comprovata esperienza politica e di grandi doti umane, su cui abbiamo puntato sin da principio con grande convinzione. A Giancarlo va il grande merito di aver saputo far convogliare attorno a sé tutte le sinergie dei cittadini di Galatina per realizzare insieme un progetto di rilancio per la città. E’ un risultato eccezionale sia dal punto di vista quantitativo che da quello qualitativo. Galatina potrà tornare in tal modo a diventare punto di riferimento per l’intero territorio salentino riappropriandosi della sua centralità e sono convinto, che con l’impegno di Giancarlo Coluccia, uomo capace e disponibile potrà riuscire facilmente in questo intento”.
La Poli Bortone abbia il coraggio di ammettere che ormai è organica alla sinistra e che lei e il suo movimento votano e fanno votare i candidati della sinistra e la sinistra vota e fa votare i candidati di Io Sud.
Un vera vergogna.
PRESIDENZIALISMO: NON SONO D’ACCORDO SU NULLA
GIA’ NON INTERESSA A NESSUNO, PER DI PIU’ OGNUNO LO VUOLE A SUO MODO: ORA PER MESI LITIGHERANNO SUL MODELLO PRESIDENZIALE DA SEGUIRE, MENTRE LE URGENZE DEL PAESE SONO ALTRE….MAGGIORI POTERI AL PREMIER? PER CARITA’....
Il mondo politico si divide in due nel nostro Paese: chi governa e chi sta all’opposizione.
In passato i governi duravano al massimo due anni, poi i partiti litigavano e si andava ad elezioni anticipate, salvo poi precipitare nuovamente verso l’ennesima crisi.
Nella seconda Repubblica però nessuno ha mai governato più di una legislatura: appena scaduto il mandato (e anche prima) è stato mandato a casa ed è ritornato quello di prima (vedi alternarsi di Berlusconi e Prodi). Questo indurrebbe qualsiasi persona di buon senso, in caso di riforme profonde della nostra Carta costituzionale, per la quale si richiede infatti non a caso i due terzi del parlamento, a cercare, sul tema delle riforme istituzionali, un ampio consenso.
Solo dei folli possono pensare, solo perchè oggi governano, di imporre un certo tipo di riforma, sapendo che dopo pochi anni quelli che verranno in seguito rivolteranno a loro volta tutto.
Fare le riforme non è un problema “di una parte contro l’altra”, dovrebbe essere un’esigenza di tutti, se sono realmente necessarie.
Sul presidenzialismo si vedono già i primi risultati: chi vuole il sistema semipresidenziale francese a doppio turno, chi a turno unico, chi non lo vuole per nulla.
Il premierato tedesco va bene a qualcuno ed è indigesto ad altri.
Dopo una settimana di dibattito siamo già al caos, sia all’interno del Pdl che del Pd, figuriamoci altrove.
Alla fine non si concluderà nulla, al massimo si approveranno il Senato federale e la riduzione dei parlamentari, su cui un’intesa ci può stare.
Diciamo che sono state sbagliate le premesse.
Proporre il presidenzialismo solo “per dare più poteri al governo”, senza il contrappeso di maggiore autonomia e controllo da parte del parlamento risponde solo all’esigenza di chi vorrebbe in un solo giorno che gli italiani eleggessero Presidente della repubblica, premier e un parlamento di nominati senza neppure le preferenze.
Non a caso qualcuno ha parlato di presidenzialismo alla sudamericana: la stupidità di una parte del centrodestra sta nel ritenere che essi governeranno in eterno, senza rendersi conto che quando dovranno passare la mano alla sinistra, si troveranno in un regime, come quello che vorrebbero ora imporre loro.
E non è che verità e la giustizia sta sempre e solo in chi vince.
Se poi dovessimo rispondere alla domanda: “volete dare maggiori poteri al governo”, oggi come oggi diremmo subito; “ma per carità“, ne ha già fin troppi.
Come si fa a lamentarsi di non riuscire a governare quando si ha uno scarto di 100 voti a favore in Parlamento e si ricorre sempre più alla decretazione d’urgenza e al voto di fiducia?
Se uno sapesse governare, governerebbe già fin troppo cosi: ormai il “parlamento di nominati” è ridotto a un organo ratificatore delle decisioni prese il “lunedi delle beffe” ad Arcore, ai cenacoli letterari con Calderoli e il figlio di Bossi.
Tutto solo per miseri interessi di bottega, senza che nessuno voli un minimo più alto e guardi alle esigenze della nazione.
Rolando R.
POLI BORTONE ormai s'arrampica sugli specchi, ma cade e danneggia pure il buon ricordo del passato!
Che pena ascoltare i commenti della -un tempo- grande Adriana sui risultati di Galatina!
All'intervistatore che Le faceva osservare lo strano feeling tra Lei e la Sinistra ha risposto che ormai non c'è più differenza tra destra e sinistra, che a Vigevano (provincia di Pavia) erano alleati insieme al ballottaggio contro la Lega! Che in futuro conteranno i partiti del territorio e non più le divisioni del passato tra destra e sinistra!
Che pena! Che tristezza! Alle Regionali ultime un'Italia intera si è divisa tra Destra e Sinistra e Lei non se ne è accorta!!!!
Per Lei la realtà sono solo i comuni di Vigevano e Galatina!!!
Ma che erba le stanno facendo fumare!!!! O è in preda all'ectasy?!?
Per favore, Voi di DDB che Le siete o eravate amici, parlatele di persona, apritele gli occhi!
Alle Regionali, col voto disgiunto doveva fare sfracelli (non quello di Nardò) intercettando tantissimi voti del PDL, invece ha preso meno voti della sommatoria delle due liste che l'appoggiavano!! Addirittura
IO SUD su tutta la Puglia non è andato oltre uno striminzito 2,9%, senza eleggere nemmeno un consigliere in Regione!!! Di cosa va esultando????
Nel "Suo" Salento è passata da 32.000 voti delle provinciali2009 a 26.000 voti delle regionali2010!
Ovvero 20 sostenitori ogni 100 che Le avevano dato fiducia lo scorso anno, quest'anno L'hanno mandata a farsi benedire!
Perché non si fa un bell'esame di coscienza e chiede scusa per questa sua ostinata miopia che favorisce solo la sinistra e distrugge pure il bel ricordo del suo passato????
Vi prego, fate qualcosa per aiutarla a rinsavire!!!!
Donato D'Andrea - Cursi
COSA SONO LE RIFORME COSTITUZIONALI DI CUI SI DISCUTE
PRESIDENZIALISMO, SEMIPRESIDENZIALISMO, PREMIERATO, CANCELLIERATO, MAGGIORITARIO?
UN PICCOLO AIUTO PER DISTRICARSI NELLA BABELE COSTITUZIONALE E FARSI UN’OPINIONE, AL DI LA’ DELLE INDICAZIONI DEI PARTITI.
Il presidenzialismo degli Stati Uniti prevede il presidente eletto direttamente dal popolo che è capo dello Stato e capo del governo.
Anche il congresso, bicamerale, viene eletto direttamente dai cittadini.
Nel sistema statunitense, il presidente non può sciogliere il congresso che a sua volta non può sfiduciare il presidente, in pratica sono costretti a convivere.
Veniamo al semipresidenzialismo: nel modello francese, il presidente della Repubblica è eletto dai cittadini, così come l’Assemblea nazionale, che è bicamerale.
In Francia esiste il sistema elettorale maggioritario a doppio turno, con collegi uninominali.
Che differenza c’è con il modello americano?
Il presidente francese nomina il primo ministro, capo del governo, il quale deve avere la maggioranza dell’assemblea.
Se questa ha una maggioranza opposta al presidente, allora l’assemblea sceglie il primo ministro e si determina una coabitazione.
Rispetto agli Usa, il presidente francese può sciogliere il parlamento, ma non più di una volta l’anno.
Qualcuno poi parla di premierato, ma si tratta di una invenzione tutta italiana.
Il primo ministro inglese infatti non è eletto direttamente dai cittadini come premier, ma viene eletto come parlamentare.
Poi, essendo il capo del suo partito, se ha vinto le elezioni, diventa primo ministro.
In pratica il sistema inglese è inimitabile: ha bisogno di un bipartitismo e di un sovrano.
Passiamo al cancellierato tedesco: richiede l’elezione del cancelliere da parte del Bundestag, la camera dei deputati, che deve dare la fiducia al cancelliere, non al governo.
Il cancelliere non è eletto direttamente dai cittadini ed è di solito il capo del partito più grande.
Può essere sostituito con un voto di sfiducia costruttiva che richiede la maggioranza assoluta.
Entro 48 ore, un’altra maggioranza assoluta deve dare la fiducia al nuovo cancelliere, le crisi al buio non sono possibili.
Passando ad esaminare i sistemi elettorali , il maggioritario uninominale secco (caso inglese) è un sistema in cui vince il candidato che ottiene più voti, anche senza avere la maggioranza assoluta.
Nel caso francese si parla invece di maggioritario a doppio turno.
Passa al primo turno chi nei collegi ottiene la maggioranza assoluta dei voti espressi.
Al secondo turno possono passare tutti i candidati che abbiano ottenuto una certa percentuale, almeno il 12,5% .
Questa percentuale è molto elevata e, nel caso si apllicasse in Italia, porterebbe nei collegi al passaggio dei candidati Pd e Pdl, in alcune aree della Lega, in rari casi dell’Idv , mentre l’Udc passerebbe solo in Sicilia.
Salvo accordi di desistenza ovvio.
Al secondo turno vince chi ottiene più voti.
Questo è quanto.
Rolando R.
BERLUSCONI UTILIZZA IL TEMA DELLE RIFORME COME IL FUMO NEGLI OCCHI: A LUI INTERESSA SOLO LA GIUSTIZIA
IL GOVERNO VA SOTTO SUL “SALVALISTE” (262 A 254), NONOSTANTE CENTO VOTI DI MARGINE… FINI: “UN PARTITO ALLO SBARAGLIO: NON C’E’ UNA STRUTTURA, UN RADICAMENTO, UNA STRATEGIA, SOLO UNA TOTALE MANCANZA DI POLITICA. QUI NON SI PARLA MAI DI LAVORO, DI SANITA’, DI TASSE, DELLE COSE CHE INTERESSANO GLI ITALIANI”
Mentre Berlusconi era negli States, aspettando 40 minuti la limousine che doveva riaccompagnarlo in albergo, alla Camera l'altro ieri andava in onda un “dejà vu”: il governo, nonostante cento voti di margine, riusciva a farsi bocciare il decreto salvaliste.
Finiva 262 a 254 per l’opposizione che giustamente gongolava: tra chi era come al solito in missione e chi è scomparso, alla fine la maggioranza si dissolveva per l’ennesima volta.
Nomi di spicco tra gli assenti: Cicchitto, Lupi, Ghedini, Denis Verdini.
Per fare buon peso si è aggiunto qualche finiano, un numero sufficiente per far capire al premier che se vuole continuare a decidere la politica del governo durante le cenette conviviali con Umbertino e Renzino il lunedì a casa sua e non nelle sedi competenti, in parlamento non passa uno spillo di riforma.
Se qualcuno intende svuotare le Camere dei suoi poteri per consegnarli a un presidente forte qualcuno è in grado di mettersi di traverso.
E mentre il tema delle riforme si capisce ogni giorno di più che serve al premier solo come fumo negli occhi, in quanto l’unico interesse che ha è quello sulla giustizia, Fini è passato all’attacco: “Il partito non c’è, è allo sbaraglio: non c’è una struttura, non c’è radicamento, non c’è una strategia, ma solo una totale mancanza di politica”.
E ancora: “Non è possibile che qui non si parli mai di lavoro, di sanità, di tasse, ovvero delle cose che interessano gli italiani”.
Le critiche peraltro sono ampiamente condivise anche dai falchi berlusconiani: “Qui non c’è nulla, siamo allo sfascio”, ha commentato Giorgio Stracquadanio, uno che solitamente passa le sue giornate a criticare quello che dicono i finiani.
Sulla riforma istituzionale il premier ha lasciato via libera alla Lega, basta non toccare la legge elettorale.
Che sarà pure una porcata ma gli viene bene, mentre Fini la pensa in modo opposto.
Ieri poi Bocchino, braccio destro di Fini, ha sparato un’altra bordata sul tema della subalternietà del Pdl alla Lega: “Non ho nulla in contrario a un capo del governo omosessuale perchè se una persona é eletta con il consenso degli italiani ha diritto a guidare il paese, mentre un premier leghista rappresenterebbe solo una parte del Paese, con un evidente limite territoriale”.
Bocchino poi si proiettta al dopo Berlusconi e afferma che, qualora il premier divenisse presidente della Repubblica, il futuro presidente del Consiglio dovrebbe essere indicato dal Pdl attraverso le primarie interne.
Apriti cielo, è sceso il panico tra i caporali di giornata dei vari aspiranti futuri premier di origine forzaitaliota .
Chissà come mai, visto che sostengono che Fini non conta nulla…
In ogni caso dagli Usa è arrivato l’ammonimento del premier su chi ha marinato il voto alla Camera: “Punirò tutti gli assenti”.
Non ha precisato se lo farà come ha fatto finora, permettendo a molti ministri e sottosegretari di mantenere anche l’incarico di parlamentari o se opterà per la bacchettata sulle dite.
Forse sarebbe meglio che strutturasse il partito in modo adeguato sul territorio, invece che continuare a perdere deputati in Parlamento e milioni di voti nel Paese.
w destra di base
Rolando R.
E' MORTO RAIMONDO VIANELLO
Muore a 87 anni l’ex attore e conduttore sportivo. Formò prima con Ugo Tognazzi e poi con la moglie Sandra Mondaini delle formidabili coppie comiche.
Fu detenuto per l’adesione alla R.S.I. con Tremaglia e Pound in un campo di concentramento alleato.
E nel 1994 invitò simpaticamente a votare per Berlusconi.
Onore ad un grande italiano.
A NOI!
Oggi pranzo tra Fini e Berlusconi. Il messaggio dell'ex An: non ci si può più appiattire sulla Lega, perché così si indebolisce il Pdl. Sul tavolo anche le riforme.
Il premier: "Ho mangiato benissimo"
Roma.Faccia a faccia Fini-Berlusconi alla Camera. Dopo il vertice di ieri sera tra il premier e il leader della Lega, Umberto Bossi, oggi Berlusconi ha visto per pranzo il presidente della Camera. Il numero uno di Montecitorio ha consegnato al Cavaliere un messaggio molto chiaro e del resto già ripetuto più volte all’indomani del voto delle regionali: non ci si può più appiattire sulla Lega, perché così si indebolisce il Pdl. "Ho mangiato benissimo", ha commentato il premier senza però pronunciarsi sul contenuto del colloquio. Neanche Fini si sbottona: "Se volete sapere qualcosa sul contenuto del colloquio, chiedetelo al presidente del Consiglio".
Sul tavolo Fini ha posto anche il cammino delle riforme. Nei giorni scorsi il numero uno di Montecitorio aveva già lanciato l’ipotesi di "inventare" un "modello italiano" per le riforme istituzionali che sono necessarie al Paese. Ma anche ribadito la sua predilezione per il modello presidenzialista francese a doppio turno elettorale. Gli uomini del presidente della Camera assicurano che non c’è da parte di Fini nessuna volontà di forzare: Fini siederà al tavolo con l’intenzione di trovare un’intesa, rilanciando la necessità che sulle riforme ci sia un confronto aperto, all’interno della maggioranza e nel Parlamento.
Nessun volontà di rompere, spiegano i suoi, ma anche nessuna delega in bianco.
Adriano, hai visto il filmato di Striscia sulla Polverini?
Stare con questa gente è solo una perdita di tempo per chi vuole cambiare il mondo come noi.
Non credi?
Gianni Miccoli
(ANSA) - ROMA, 15 APR - Toni di rottura nel vertice tra il premier Silvio Berlusconi ed il presidente della Camera Gianfranco Fini. Quest'ultimo - riferiscono fonti di maggioranza - ha esplicitamente detto che e' pronto a costituire suoi gruppi autonomi in Parlamento, accusando governo e Pdl di andare a traino della Lega. Il premier Berlusconi - riferiscono le stesse fonti - avrebbe chiesto 48 ore di riflessione. (ANSA
PARTE PRIMA
Il fascismo è morto L’epica fascista è viva e sta benissimo
di Marcello Veneziani
Il fascismo è morto e sepolto, condannato dalla storia e dall’anagrafe, ma lascia a volte saporiti frutti letterari. Ho davanti a me due libri di due autori che sono forse le ultime tracce del miglior neofascismo letterario. Parlo di un vivo e di un morto, e spero che Piero Buscaroli, facile all’ira, non consideri un supplizio etrusco legare lui e il suo libro, Dalla parte dei vinti, a Giano Accame, morto giusto il 15 aprile di un anno fa, e al suo libro postumo, La morte dei fascisti. Sono usciti entrambi in questi giorni: il testo di Accame è edito da Mursia, quello di Buscaroli da Mondadori. Sono due libri pervasi di pathos storico e letterario. Due libri impolitici, percorsi dalla nobiltà della sconfitta. Buscaroli estende il suo sguardo al Novecento e alla saga della sua famiglia. Accame, invece, esula dalla storia per entrare, com’era sua consuetudine, nell’estetica e nell’ideologia del fascismo, nel culto della bella morte, nella letteratura, nel pensiero e nella poesia civile che lo accompagnò.
Piero Buscaroli è un grande scrittore di musica e di storia, e conosce come pochi la storia della musica e la tragica musicalità della storia. Non solo per dandysmo si definisce «un superstite della repubblica sociale in territorio nemico» ma non aveva l’età per aderire alla Rsi. Oggi ne ha ottanta, ma ne aveva quindici quando cadde il fascismo. Non per civetteria disse a Montanelli che era diventato fascista «non per Mussolini ma nonostante Mussolini». Qui racconta il suo tormentato rapporto con Indro e con Il Giornale, di cui fu firma sotto falso nome. Perché lui, come Prezzolini e Del Noce, fu proscritto, e lo ricorda in queste pagine: ma rispetto agli altri due che fascisti non erano, lui sul Giornale almeno poté scrivere con lo pseudonimo di Piero Santerno. Di Buscaroli sono memorabili i suoi scritti e le sue biografie. Ma memorabile è pure il suo carattere scontroso, i suoi litigi e le sue polemiche, con Montanelli stesso e Giovanni Volpe, Almirante e Dino Grandi, suo cugino Massimo Cacciari e Paolo Mieli. Facile alla querela, si narra che Buscaroli avesse un velivolo che aveva battezzato Querelino, frutto dei proventi delle sue vittorie giudiziarie. Litigò anche con me, per ragioni di cui assoluta è la mia innocenza: ma non riesco a volergli male e tanto meno a parlar male di lui, che considero uno dei rari grandi rimasti. Buscaroli fu scoperto da Longanesi e fu una firma storica del mitico Borghese, soprattutto in politica estera. Diresse anche Il Roma di Lauro; ma dirigere un giornale, a Napoli per giunta, sarà stato per lui e per chi era con lui, un vero supplizio. Come fu terribile la sua campagna elettorale politicamente scorretta alle europee del ’94. Questo suo libro è bello ma diseguale, pieno di guerra, carteggi e autobiografia. Le pagine migliori sono per me quelle dedicate a Longanesi e a Ezra Pound.
PARTE SECONDA
Pound dedica pagine diverse ma altrettanto belle anche Giano Accame. Quando Francesco Martucci mi ha donato la sua Morte dei fascisti, vi confesso che ho avuto un tuffo al cuore. Per anni Giano, che mi affiancò in tante avventure editoriali, me ne aveva parlato, ma il libro annunciato con l’editore Enzo Cipriano non era mai uscito. Mi ero convinto che fosse un testo implicito, un canto del cigno di quelli che ti accompagnano invisibili per l’ultima stagione della vita, di quelli che si scrivono dentro ma non si tirano mai fuori, perché rispecchiano la propria anima e la propria storia. Quando morì, lo stesso 15 aprile in cui morirono Giovanni Gentile e Giovanni Volpe, mi persuasi che se lo fosse portato nella tomba, quasi a epigrafe del suo cammino. E invece ora il parto postumo. È il libro di un fascista anomalo che dialogava con la sinistra, che sognava un ’68 nazional-rivoluzionario e una nuova repubblica, il socialismo tricolore e le alleanze trasversali. Lui che da fascista si era innamorato di Pacciardi l’antifascista e d’Israele, poi di Craxi e dei ragazzi di Cl, pur restando legato alla destra sociale. Storico dell’economia, amava Pound e le sue teorie sull’usura che gli permisero di conciliare l’economia alla poesia tramite l’epica del fascismo letterario. Aveva due anni più di Buscaroli ma gli bastarono per indossare solo per un giorno la divisa della Rsi. Era orgoglioso di aver partecipato in extremis alla nobiltà della sconfitta, quell’universo dei vinti e delle rovine di cui Buscaroli canta l’elogio. Ricordo Buscaroli come un vulcano in eruzione, emiliano sanguigno, anello di congiunzione tra d’Annunzio e Sgarbi. Giano, invece, da ligure, era parsimonioso anche di parole ed effusioni, scorreva come un fiume sotterraneo, sornione, timido e gentile. Un’aria svagata e un po’ assente, l’inquietudine intellettuale dissimulata nella flemma e un radicalismo foderato nella felpa del moderato. E poi la sua ribellione all’automobile: un giorno gettò la patente nel Tevere e da allora non guidò più. Buscaroli fece di peggio, fu investito dalla sua stessa auto senza freno a mano, e lo trasse in salvo proprio l’editore Volpe, vicino di casa, con cui aveva litigato.
Accame e Buscaroli scrissero entrambi sul Borghese, fuoruscirono presto dall’Msi, fondarono la rivista il Reazionario che era un pugno nell’occhio già nel titolo, anche se nessuno dei due può considerarsi propriamente un reazionario. Erano due neofascisti, ma intelligenti, colti e impolitici. Come altri neofascisti che rimasero tali a babbo morto: è il caso di Enzo Erra tra i giornalisti-scrittori. O di giornalisti purosangue come Giovannini, Gianna Preda, Pisanò, Bolzoni. Tra i giovani in politica, l’unico che avesse qualcosa del neofascismo colto era Marzio Tremaglia, che fu il miglior assessore regionale alla cultura, come mi disse una volta Veltroni da ministro dei Beni culturali (di Marzio si ricordano domenica prossima a Milano i dieci anni della sua morte precoce). Il neofascismo in politica fu una sterile utopia, nutrita di fedeltà e rancore; ma sublimato in arte e letteratura poteva tradursi nel sogno epico e nostalgico di un romanticismo fascista, come scrisse Paul Serant. Se la qualità e la verità contassero qualcosa, Accame e Buscaroli sarebbero oggi considerati tra i frutti migliori del giornalismo intellettuale espresso nell’Italia repubblicana. Ma si sedettero dalla parte del torto e le loro opere ne scontano ancora le conseguenze.
Destra Italiana sveglia, voltiamo definitivamente pagina e guardiamo al domani.
Coraggio, ci vuole coraggio.
DA DAGOSPIA:
E IL CAIMANO AVVISÒ FINI: SE LASCI IL PDL LASCI LA PRESIDENZA DELLA CAMERA -
#2- FINI SI SAREBBE RISERVATO DI COMUNICARE UNA DECISIONE ENTRO LA PROSSIMA SETTIMANA -
#3- GIAN-MENEFREGO INCONTRA I (6) FEDELISSIMI: BOCCHINO, BRIGUGLIO, URSO, MENIA. SUCCESSIVAMENTE SONO ARRIVATE LE FINI-GIRLS: PERINA E GIULIA BONGIORNO -
#4- I FINIANI: "BASTA APPIATTIRSI SULLA LEGA, NON PUÒ ESSERE BOSSI A DETTARE LA LINEA" -
#5- "CERTI CHE I NUMERI MINIMI, 20 DEPUTATI E 10 SENATORI, PER FARE GRUPPO CI SONO" -
#6- BONDI È SICURO: “TUTTI I PARLAMENTARI RESTERANNO FEDELI A BERLUSCONI” -
#7- DAGOREPORT: GIAN-MENEFREGO AVREBBE CHIESTO LA TESTOLINA DEL SUO EX COLONNELLO MAURIZIO GASPARRI: NON SI SENTE PIù RAPPRESENTATO DAL CAPOGRUPPO PDL AL SENATO E QUINDI HA AGGIUNTO CHE IL 30 PER CENTO DEL PARTITO STA DALLA SUA PARTE - IL BANANA PENSA GIà AL DOPO FINI: IL RECUPERO DI PIERFURBY CASINI
Fini batte cassa e vuole sghei sonanti. Si lamenta della forza trainante della Lega dimenticando che ne è proprio lui la causa. Confido nella saggezza dei parlametari del Pdl, nel loro serio e concreto giudizio sul futuro del centrodestra, ormai destinato alla deriva elettorale con questo Fini al timone. Forse una manovra aggirante e a sorpresa, come una successione nuova, un delfino rassicurante (non Tremonti), una chimera alternativa potrebbe ricompattare le fila che, altrimenti, si scioglieranno in primavera, come la neve al sole.
Caro Adriano quasi 900 voti con questi chiari di luna sono moltissimi, anzi troppi, se vogliamo considerare che nessuno sino ad ora ci ha mai dato nulla.
Hai voluto accettare di contribuire alla difficilissima campagna elettorale delle regionali senza avere un ruolo senza avere una carica istituzionale e senza avere nessun appoggio finanziario.
Altri non l'hanno fatto. Altri si sono rifiutati di lavorare per la causa comune.
Noi invece no e oggi veniamo attaccati e denigrati ingiustamente magari proprio da chi non ha fatto nulla per aiutare Fitto a vincere.
Questa cosa è inaccettabile.
Questa volta deve essere l'ultima.
Vai da Fitto e batti i pugli sul tavolo: o ci da quello ci spetta o mandiamolo a quel paese come ha fatto la Poli.
Se non ci apprezza....non ci merita.
Cosimo Manco
Fini si lamenta del legame troppo stretto tra Bossi e Berlusconi?
E chi è stata una della cause dell'avanzata della lega? Io per decenni ho sempre votato AN ed in particolare Fini. Questa volta invece ho con convinzione votato lega proprio per non votare nemmeno indirettamente Fini e non voterò mai più un partito in cui c'è Fini. E come me hanno fatto molte persone che conosco. Alla base c'è un ragionamento politico ma anche tanta arrabbiatura per avere votato per anni un buono a nulla, volatabandiera, incapace, politicamente insignificante che non ne ha mai azzeccata una politicamente (ricordiamoci l'Elefantino!)
Fernando65 da Milano
Neviano, sospetti sui risultati elettorali.
E' polemica a Neviano nel post elezioni.
A conquistare la poltrona di sindaco una donna, Silvano Cafaro ma c'è chi lamenta incongruenze nei risultati elettorali.
Il primo a fare ufficiale ricorso è il candidato sindaco Giorgio Cuppone che non conquista la poltrona per soli 45 voti. Così fa ricorso ufficiale mentre Adriano Napoli, candidato sindaco con la lista “Neviano per tutti” lamenta i risultati: “ Sulle modalità e sulle risultanze del voto amministrativo di Neviano anche noi della lista " Neviano per tutti" abbiamo riscontrato molte incongruenze che alla fine di una accurata analisi del voto risultano ancora inspiegabili.
Anche noi attendiamo l'esito delle verifiche annunciate dal gruppo consiliare di minoranza prima di riconoscere la legittimità dell'amministrazione Cafaro”.
Nessun ricorso ufficiale, attendono la verifica prima di trarre qualche conclusione. Fatto sta che Napoli per una ventina di voti non siederà in consiglio e pensare che era candidato pure alle regionali e ha ottenuto dei buoni risultati. Incongruenze davvero particolari perché alcuni candidati hanno preso un numero di voti davvero al di sotto di quelli previsti. Ci sarebbe da dire: 'neanche i parenti?', proprio così, neanche quelli, perché nei piccoli comuni non è poi così difficile capire chi non ti abbia votato. In alcune sezioni mancherebbero quelli che vengono definiti voti 'certi' e così il sospetto 'nasce spontaneo'. “Assolutamente non vogliamo trarre conclusioni affrettate, come già detto aspetteremo la verifica” - afferma Adriano Napoli e conclude - “la nostra è solo una deduzione rispetto ai fatti
tratto dal sito "IlPaesenuovo.it"
Leggendo i commenti sembra quasi che qualcuno di voi veda la scissione di Fini come suicida. Io non sarei cosi' confidente. Secondo me si uniranno i non pochi alleati ex-AN e anche qualcun'altro che non vede piu' di buon occhio questo partito-marmellata che e' il PdL.
E comunque, anche se i numeri per fare qualcosa di concreto non ci fossero, questo non autorizza gli scontenti a stare zitti e a tirare avanti. Secondo me non c'e' niente di scontato, e se ne vedranno delle belle.
memento audere semper
Il coraggio di Fini? Già sparito
Ci avevo sperato. Un po’ di coraggio, invece niente. La svolta di Fini è già deludente. Dopo la minaccia di creare gruppi autonomi, ora arrivano le prime precisazioni. Bocchino, infatti, si affretta a precisare che “non faremo mai mancare la fiducia al governo Berlusconi“.
Arriva anche un comunicato direttamente da Gianfranco Fini, che ci tiene a precisare che “Berlusconi deve governare fino al termine della legislatura“.
Dopo l'incontro di ieri tra il Cavaliere e Fini che ha minacciato la scissione, Berlusconi ha convocato per questo pomeriggio l'ufficio di presidenza del Pdl. Intanto Fini fa sapere che giovedì parteciperà alla direzione nazionale del partito: "Mi auguro che a partire dalla riunione, cui parteciperò, possa articolarsi una risposta positiva anche nel merito delle questioni sul tappeto, a cominciare dal rapporto tra il Pdl e la Lega"
Silvio Berlusconi ha convocato oggi l’ufficio di presidenza del Pdl alle 17 per "comunicazioni urgenti". È quanto si apprende in ambienti del partito. Intanto Gianfranco Fini in una nota afferma: "La convocazione per giovedì 22 della Direzione nazionale del Pdl allargata ai gruppi parlamentari è, sul piano del metodo, una prima risposta positiva ai problemi politici che ho posto ieri al Presidente Berlusconi". "Mi auguro - prosegue Fini - che a partire dalla riunione, cui parteciperò, possa articolarsi una risposta positiva anche nel merito delle questioni sul tappeto, a cominciare dal rapporto tra il Pdl e la Lega".
FINI LASCIA BOSSI IN CANOTTIERA E BERLUSCONI ALLE BERMUDA-
IL MATRIMONIO D’INTERESSE DELLA COPPIA DI FATTO UMBERTO-SILVIO CHE STA AFFOSSANDO IL PAESE, TRA EGOISMI E INTERESSI PRIVATI….
Il commento più simpatico ma pertinente alla frattura probabilmente definitiva tra Berlusconi e Fini, è stato quello di Luca Barbareschi: “La verità è che le teste pensanti del partito si sono rotte i coglioni”.
D’altronde sono due anni che Berlusconi sta tradendo il programma del partito e spostando l’asse del governo sempre più in mano del pregiudicato Bossi. Tutto per evitare due processi personali davanti alla corte di MIlano.
E i risultati sono visibili: il Pdl pesa dentro la maggioranza in misura inversamente proporzionale ai voti che ha, l’esatto contrario della Lega.
Manca una politica economica e sociale che aiuti le famiglie in difficoltà: i famosi 9 miliardi sbandierati per gli ammortizzatori sociali sono solo fondi Ue destinati al mezzogiorno e rubati dal governo per pagare la cassa integrazione agli operai delle fabbriche del nord.
Dire che la coalizione al nord è a trazione leghista è ormai un eufemismo: il Pdl ha regalato Veneto e Piemonte alla Lega senza una ragione, essendo la Lega il secondo partito in Veneto e il terzo in Piemonte.
L’organizzazione interna del Pdl è stata trascurata, non esistono strutture radicate sul territorio, tutto è in mano a boss locali che pensano solo a occupare poltrone: una corte di miracolati della politica, di varie e dubbie origini, che vivono solo grazie al traino del premier.
Senza Fini, Berlusconi non sarebbe mai diventato presidente del Consiglio, Forza Italia sarebbe rimasta a navigare intorno al 26% e non sarebbe neanche il primo partito italiano.
La Lega era finita anni fa al 4% ed è risalita al 12% solo grazie alle concessioni del premier.
Non a a caso ieri Fini ha ricordato a Berlusconi: “Il tuo partito è il Pdl, non la Lega, il Pdl deve essere il partito della coesione nazionale: non sono disposto a seguirti nei tuoi progetti folli, il nostro Paese non conoscerà mai la tua monarchia”.
Da qui la decisione di Fini, in mancanza di un cambio di rotta, di costituire gruppi autonomi in Parlamento chiamati “Pdl-Italia”che appoggieranno il governo caso per caso: avranno il via libero le proposte contenute nel programma di governo, saranno bocciate quelle non previste.
A questo punto Bossi rischia di ritornare in canottiera sulle rive del Po e Berlusconi in Bermuda(s), intese come isole dove espatriare .
Perchè ci sono piccoli, ma importanti dettagli che la stampa vicina al premier non dice.
In primo luogo non ci possono essere elezioni anticipate: Fini non vota contro il governo, ma solo contro singoli provvedimenti, qualora non previsti dal programma del Pdl.
Se poi Berlusconi vuole dimettersi (se ne guarda bene, causa processi), lo faccia.
Napolitano non indirà certo elezioni anticipate e qualcuno se lo prenderà in saccoccia.
Secondo aspetto: Fini ha i numeri per fare due gruppi autonomi al Senato e alla Camera (10 e 20, i parlamentari richesti).
Fini non solo li ha in numero superiore (15 e 45), non solo può bloccare in qualsiasi momento qualsiasi legge, ma è destinato a raccogliere sempre più scontenti, anche di orgine forzaitaliota.
E pensate che se cambia l’aria, l’altrà metà di aennini che per ora restano con Berlusconi per interesse non cambino di nuovo opinione?
Conosciamo troppo bene l’ambiente…
Fini ha un vantaggio enorme su Berlusconi: sa parlare di politica e di problemi concreti, non ha scheletri nell’armadio e ha idee su cui aggregare.
Fini ha solo fatto scoprire le carte a Berlsuconi: se il premier vuole diventare segretario della Lega, faccia regolare richiesta a Pontida.
Esiste anche un’Italia civile e una destra sociale che si è rotta i coglioni di leggi ad personam, puttane a palazzo e spot in Tv.
Sotto il doppiopetto, il nulla.
E di “destra vera” meno del nulla.
w destra di base
Rolando R.
Dopo l'incontro di ieri con Fini che minaccia la scissione, Berlusconi ha convocato i vertici del Pdl alle 16 di oggi. Intanto l'ex leader di An fa sapere che giovedì sarà alla direzione nazionale: "Spero in risposte positive a cominciare dal rapporto tra il Pdl e la Lega". Granata: "Con noi 50 deputati". E Bossi: "Temo che la cosa non si rimetterà a posto. Soluzione? Le elezioni"
Io sto con Fini
A quelli che accusano Fini e si riempiono la bocca con il programma consiglio di andare a vedere i punti del programma.
Dal punto 1: ...progressiva abolizione dell'Irap, liberalizzazioni, sostegno al 'made in Italy', riorganizzazione e digitalizzazione della pubblica amministrazione.
Dal punto 2: Il punto di forza è "meno tasse": eliminazione dell'Ici sulla prima casa, introduzione progressiva del quoziente famigliare, abolizione delle tasse di successione e sulle donazioni reintrodotte da Prodi, progressiva diminuzione della pressione fiscale sotto il 40% del pil, lotta all'evasione, progressiva tassazione separata dei redditi da locazione...
E non continuo per pudore...
Fini ha ragione, Berlusconi sta esagerando.
Giuseppe Frigino
Comunque a me sembra che i problemi che ha posto
Fini non sono questioni di potere. Chiedere una politica economica
per la Nazione, un’azione forte per il Sud, un partito più forte e
strutturato che non sia al traino della Lega, credo che sono questioni fondamentali per il futuro del Pdl e dell’Italia.
O no?
Lunedì nasce il PDL-Italia?
Roma, 15 apr. (Apcom) – “Tu ci stai?”. Il presidente della Camera Gianfranco Fini, i suoi deputati più fedeli e il suo staff stanno contattando in queste ultime ore diversi deputati che potrebbero aderire al progetto di gruppi autonomi, dopo il nuovo strappo con Silvio Berlusconi. Un’ipotesi è che il gruppo potrebbe chiamarsi Pdl-Italia, riferiscono alcune fonti vicine all’ex leader di An. Secondo le stesse fonti i deputati che ci starebbero sono circa 50, 18quelli al Senato
vedremo.
Berlusconi a Fini: con gruppi scissione
'Incompatibile con ruolo presidente Camera'.
'Governo va avanti'
ANSA) - ROMA, 16 APR - Se Fini insiste nell'ipotesi di gruppi autonomi in Parlamento nel Pdl e' scissione. Lo ha ribadito Berlusconi ripetendo l'invito a desistere.
Un invito rivolto da tutto il Pdl, ha detto Berlusconi secondo cui il governo andra' avanti chiudendo la legislatura anche se il progetto di Fini andra' in porto. Incompatibile con i gruppi sarebbe invece il ruolo di presidente della Camera. Il premier, aspettandosi da Fini una risposta positiva, si e' detto fiducioso sul superamento delle incomprensioni.
Fini sei un mito! Se Berlusconi vuole salvarsi dai processi non può certo soffocare il PDL a favore della lega.
LUI NON E' IL PDL.
Il partito lo fanno gli iscritti, le scelte vanno condivise.
I FINTI DESTRI: UNA VITA DA SERVI SENZA CULTURA, ORA IN SOCCORSO AL NUOVO PADRONE
GLI IMMIGRATI LAVORANO SODO DI GIORNO, MA EVITANO DI FARSI VEDERE PER STRADA DALLE 20 DI SERA ALLE 6 DEL MATTINO, PER LORO E’ L’APOTEOSI DELLA DESTRA… SI SONO SEMPRE ACCONTENTATI DELLE BRICIOLE DI PANE ELARGITE DAL PADRONE DI TURNO E AMANO GLI SPOT, I SALOTTI E GLI ABITI FIRMATI
La prospettiva della rottura più che giustificata da parte di Fini nei confronti del mono-incolore leghista, con appoggio interno di Berlusconi, che fa finta da due anni di governare il nostro Paese, li ha prima preoccupati e poi scatenati. Il presidente della Camera è divenuto per loro il “traditore” della destra, colui che mette in discussione il “padrone buono”, quello per cui ci si accomoda in fila, confidando che prima o poi elagisca una escort usata, per poter magari diventare a loro volta degli utilizzatori finali.
I “duri e puri” almirantian-finiani accusano Fini di tradimento ora, ma si erano dimenticati di farlo a suo tempo.
Prima avrebbero dovuto rinunciare alla poltrona, ora invece scelgono sempicemente il padrone che dà più apparenti garanzie di conservarla.
Adesso sono tutti a scrivere contro Fini sui forum, questi buoni borghesi del “tengo famiglia”, ma fin quando Fini gli ha garantito una piccola carica erano tutti a tenergli lo strascico.
Chissa come mai non hanno mai votato contro qualche sua decisione negli organi competenti…
Tutti grandi filosofi di destra senza aver mai letto un libro, tutti per la destra nazionale, salvo tacere da anni sulla deriva leghista anti-unitaria del Pdl, tutti a far finta che la sicurezza sia quella farsesca di Maroni.
Ecco perchè chi, come noi, non è stato mai con Fini, anzi è sempre stato dall’altra parte, chi ha ritenuto un errore di Fini entrare nel Pdl, oggi per la prima volta gli riconosce un merito: aver fatto ricordare che esiste ancora una destra seria nel nostro Paese, una destra vera.
Non ha rilevanza come andrà a finire: le battaglie si fanno perchè ce lo impone la nostra coscienza, non per aver vantaggi in caso di vittoria.
Lasciamo chi vive del lancio di briciole di pane attendere sotto il balcone del padrone “generoso”: per loro la destra è conservazione non di valori e di dignità, ma solo di privilegi.
Vivono nell’egoismo e in funzione dell’apparire.
A destra si vive per l’essere, per il nostro popolo unito, per un ideale di società più giusta, per aiutare i più deboli, non per azzannarli.
Ci fanno pena perchè non lasceranno alcun segno della loro vita da squallidi servitori.
w destra di base
Rolando R.
Berlusconi è il problema del Pdl, altro che Fini...
Si faccia processare come tutti i comuni mortali invece di inventare leggi ad personam per sfuggire alle aule dei tribunali.
Con i nosri voti governa e ci ha ridoto alla piu'ingiusta marginalizzazione.
Ma e' mai possibile che per le persone piu'capaci e piu'oneste in questo Paese non ci sia mai spazio?
La carriera politica nel Pdl può essere riservata solo ai leccapiedi, veline, escort e compagnia bella cantante?
Ditemelo voi.
BRUTTA FIGURA DEL GOVERNO SUL CASO DEI TRE ITALIANI DI EMERGENCY: UNO STATO SERIO LI AVREBBE LIBERATI IN 3 MINUTI
E’ STATO RIPROVEVOLE INTERVENIRE IN RITARDO SOLO PERCHE’ GINO STRADA E’ DI SINISTRA: SONO MEDICI CHE FANNO ONORE ALL’ITALIA E BASTA…. DAVANO FASTIDIO AL GOVERNO AFGHANO E HANNO COSTRUITO UNA MONTATURA PER ALLONTANARLI… SE FOSSE SUCCESSO AGLI AMERICANI DOPO POCHI MINUTI I MARINES AVREBBERO CIRCONDATO IL CARCERE
Che ci stiamo a fare ancora in Afghanistan con un nostro contingente, non era già troppo chiaro prima, ma dopo l’arbitrario arresto dei tre medici italiani di Emergency, da parte dei servizi segreti di Karzai, lo è sicuramente ancora di meno.
Sembrava avessero arrestato tre pericolosi terroristi, ritrovato armi in quantità all’interno del magazzino dell’ospedale, avevano sostenuto che i tre avrebbero incassato 500.000 dollari per attentare al locale governatore. Addirittura che i tre italiani avessero confessato.
Una sequela di balle che, giorno dopo giorno, si sta smontando. Semplicemente la struttura di Emergency che giustamente cura tutti, governativi e talebani senza distinzione, come si addice a dei medici, dava fastidio al governo di Kabul e hanno sistemato un po’ di armi apposta, per poi accusarli e farli sloggiare.
Vecchia tattica da regimi totalitari (e non), nulla di nuovo sotto il sole.
A dimostrazione di quanto sopra sostenuto, arrivano testimonianze dell’insolito procedere nel ritrovamento dell’esplosivo: prima un allarme bomba, così si sono fatti evacuare tutti i dipendenti per i controlli.
Poi miracolosamente, ecco spuntare due casse di medicinali aperte sul pavimento con gli ordigni in bella vista, come al mercato rionale insomma.
Lo capirebbe anche un bambino chi li la messi.
Come se non bastasse, ecco un’altra gaffe: il medico Marco Garatti viene accusato anche di essere l’ideatore e il protagonista del sequestro di Daniele Mastrogiacomo.
Peccato che a quel tempo il Garatti fosse in tutt’altro posto, ovvero in Sierra Leone.
Mentre hanno fatto quadrato attorno a Emergency tutte le altre Ong, la Croce Rossa, l’Unione Europea e l’Onu, l’ultimo a svegliarsi è stato il governo italiano, vittima della sindrome comunista.
Dato che Strada è di sinistra, qualcuno ha pensato, meglio prendere tempo e stare alla finestra.
Bel modo di concepire il sentimento nazionale: prima conta la tessera e poi la vita umana.
Certamente se fossero stati tre medici del San Raffaele di Milano, qualcuno si sarebbe precipitato a liberarli subito con un saccone di dollaroni.
Emergency è una struttura sanitaria che fa onore al nostro Paese e Strada può pensarla come gli pare.
E avrei gradito che il nostro governo avesse proceduto come avrebbero fatto, in caso analogo, gli americani: dopo tre minuti , 100 marines avrebbero circondato il carcere e liberato, con le buone o le cattive, i loro connazionali. Altro che farsi prendere per i fondelli da un governo fantoccio che nasconde persino i tre arrestati, negando loro i diritti fondamentali di difesa per giorni.
E noi dovremmo continuare a proteggere questa manica di disperati?
E dovremmo ora stanziare 1,5 miliardi per le nostre missioni all’estero?
Prima imparino a rispettare gli italiani che lavorano nel loro Paese, sacrificando la loro vita per la democrazia e prestando la loro opera per curare i feriti .
Poi se ne parla.
Karzai si è pure permesso di non ricevere subito l’inviato diplomatico di Frattini, dopo esser stato lui invece ricevuto in passato in Italia con tutti gli onori. Fosse stato per noi lo avremmo fatto uscire a calci nel culo dal palazzo del governo di Kabul per ricevere l’ambasciatore Jannuzzi.
Altro che la prudente e contradditoria attesa del governo italiano: i nostri connazzionali rischiano la vita e poi vengono abbandonati a se stessi?
E questo sarebbe un governo di destra?
Come direbbe Totò: ma ci faccia il piacere....
w destra di base
Rolando R.
Col passare delle ore si chiariscono i contorni, e la reale portata, della scissione minacciata da Gianfranco Fini e da un gruppo di senatori e deputati del Pdl. Berlusconi non sembra preoccupato, anzi, chi lo ha sentito e visto in queste ore riferisce di un premier sereno e deciso a non cedere a nessun ricatto. Tutto quello che c’era da dire e chiarire è stato detto e semmai anche ieri i pontieri hanno lavorato per trovare una via di uscita onorevole per il presidente della Camera e i suoi fedelissimi. La consistenza dei quali si assottiglia di giorno in giorno. La colazione dei senatori che ieri dovevano giurare eterna fedeltà all’ex capo di An si è conclusa con una retromarcia di 180 gradi. Nel documento finale ci sono molte parole di circostanza e di solidarietà a Fini, ma è stato messo nero su bianco che si esclude la possibilità di uscire dal Pdl per formare un nuovo gruppo. Come dire, fino a che si tratta di alzare la voce in tv e nei corridoi di Palazzo Madama va bene. Ma se c’è da mettere la firma sulla propria condanna a morte politica (per alcuni anche economica) allora è meglio non scherzare.
Da ieri quindi Fini è ancora un po’ più solo.
Cosa sarebbe il Pdl senza Gianfranco Fini? Un popolo senza uno dei suoi leader-fondatori.
Cosa sarebbe Gianfranco Fini fuori dal Pdl? Un leader senza popolo.
Partiamo da qui.
Mettiamo che le motivazioni vere del divorzio siano quelle ideologiche per le quali Fini si è distanziato via via da Berlusconi, e lasciamo da parte - anche se potrebbero non essere marginali - gli aspetti più psicologici della vicenda. Prendiamo il caso dell’immigrazione, comprendente le modalità e i tempi nei quali riconoscere il voto agli immigrati e in generale la dose di rigore da utilizzare verso l’immigrazione stessa.
Su questo il popolo di centrodestra, quello che vota per il Pdl e la Lega, non è d’accordo con Fini ed è lo stesso Fini che ha cambiato idea, non il popolo che lo votava e che vota per la coalizione guidata da Berlusconi. Questo è il nocciolo dei noccioli. La conta dei parlamentari non conta nulla, da questo punto di vista. Perché quelli non producono consenso. Chi lo produce e lo ha prodotto è Fini che con quel popolo aveva stabilito un rapporto di leadership. Quale è il nuovo popolo a cui aspira rivolgersi? A quale popolo pensano, se ci pensano, i vari consiglieri e intellettuali che lo circondano al momento numerosi? Diciamo al momento perché una cosa è avere come interlocutore il presidente della Camera osannato da stampa e politica in funzione antiberlusconiana, altro è avere come interlocutore un Gianfranco Fini alla testa di una formazione minoritaria o co-intestatario di una formazione politica un po’ più grande ma con altre figure incerte sia per la propria collocazione sia per il proprio futuro.
E cosa sarebbe il Pdl senza Fini?
Praticamente niente di diverso. Ma perché? Forse perché Fini non ha significato niente per il Pdl? Per la sua costituzione? Per la sua cultura politica? Per il suo popolo? Tutt’altro. La questione è un’altra: le fondazioni vanno avanti anche senza i fondatori. I francescani sono andati avanti senza San Francesco e i domenicani senza San Domenico. Tutto il patrimonio che Fini ha traghettato nel Pdl ora è patrimonio del Pdl, non più di Fini come soggetto autonomo. Certo, se andasse da solo un po’ di affezionati lo seguirebbero, ma per fare cosa? Per andare dove? Il Pdl ha superato, in piazza ma soprattutto nelle urne, la prova del nove, i popoli che prima erano di An e di Forza Italia e di altri ora sono il popolo del Pdl.
Anche perché Fini è stato fondatore ma mai il principale leader del Pdl né del centrodestra. Il Pdl ha un popolo e un programma politico attorno al quale si è stretto quel popolo guidato da Berlusconi. Da qui deve partire obbligatoriamente qualsiasi ragionamento che voglia avere qualche correlato pratico, storico e politico. Sennò si fanno i conti senza l’oste cioè si fa ciò che rappresenta il maggior limite della sinistra italiana che con il popolo ha perso da tempo il rapporto.
Sarebbe un bene se Fini se andasse? No, se si potesse ripartire nella costruzione di questo soggetto politico unico in modo forte. Cosa succederebbe, ad esempio, - lo diciamo per assurdo - con Fini stabilmente insediato al partito al posto della triade e non più presidente della Camera? Sì, se deve continuare questo stillicidio non rispettoso, anzitutto, del popolo stesso.
Difficile dire cosa succederà. E in che tempi. Comunque vada il Pdl dovrà pensare anche a se stesso, con o senza Fini perché tutto questo periodo lo ha lacerato, più nella base che al centro con effetti negativi su tutto. Peccato che spesso il Pdl non sia all’altezza della sua P iniziale, quella del popolo che lo vota.
( da: il giornale)
Adriano, grazie a Fini il nucleo della destra italiana è stato messo al sicuro dalle grinfie di Silvio e dei berluscones :
la classe dirigente aennina è stata candidata (e eletta) alle elezioni nazionali regionali e locali
il giornale di partito è stato affidato a Flavia Perina
il patrimonio economico e culturale aennino è stato messo al sicuro nella fondazione di Donato Lamorte
e ora c’è Generazione Italia di Italo Bocchino, la base da cui far ripartire la destra italiana.
Il futuro mi sembra buono.
Domenica bestiale per Berlusconi: i diavoletti del Milan arrostiti dalla Samp di Cassano e la decisione di non scendere a patti con i finiani. A meno di ricevere le scuse dei ribelli si prepara un confronto/scontro durissimo giovedì prossimo nel caso in cui i finiani non alzino bandiera bianca.
Forza alleanza nazionale!
GIANFRANCO FINI ITALO BOCCHINO - Copyright Pizzi
Solo così vanno lette le dichiarazioni di due finiani doc come Carmelo Briguglio, vice presidente dei deputati Pdl, e la vispa senatrice Maria Ida Germontani che gettano acqua sul fuoco dichiarando che nessuno ha mai parlato di scissione.
Se il presidente della Camera non torna sui suoi passi, Berlusconi taglierà la testa del ministro Andrea Ronchi, del vice ministro alle Attività Produttive Adolfo Urso e del sottosegretario all'Ambiente Roberto Menia.
Berlusconi Occhiolino - e Fini (Ansa)
Ai loro posti resterannno rimarranno invece La Russa e Matteoli (ormai berluscones a tutti i difetti) e Giorgia Meloni, molto vicina alle posizioni di Alemanno.
DUE DESTRE: IL SILENZIO INVOCATO DA BERLUSCONI, IL CORAGGIO E IL PROFUMO DELLA LIBERTA’ DI BORSELLINO
Pochi giorni fa, al termine di un Consiglio dei ministri, in sala stampa, il premier aveva espresso per la seconda volta il medesimo concetto: “La mafia in Italia? Sono i libri, i film e le fiction a farle promozione. La mafia italiana è la sesta al mondo, ma è la più conosciuta grazie al supporto promozionale che ha ricevuto dalle otto serie tv della Piovra e anche dalla letteratura, come nel caso di Gomorra”.
Parole meditate che già si scontrerebbero con il fatto che la sua famiglia produce e edita quei film e quei libri.
Ma parole troppo simili a quelle espresse da Michele Greco, boss di Cosa Nostra, morto in carcere, (”è tutta colpa del film ‘il Padrino’ se in Sicilia vengono istruiti i processi per mafia”), per non destare allarme.
E ancora il boss Nicola Schiavone quando afferma che “la camorra esiste solo nella testa di chi scrive”.
Eppure è risaputo che la mafia ha un volume d’affari di 100 miliardi l’anno, superando di gran lunga le più solide aziende italiane.
A parte che riteniamo che siano altre le vicende che fanno precipitare la considerazione del nostro Paese e delle nostre istituzioni nel mondo, non ultime le dubbie frequentazioni e gli interessi privati di certi esponenti politici, fa specie che certe frasi arrivino proprio in un momento in cui le mafie si stanno infiltrando nei sistemi economici e finanziari occidentali sempre più a fondo e in cui il livello di guardia debba semmai essere alzato.
L’Italia è il Paese che, grazie a tanti magistrati e giuristi, ha messo a punto la migliore legislazione antimafia del mondo, da cui attingono i nuclei antimafia di tutti i Paesi.
C’è una destra che ama nascondere i problemi, come la polvere sotto il tappeto. Ma c’è un’altra destra a cui la maggioranza degli italiani fa riferimento, una destra che non si nasconde dietro ambigue parole.
Una destra che ama la legalità e fa scelte di campo chiare e precise.
E proprio in questi giorni, in cui a destra si discute del possibile divorzio tra Berlusconi e Fini, sulle differenze che possono esistere tra le tante anime del Pdl, sul metodo e sui contenuti, sul tema mafia emerge chiara la connotazione di una destra diversa, rispetto a quella che governa il Paese.
Una destra rappresentata dalle parole di Paolo Borsellino, pronunciate in ricordo di Giovanni Falcone, poco prima di essere a sua volta ucciso: “La lotta alla mafia non deve essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolga tutti, soprattutto le giovani generazioni e le spinga a sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, della indifferenza, della contiguità e quindi della complicità. Ricordo la felicità di Falcone, quando mi disse che ‘la gente faceva il tifo per noi’. Il nostro lavoro stava muovendo le coscienze” .
E il suo appello drammatico: “Parlate della mafia, parlatene alla radio, alla televisione, sui giornali, ma parlatene”.
Ecco l’esempio di un vero uomo di destra, coerente fino al sacrificio finale, cosciente del suo destino.
Quando lo informano che è arrivato l’esplosivo per lui, non chiede “salvezza ad personam” o “legittimi impedimenti a comparire”: a chi lo consiglia in tal senso, risponde che “lo Stato non scappa”.
Ecco perchè chi si ritiene di destra ha i suoi riferimenti ideali e culturali e non può sopportare certe dichiarazioni.
Ecco la prospettiva da perseguire: ricostruire una destra che esprima legalità, valori, senso dellle isitituzioni.
Noi preferiamo la destra di Paolo che è andato incontro alla morte a testa alta, a quella di chi va invece incontro alle escort raccontando barzellette.
w destra di base
Rolando R.
Io sto con Fini.
Esiste un modo di essere di destra che non passa attraverso la sottomissione al cesarismo di Silvio Berlusconi né alla sottoposizione degli interessi italiani a quelli del nord italia padano...
Berlusconi e Fini sono ad un passo da un chiarimento definitivo ed io sono contento che ciò avvenga.
Le divisioni interne alla destra è giusto che vengano fuori.
Forse anche io ultimamente sto subendo la stessa evoluzione che pare vivere Gianfranco Fini, sia in tema di diritti civili italiani che stranieri
E sono anche stufo di inseguire l’ombelico di Berlusconi e le sue paranoie giudiziarie, la sua battaglia ottusa contro tutte le istituzioni non mi appassiona: io voglio vederE da subito almeno un embrione di riforma liberale, perchè questo è il motivo per cui l’avevo sostenuto agli inizi nel 1993 ed è questo di cui l’Italia ha bisogno.
Io ultimamente non ho votato; oggi mi sento invece coinvolto da questa chance di ripresa di una destra moderna che Fini, giocandosi tutto, mi offre e ci offre.
Mi sento vicino a Fini anche nel giudicare spropositato e pericoloso un certo culto della personalità stile satrapo sovietico che ha colto negli ultimi anni Silvio Berlusconi, quello che viene definito Cesarismo.
E poi dove è la rivoluzione sul merito, la meritocrazia? A giudicare dalle vallette i nani e le ballerine di cui si è ben farcito il pdl, qui il merito non viene riconosciuto affatto, anzi non si vede proprio!
Per questo pur provenendo dall’area liberale classica e non da quella post fascista, credo che sia molto utile il redde rationem di questi giorni e spero che si faccia strada l’idea di un coinvolgimento degli interessi italiani in questo governo e non solo la cura dei padani.
Riforme liberali essenziali, interesse nazionale sempre da salvaguardare rispetto delle istituzioni democratiche per sconfiggere un certo cesarismo in cui indulge Berlsuconi.
Sembra che il nostro premier voglia vivacchiare in un’Italia gestita dalla mafia in tre, quattro regioni e dal clientelismo antimeritocratico nelle altre.
E lui in mezzo a far spettacolo con dichiarazioni e leggi non utili erga omnes.
Voglio esser chiaro: non credo che Berlusconi sia un dittatore per lo stesso suo profilo umano ma ciò non toglie che vadano subito formati dei gruppi parlamentari dentro il pdl.
Si stimoli il parlamento e il governo.
Riforme e subito. La pressione fiscale ha raggiunto livelli inimmaginabili, occorre passare alla riforma fiscale, ora e subito prima che scompaiano centinaia di migliaia di piccoli imprenditori soffocati dalle banche.
Ora o mai più
Circondata dal funereo silenzio della stampa, la Giunta per le Autorizzazioni di Montecitorio si è riunita nella mattinata di mercoledì per terminare la discussione sulla richiesta di utilizzo delle intercettazioni avanzata dalla Procura di Napoli in relazione al processo che vede imputato l’onorevole Nicola Cosentino.
Nicola Cosentino è imputato per concorso esterno in associazione mafiosa, così come lo è ancora oggi il suo ex collega a Palazzo Madama Nicola Di Girolamo. Per il primo il grosso dell’accusa si regge sulle decine di intercettazioni telefoniche che ne dimostrerebbero, secondo gli inquirenti, la contiguità con i clan camorristici Bidognetti prima e Schiavone poi; per il secondo cambia solo la collocazione: la Campania diventa Calabria e i clan casertani vengono scalzati dalle ’ndrine di Isola Capo Rizzuto.
Per entrambi le procure di competenza hanno emesso richieste d’arresto e per entrambi sono spuntate mozioni parlamentari richiedenti dimissioni forzate. L’ex senatore, vicino ad AN e a Gianfranco Fini a detta dell’indagato stesso, è ora agli arresti e in attesa di processo. Il deputato in carica, dal passato socialdemocratico e profondamente legato a Silvio Berlusconi, è in piena libertà, grazie alla strenua difesa parlamentare operata in aula dall’intero gruppo parlamentare.
E se per Nicola Di Girolamo lo spirito giustizialista pre-elettorale del centrodestra ne ha imposto lo "scaricamento", lo stesso discorso non vale per il suo omonimo campano, chiamato in causa da numerosi collaboratori di giustizia come braccio politico e amministrativo dei clan casertani.
Attorno alle ore 10 di mercoledì 14 aprile, la Giunta per le Autorizzazioni, dopo uno stringato dibattito sulle opportunità, ha rigettato la richiesta della Procura di Napoli di utilizzo delle intercettazioni nel processo a carico dell’onorevole sottosegretario, raccogliendo i voti favorevoli al diniego di PDL, Lega Nord e Radicali-PD (per mano di Maurizio Turco) e i soli voti contrari di PD e IDV.
All’aula di Montecitorio spetterà l’ultima parola. E la scelta chiave se confermare la proposta della maggioranza parlamentare o rigettarla, inaspettatamente.
24 ore dopo il diniego all’uso delle intercettazioni (una mossa decisiva per gli esiti processuali, tale da mettere in dubbio la fattibilità dell’intero processo) prendeva vita il più duro scontro tra Berlusconi e Fini degli ultimi 24 mesi. Coincidenze?
La prima riunione della Consulta per l’unità dell’area è stata un indubbio, in parte anche inaspettato, completo successo. Con i promotori dell’iniziativa – che, va ricordato, rappresentano una cospicua fetta del partito La Destra, da cui uscirono in massa per favorire l’unione delle forze identitarie –, hanno ritenuto importante esserci sia le due principali sigle, Fiamma Tricolore e Forza Nuova, sia una molteplicità di movimenti e associazioni più piccole che, però, costituiscono complessivamente un’energia militante tutt’altro che trascurabile. Per altro, ciascun movimento ha partecipato coi suoi massimi dirigenti, a partire dai fiammisti Luca Romagnoli e Piero Puschiavo, al forzanovista Roberto Fiore, al leader del Movimento Nazional Popolare, Nicola Cospito. Ovviamente, non è stata la semplice presenza – che pure ha definitivamente legittimato la funzione che Area Destra ha assunto per la rifondazione di una grande forza politica capace di riconquistare la fiducia degli elettori – a determinare il successo della giornata, ma la comune dichiarazione di tutti i presenti di voler proseguire lungo questo percorso a tappe che, nella sua seconda fase, dovrà vedere i partecipanti passare, dalle dichiarazioni d’intenti, alla messa a punto di una progetto comune preciso per la costruzione dell’eventuale partito unico della Destra italiana. Dunque, la Consulta è nata sotto i migliori auspici e, in attesa della seconda convocazione, vedrà il partito impegnato in una serie, si spera la più numerosa e articolata possibile, dal punto di vista territoriale, di discussioni programmatiche sulla base del testo messo punto da Area Destra e pubblicato sotto forma di libro. Fiore, in particolare, ha messo a disposizione tutte le sedi di Forza nuova per portare avanti il dibattito.
Posta un commento