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“Questo logo con i suoi colori rappresenta l’essenza della Puglia. Questa lista vuole riaffermare l’identità della Puglia, dei cittadini pugliesi, di coloro che coltivano la speranza che questa regione possa cambiare e vogliono aiutarci a farla cambiare”. Lo ha detto il candidato del centrodestra alla Presidenza della Regione Puglia, Rocco Palese, scoprendo il simbolo della Lista civica “del Presidente” che sarà parte integrante della coalizione di centrodestra alle prossime regionali. “Questo nome - ha detto Palese - ha un significato ben preciso. Significa che per noi i Pugliesi, le persone pugliesi, sono al centro di un progetto di governo e di sviluppo. Crediamo veramente, e lo dimostreremo, che i Pugliesi debbano essere accanto e intorno al Presidente della Regione, sia n nella fase della costruzione di questo progetto politico, sia dopo, quando speriamo di tornare a governare la Puglia insieme ai Pugliesi. E’ una lista che non fa concorrenza al Pdl e alle altre liste, ma porta un valore aggiunto alla coalizione di centrodestra. Un contributo importante a questa lista lo ha dato il Presidente della Provincia di Bari, Francesco Schittulli con il suo Movimento, ma ringrazio anche tutti gli altri che hanno scelto di mettere la loro antica e nuova esperienza politica al servizio della mia candidatura e del nostro progetto per la Puglia. I Pugliesi che noi vogliamo chiamare a raccolta con questa lista - ha aggiunto Palese - sono cittadini non rassegnati ad una Puglia che diventi lo stereotipo negativo del Mezzogiorno, come e peggio della Campania di Bassolino. Sono i pugliesi che ogni giorno vanno a lavorare duramente e non credono alle chiacchiere perché non fanno chiacchiere ma producono lavoro e sviluppo”. Sull’importanza dei giovani si è soffermato Alessandro Monaco, responsabile del comitato di Corso Vittorio Emanuele gestito dai ragazzi dello staff di Luca Rutigliano: “Dai pugliesi, dalla loro speranza e soprattutto dai giovani occorre ripartire. Per questo abbiamo scelto di presentare questo simbolo e questa lista in questo comitato che è una fucina di giovani che hanno scelto di lavorare per me e per il nostro progetto di futuro della Puglia”.
270 commenti:
«Meno recenti ‹Vecchi 201 – 270 di 270Roma - "Non sono uno Speaker. Cerco di svolgere al meglio il mio ruolo istituzionale, poi intervengo nel dibattito politico secondo i miei convincimenti e in assoluta libertà. Faccio ciò che ritengo giusto, quel che accadrà lo vedremo fra un pò". Così il presidente della Camera Gianfranco Fini risponde ad una domanda sul suo futuro, nell’aula magna della Residenza universitaria internazionale dove incontra gli studenti. Fini ricorda che il ruolo del presidente della Camera in Italia non è assimilabile a quello dello Speaker inglese. "In Italia - sottolinea - è così da sempre: ogni presidente è intervenuto nel dibattito politico". Poi il presidente della Camera aggiunge: "cerco di fare al meglio ciò che mi hanno chiamato a fare e le critiche che mi giungono da destra e da sinistra stanno forse a significare che sto svolgendo in modo dignitoso il mio ruolo di arbitro". Quanto al futuro Fini conclude: "credo non si debba agire nel rispetto del proprio desiderio o obiettivo. Vedremo... Intanto ho avuto già più di quello che pensassi. Sono stato ministro degli Esteri, vice premier, costituente europeo, presidente della Camera. Per il resto vedremo".
"Test per immigrati? Lo farei ai deputati" Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, esprime dubbi sulle proposte dei ministri Maurizio Sacconi e Roberto Maroni del permesso di soggiorno a punti per gli immigrati. Incontrando gli studenti della Residenza universitaria internazionale (Rui), la terza carica dello Stato ha detto: "Ho letto che qualcuno ha detto ’facciamo il permesso di soggiorno a punti, se conoscono la Costituzione gli diamo 30 puntì. A me piacerebbe farlo alla Camera". Ricordano il servizio delle Iene che hanno intervistato deputati e senatori per testarne la conoscenza della Costituzione, Fini ha aggiunto: "Le Iene sono impietose ma una buona parte dei parlamentari non conosce i primi cinque articoli della Costituzione".
"Mi danno del comunista" "Le famiglie politiche del centrodestra in Europa sono molto più attente a certe novità. Ho guardato i punti toccati da Angela Merkel davanti al Cdu, se dicessi al Pdl discutiamo di certe cose mi direbbero sei diventato comunista". "Non si può dire ’ma chi se ne importa di certe cose, ci sono le regionali e non ci convienè perché - ha sottolineato Fini - nel frattempo la storia cammina. C’è un tempo per la propaganda e un tempo per la politica. Non mi scandalizza la propaganda, ne ho fatta tanta". Ma alla nostra politica "serve più strategia e meno tattica, serve la consapevolezza che l’impegno politico è qualcosa di più alto rispetto alla gestione dell’amministrazione". Il presidente della Camera ha citato il caso della Commissione nominata dal presidente francese Sarkozy "con un uomo di sinistra alla guida" per "rispondere alla domanda se il Pil fosse ancora il parametro principale per decidere il grado di benessere di un paese. In Italia il tema non è stato neanche posto se non in qualche seminario di qualche eretica fondazione".
"C'è un problema di classe dirigente" "Oggi il problema è il meccanismo di selezione della classe dirigente. Non ho nessuna nostalgia dell’epoca dei comitati centrali, ma bisogna cominciare a pensare a forme di partecipazione e di selezione della classe dirigente diverse". È uno dei passaggi di maggiore attualità del discorso del presidente della Camera Gianfranco Fini agli studenti della Residenza universitaria internazionale, che lo hanno incontrato per discutere del suo nuovo libro ’Il futuro della libertà. "Oggi si parla tanto di trasparenza nella pubblica amministrazione, di legalità - afferma Fini - ma riflettiamo sul fatto che chi si avvicina alla politica non lo fa come un tempo con il senso di una missione civile, ma come se fosse una carriera". "Io sono un politico di professione ma non di carriera - conclude Fini - perchè la politica dovrebbe sottintendere un impegno civile a favore dell’altro, della comunità"
la lista del presidente palese è quella giusta.
SANREMO CERTIFICA: SIAMO IL PAESE DEI TAROCCHI, DAL FESTIVAL AI CONCORSI, DAGLI APPALTI ALLA POLITICA
PUPO ERA IN TESTA A 4 MINUTI DALLA FINE DI 200.000 VOTI, ALL’IMPROVVISO NE ARRIVANO 220.000 PER IL VINCITORE… NEI CONCORSI E NEGLI APPALTI SI SA IN ANTICIPO CHI VINCE… AI GROSSI EVASORI FACCIAMO PAGARE SOLO IL 5% MENTRE I COGLIONI PAGANO IL 50%…IN POLITICA SI VIVE DI INTRALLAZZI
Pare sia destino dei Savoia perdere sul fino di lana: era successo con il referendum “monarchia o repubblica” 64 anni fa, si è ripetuto al festival di Sanremo con il televoto tre giorni fa, a danno di Emanuele Filiberto di Savoia. Secondo il “Secolo XIX” pare infatti che, a 4 minuti dalla chiusura della verifica dei voti, Pupo ed il principe fossero saldamente in testa, con un margine ampio di 200.000 voti su Valerio Scanu.
In quei 4 minuti si sarebbe verificato il miracolo, 220.000 sms tutti a favore di Valerio e il risultato si è ribaltato.
Diciamo che contestualmente il riconteggio finale ha fatto tirare un sospiro di sollievo ai dirigenti Rai: dietro le quinte era scoppiato infatti il panico perchè nessuno avrebbe potuto gestire sul palco la eventuale vittoria del trio più contestato e fischiato del festival.
Non abbiamo creduto a una contestazione spontanea allora, come non crediamo ai risultati ufficiali ora.
Troppi lati oscuri delle votazioni, compreso il fatto che il televoto sia gestito da una società che ha interessi nella gestione discografica di due dei tre finalisti e che non permetta a nessuno “supervisore neutro” di assistere al flusso dei voti e al loro computo.
Un giornalista del locale “Secolo XIX” che ci ha provato lo ha testimoniato. Mentre il Codacons fa la solita denuncia e le polemiche si sprecano, vale la pena fare una notazione più ampia.
Ovvero che l’Italia pare distinguersi sempre per essere il Paese dei tarocchi, ma non quelli di Sicilia solo.
Abbiamo i concorsi pubblici per i giovani dove molti neanche più partecipano perchè si sa già chi deve vincere.
Abbiamo invalidi che corrono, assistiamo ad appalti pubblici dove le aziende sanno già chi vincerà e spesso anche il ribasso che offrirà.
Assistiamo a trattative private con gli “amici degli amici”, dove tante imprese pulite non riescono neppure ad entrare nel giro.
Abbiamo intere zone del Paese dove esiste un altro potere malavitoso che detta le regole, decide chi lavora e chi deve trovare occupazione, chi deve vincere gli appalti e chi no.
Abbiamo una serie di consulenze attribuite dalla politica non in base alla competenza ma alla parocchia partitica, nomine in enti con relativo stipendio decise dalle segreterie dei partiti, fondazioni e banche piene di portaborse. Abbiamo fatto un condono fiscale per chi, esportando illegalmente dall’Italia 100, cifra sulla quale avrebbe dovuto pagare 50 all’erario se lo avesse denunciato regolarmente, è stato invece ora premiato versando solo 5.
Mentre i coglioni hanno versato 50.
Abbiamo grandi aziende che godono di aiuti statali e previdenziali e piccole imprese abbandonate al proprio destino.
Persino per un alloggio popolare i poveracci fanno inutilmente la fila, mentre altri scavalcano e lo occupano.
In fondo che del tarocco possa essere rimasta vittima una canzone che si intitola “Italia amore mio” è emblematico.
w destra di base
Rolando R.
cimino è candidato
la dantini pure è candidata
E LA SIGNORA MANCA..........................................
Q U A N D O S I C A N D I D A?
Usura: il giudice intimidito che abbandona il processo alle banche
“Ho subito pressioni”. Il sostituto procuratore della Corte di Appello di Reggio Calabria, in aula, annuncia di lasciare l’udienza nella quale sono imputati i presidenti di tre dei maggiori istituti di credito italiani: Geronzi (Capitalia), Abete (Bnl), Marchiorello (ex presidente, Antonveneta).
.....E CHI NON SE L'ASPETTAVA?
Palermo, aggredito avvocato penalista
Enzo Fragala' colpito a bastonate, e' gravissimo
(ANSA) - PALERMO, 23 FEB - L'avvocato Enzo Fragala', uno dei piu' noti penalisti di Palermo, ex parlamentare di An, e' stato aggredito questa sera a bastonate.
Uno sconosciuto lo ha colpito sotto il suo studio legale in piazza Vittorio Emanuele Orlando, di fronte il palazzo di giustizia del capoluogo.
Il professionista e' stato trovato riverso per terra, in una pozza di sangue e privo di conoscenza, dai suoi colleghi.
Le sue condizioni sono gravissime.
I medici gli hanno riscontrato un grave trauma cranico.
LA GUERRA DELLE CANDIDATE PRO-TETTE DI SILVIO
Da "La Repubblica"
Nel Pdl la chiamano già la guerra delle due rose. Entrambe "protette" dal premier, si contendono un posto nel listino blindato della Lombardia. Il fatto è che Francesca Pascale, ex velina di Telecafone (ora consigliere provinciale di Napoli), sarebbe stata esclusa dal listino del Lazio e avrebbe fatto una scenata a Berlusconi per essere dirottata in Lombardia. Ma quel posto il Cavaliere l'ha già promesso a Nicole Minetti, l'ex ballerina di Colorado Cafè ora diventata la sua "igienista dentale".
Ha perso il cervello definitivamente dopo il colpo del duomo in faccia.
Io dico: PAGALE E SCOPATELE se questo è il fine ultimo.
Ma quale merda butti in faccia a chi considera la politica come militanza e rispetto?
Siamo in un partito di cacca, perchè così fanno altri per emulazione.
La VICEPRESIDENTE provinciale quali meriti ha mai avuto che abbiano a che fare con la politica?
Purtroppo aveva ragione da vendere l'ex signora Berlusconi!
Un ciarpame della peggiore volgarità.
Prepariamoci al peggio cari amici di DDB, perchè Berlusconi continuando in questa maniera sicuramente farà una brutta fine, e con lui il PDL.
Le vicende di Verzé incontrano presto quelle di Silvio Berlusconi, all'epoca imprenditore e proprietario di Edilnord, dato che il sacerdote aveva acquistato un terreno di 46 mila metri quadri - con l'idea di costruire quello che sarebbe poi diventato il "San Raffaele" - vicino all'area che sarebbe poi diventata "Milano 2", il complesso residenziale realizzato poi da Berlusconi
Il problema allora era che gli aerei da e per Linate transitavano sopra quell'area "così, nel 1971 inoltrarono, assieme, una petizione al Ministro dei Trasporti al fine di salvaguardare la tranquillità degli abitanti di Milano 2 e i ricoverati del san Raffaele". Questo però creò problemi di rumore ai comuni limitrofi; "la questione delle rotte si trascinerà per qualche anno, tra direttive serrate, proteste, irregolarità e comitati antirumore [...] la direttiva Civilavia del 30 agosto 1973, a seguito dell'incontro di marzo [il 13 marzo 1973 si incontrano comitati dei cittadini e funzionari del ministero dove però le carte topografiche di riferimento risultano pesantemente manomesse: Pioltello e Segrate rispecchiano la cartografia del 1848 mentre Milano 2, terminata al 25%, risulta completata], scontenta tutti, eccetto, naturalmente, Edilnord e San Raffaele"
Dopo la messa in circolo di falsi studi scientifici sulla questione (formalmente del Politecnico di Milano ma in realtà commissionato dalla Edilnord ad alcuni docenti dell'ateneo) e la condanna del direttore generale di Civilavia, vengono rivolte una serie di accuse a personaggi coinvolti nell'affare fra cui Luigi Verzé.
Nel marzo del 1977 Verzé è riconosciuto colpevole di «istigazione alla corruzione». Ma, tra archiviazioni, rinvii a giudizio e prescrizioni, non si arriverà per nessuno a sentenze definitive"
Nel 2000 Verzé fu al centro della vicenda della succursale romana dell'Ospedale San Raffaele, un'operazione colossale che, grazie ad un'abile campagna mediatica, sembrò un complotto ai danni del sacerdote. Verzé sostenne infatti che, a causa di pressioni del mondo politico e degli ambienti finanziari di Roma, fu «costretto» a vendere l'ospedale «a un prezzo irrisorio» all'imprenditore romano Antonio Angelucci, il quale, soltanto pochi mesi più tardi lo rivendette allo Stato, suscitando scandalo sui media e numerose interrogazioni parlamentari
Una serie di collusioni fra Luigi Verzé e un rappresentante del SISMI, Pio Pompa, sono state riscontrate all'interno di un'indagine giudiziaria a carico di quest'ultimo e Nicolò Pollari. Dalle carte risulta che Pompa teneva costantemente al corrente Verzé di quanto accadeva in ambito politico ed istituzionale, affinché Verzé stesso potesse sfruttare le suddette informazioni in modo da ottenere particolari vantaggi per le sue attività imprenditoriali.
La catastrofe per tutti noi, è che Fini non doveva ASSOLUTAMENTE sciogliere AN!
E' matematicamente impossibile sentirsi organici in questo partito.
Tutti i maggiori dirigenti a partire da Berlusconi sono indagati, con avvisi di garanzia e perfino con mandati d'arresto!
Tutti raccomandano le loro FAVORITE che sono abilissime ad aprire le coscie più che la testa.
ORA BASTA! NON NE POSSIAMO PIU' DI QUESTA FOGNA!
ASTENSIONE!
W DDB
Adriano non commettere l'errore di candidarti in questo putridume.
Ognuno dovrà assumersi le proprie responsabilità dopo le regionali.
Dev’essere una questione di affinità elettive, di attrazione genetica. I cappellani del “Popolo della libertà” sono due. Uno è Don Gelmini, sotto inchiesta per pedofilia. L’altro è Don Verzè. Ogni tanto lo indagano e gli arrestano un primario. Ma lui non si scompone, crede nella divina provvidenza e nella santissima prescrizione.
In carcere il responsabile del centro di medicina del sonno, ai domiciliari il direttore sanitario. Sotto inchiesta la Fondazione di don Verzé.
Bastava una semplice visita ambulatoriale, eppure prescrivevano in media tre giorni di degenza. Un trattamento speciale, anomalo rispetto alla prassi di molte altre strutture lombarde, che ha permesso alla Casa di Cura Ville Turro del San Raffaele di Milano di gonfiare i ricavi della divisione che si occupa delle malattie del sonno di 2,89 milioni di euro in tre anni.
Per quelle prestazioni, tra il 2004 e il 2006, l’ospedale avrebbe dovuto incassare poco più di 570 mila euro, invece ha ottenuto rimborsi per oltre 3,4 milioni. Il tutto a danno dell’Azienda sanitaria locale della città di Milano, che ha pagato il conto con i soldi della regione Lombardia.
L’inchiesta dei pm Grazia Pradella e Tiziana Sicilano era partita oltre un anno fa, ma ieri, nel timore che i presunti autori della truffa continuassero a operare, e nello stesso tempo nascondessero le prove, il nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Milano ha arrestato su ordinanza del giudice per le indagini preliminari Luigi Varanelli, il responsabile del centro di medicina del sonno del San Raffaele, Luigi Ferini Strambi, finito in carcere, e il direttore sanitario Pasquale Mazzitelli, ai domiciliari.
Alla Fondazione Centro San Raffaele del Monte Tabor, presieduta dal suo fondatore Don Luigi Maria Verzè, sono stati invece sequestrati contanti per 2,89 milioni, e viene contestato di non avere vigilato su suoi dipendenti in base alle responsabilità previste dalla legge 231. Don Verzè è indagato per omessa vigilanza.
Certo un esame come il “polisonnogramma”, ovvero la misurazione di alcuni parametri del paziente come il respiro del naso e della bocca o i movimenti del torace e dell’addome durante il sonno, lasciano presagire la necessità del ricovero per osservare il malato di notte.
Ma di norma, come hanno sostenuto i periti della procura, avviene che l’apparecchio, “il polisonnigrafo”, un misuratore che si applica al braccio, viene consegnato al paziente con le relative indicazioni per spegnerlo e accenderlo.
E, il giorno dopo, viene riportato in ospedale per scaricare i dati. Secondo la ricostruzione dei pm, lo schema tipo della truffa prevedeva il ricovero alla domenica pomeriggio, durante la quale il paziente veniva sottoposto solo a un semplice elettrocardiogramma.
La prima notte era considerata di adattamento all’ambiente, anche se poi l’esame vero e proprio avveniva in tutt’altra stanza. Il secondo giorno era dedicato esclusivamente agli esami del sangue e nel corso della notte si procedeva al “polisonnogramma”.
Il terzo e ultimo giorno si concludeva con una visita di uno specialista di otorinolaringoiatria o di uno psicologo.
«Ci accusano — spiegano dal San Raffaele — di avere effettuato ricoveri con una durata di degenza superiore al necessario per ricavarne un ingiusto rimborso. Ma le linee guida nazionali ed internazionali confermino la correttezza del nostro operato. Peccato anche che, per casi analoghi, i migliori Centri del sonno Italiani effettuino ricoveri con degenze superiori alla nostra». La punta massima del San Raffaele per un polisonnogramma è stata di 17 giorni
" Sono onoratissimo del prestigioso 'incarico affidatomi dall'assemblea provinciale dei presidenti dei circoli DDB della provincia di Lecce.
Intendo proseguire l'ottimo lavoro sinora svolto dal nostro Adriano Napoli, che oggi meritatamente ci rappresenta ormai a livello regionale e che ha fatto un lavoro incredibile riuscendo a radicare la nostra comunità in ogni provincia della Puglia, e questo solo con la sua passione e la sua infinita diponibilità.
Destra di Base è oggi una realtà importantissima per tutto il centrodestra, perchè rappresenta un riferimento sicuro per tutti gli ex militanti di An e tutti coloro che intendono la politica come attivismo partecipativo e testimonianza di valori identitari anche e soprattutto nell'azione amministrativa.
Noi siamo un gruppo paritario, solidale, affiatato e soprattutto libero da ogni vincolo di riferimento che non siano i nostri iscritti ai quali, e solo ai quali, siamo sempre obbligati a rendere conto di ogni nostra azione o decisione.
La nostra base militante è quindi sempre al centro del nostro impegno con il quale intendiamo garantire a ogni nostro militante due diritti fondamentali: dignità e partecipazione".
Oltre al neopresidente provinciale sono stati eletti i componenti della provincia di Lecce in quota al coordinamento regionale di DDB che sarà presentato ufficilmente tra qualche settimana a Bari e che sarà composto dai rappresentanti di tutte le provincie.
Le quote assegnate alle varie province sono determinate dal numero dei tesserati rappresentati: un componente ogni 250 tesserati, pertanto ai 1.790 tesserati della provincia di Lecce ne spettano sette, oltre il neoeletto presidente provinciale, e sono: Giuseppe Chiffi, Luigi Provenzano, Luigi Corvino, Massimo Caggiula, Francesco Pino, Paola Scialpi e Giuseppe Menallo.
Oggi ho letto un articolo di Tunno su un giornale.
Mai lette tante corbellerie in un solo articolo.
Mitico e lapidario Adriano, come sempre.
viva destra di base
abbasso i badogliani
Raffaele Fitto sa benissimo che in caso di sconfitta di Rocco Palese il suo futuro politico si fa quanto meno nebuloso. Il suo mentore, che compiaciuto lo aveva definito di volta in volta protesi o puledro, come minimo gli toglierà il
ministero. Berlusconi è un po’ stufo di Raffaele e la goccia che ha fatto traboccare il vaso è la testardaggine con cui il bimbo bello di Maglie ha insistito per mandare al macello Rocco Palese, pur di non dover ammettere i suoi pesanti torti nei confronti di Adriana Poli Bortone.
Con lui affonderà tutta la nomenclatura ex aennina (in primis Amoruso e Attanasio) che lo ha seguito acefalicamente in questa brutta storia di vendette perdenti e anche improduttive.
Il colpo di grazia glielo darà il voto disgiunto: un mare di post fascisti, offesi e delusi, voteranno per Adriana presidente riservando la preferenza a qualcuno del PDL. Quanto alla Puglia prima di tutto, si ricorderà che Berlusconi aveva “consigliato” a Fitto di stare fermo un giro e non riproporre la lista delle gnocche. Manco per niente: la lista c’è e a capeggiarla ci sarà addirittura Tato Greco, quello che non sa quando è scoppiata la rivoluzione francese. E non parliamo dell'invito, del tutto eluso ed ignorato di non schierare nelle liste gente che ha qualche pendenza giudiziara.
Tanta folle disobbedienza e cieca pervicacia fanno pensare che nel suo futuro Fitto non veda più il delfinato nel PDL. La cronaca di questi giorni sta confermando quanto anche un mediocre politologo, purchè intellettualmente onesto, avrebbe ipotizzato: Berlusconi non ha eredi, né designati, né designabili. Gianni Letta, sul quale il cavaliere è disposto a mettere entrambe le mani sul fuoco, è visto come somma protesi al Quirinale piuttosto che come erede. Anche perché il buon Gianni viaggia ormai verso le 75 primavere. Un’ottima età per il Colle, quasi una burla per fare l’erede.
E dunque è lecito chiedersi cosa farà Raffaele Fitto dopo, quando lasciato il Ministero e presumibilmente anche il PDL, dovrà comunque fare politica, l’unica sua vera professionalità. La sua caratura nazionale è fortemente erosa adesso dal carisma di Nichi Vendola e al tavolo delle regionali Fitto si è giocato tutto ciò di cui disponeva in termini di credibilità.
Sta sbagliando una mossa dopo l’altra. Il perdente Palese, affiancato da un Di Bartolomeo che si è giocato a testa e croce i lato sul quale schierarsi, hanno fatto scuotere il capo a più di un dirigente di fede berlusconiana. Intanto si allunga l’elenco di quelli/e che non aspettano che il primo aprile (bella data) per far sapere ad Adriana Poli Bortone che non hanno mai smesso di credere in lei e nel suo nuovo modo di fare il centro destra.
In ogni caso, in Puglia, il dopo Berlusconi è già iniziato. Caro Adriano hai capito... Per il bene che ti voglio se proprio ci tieni candidati altrimenti tranquillamente possiamo restare a casa appoggiando i candidati di riferimento per far valere comunque la nostra forza. Un abbraccio... Rocco
Adriano candidati con Rocco Palese e vedrai che nessuno potrà più negarti il posto che meriti nel centrodestra salentino.
Giulia
Ecco i risultati aggiornati ad oras del sondaggio della gazzetta del mezzogiorno sulle intenzioni di voto dei pugliesi
Rocco Palese 18.03%
Adriana Poli Bortone 11.89%
Michele Rizzi 1.64%
Nichi Vendola 68.44%
Perchè non si candida la
Sig.ra SIMONA MANCA
Vice Presidente della Provincia?
Quanto "pesa" il vice presidente della provincia di Lecce in provincia?
10 voti, 100 voti , 1000 voti ?
Chi lo sa?
vogliamo che si candidi la Manca
Se lei non si vuole contare perchè non ha voti...
che lasci il posto a qualche altro più meritevole e rappresentativo di lei.
Sul capitolo candidature, interviene Biagio Ciardo, vice coordinatore ad interim del Pdl salentino, che, al contrario di quanto atteso, non polemizza con il responsabile di Destra di Base, Adriano Napoli, né tanto meno ribatte ad alcune accuse da quest’ultimo rivoltegli a mezzo stampa. In una nota ufficiale, Ciardo si limita a sottolineare che “diversamente da quanto pubblicato su alcune testate giornalistiche, il Pdl sarebbe molto lieto se il signor Adriano Napoli si candidasse per le prossime elezioni regionali. E anzi lo invito a compiere questo passo”.
Carissimo Biagio, sono lieto che ti sia degnato di rispondere al mio comunicato e per questo te ne sono grato.
Io mi candido di volata nel Pdl , se c'è ancora posto, anche subito, accogliendo il tuo gentile invito.
Sono anche disposto a candidarmi in una lista di appoggio che non sia il Pdl.
Ora, però mi aspetto che anche tu per coerenza lo faccia e che estenda il tuo invito anche alla gentile Simona Manca che , assieme a te, occupa scranni di prestigio in provincia con annessa indennità di servizio.
Sicuro di un tuo immediato accogliomento di queste mie richieste, che potrebbero essere determinanti per la vittoria finale di Palese e la riconquista della nostra regione, ti saluto cordialmente.
Vai Adriano..... Vola
Caro Biagio CIARDO,
Sono contento che proponi al buon ADRIANO di candidarsi in una lista, in modo da dare il suo contributo alla vittoria di PALESE e di tutto il centro destra, te compreso.
Ma giustamente, come detto prima dall'interessato, dovrebbero candidarsi anche:
in ordine di importanza:
Simona MANCA
e
Filomena D'ANTINI SOLERO.
Oppure le crocerossine non partecipano alla battaglia?
State rasentando il ridicolo signori miei, con questa sindrome autodistruttiva...
Ora basta insultare l'avvocato Manca dicendo che non ha voti...
Ve li riepilogo un po'io..
Dal 2001 al 2006 (appena trentenne) eletta consigliere comunale a Trepuzzi;
nel 2004 candidata in seno ad Alleanza Nazionale, al collegio provinciale di Trepuzzi/Surbo, raggiunge quota voti 1792, mancando l'elezione solo per la contemporanea sconfitta del centrodestra.
nel 2006 ricandidata a Trepuzzi, raggiunge nel suo comune quasi le 400 preferenze personali (prima eletta del centrodestra).
Quindi, prima di sparare a zero su una persona , informatevi e spulciate qualche dato.
Se volete, vi rinfresco pure quelli di Biagio Ciardo...
Questo per dire che se costoro vogliono sostenere Congedo, o chiunque altri, lo possono fare, basta che gli portino i voti.
O non avete capito che dobbiamo andare OLTRE IL POLO per vincere le elezioni regionali??
I voti della Manca, come quelli di Ciardo, dovrebbero essere già essere ricompresi nel totale del centrodestra.
Non è un problema che deve riguardare il centrodestra, quanto il centrosinistra o il centro che quei voti non li avrà MAI.
O voi -sotto sotto-volete questo???
Il vostro problema è che siete ossessionati che Congedo possa diventare assessore regionale e cercate di frammentargli l'elettorato con queste proposte e controproposte stucchevoli.
Piuttosto pensate alla situazione di Gallipoli, dove il petroliere tuttofare si sta incaponendo nel candidare solo il nipote e oltre 2000 voti di Quintana stanno veleggiando in direzione UDC.
Ah beh, ma forse è quello che -sotto sotto- volete.
Evidentemente è più importante per voi che si candidi una Manca o un Ciardo che se ne vada un Quintana...
FIRMATO: Un osservatore che non ha nulla a che fare con tutte le persone citate prima, che neanche conosco di persona ma che assiste impotente allo sfascio del centrodestra .
Anonimo delle 13.03 hai perfettamente ragione.
Salvatore
simona manca si deve candidare!
basta con queste privilegiate
400 voti presi al comune non giustficano una carica così importante come quella di vicepresidente della provincia.
o vogliamo prenderci in giro?
ammappete che precisione che hai caro amnonimo delle 13.03 nel ricordarti i voti della manca alle provinciali del 2004.
non è che sotto sotto questo commento è partito da qualche computer della nostra supersimovicepresidentessa?
400 VOTI AL COMUNE DI TREPUZZI, VIEN DA RIDERE O DA PIANGERE.
I VOTI DELLE PROVINCIALI APPARTENGONO AL SIMBOLO O VI SFUGGE QUESTO PARTICOLARE. QUINDI SI POTEVA CANDIDARE ANCHE UN CANE IN QUEL PERIODO ED IL RISULTATO SAREBBE STATO IDENTICO. QUANDO SI DEVE SCRIVERE IL NOME E COGNOME VIENE IL BELLO DELLA DIRETTA, E ALLE REGIONALI CON I 400 VOTI SI FA UN FRULLATO!
ADRIANO NON PUO' ANDARE AL TIRO AL BERSAGLIO, CARI MIRACOLATI. CANDIDATEVI PRIMA VOI DANDO L'ESEMPIO, CHE NAPOLI VI SEGUIRA' NELL'IMMEDIATO.
O I MANTOVANIANI ESPRIMONO SOLO CONGEDO?
SIETE POCA COSA IN QUESTO CASO.
Campagna acquisti nel Pdl: Tunno smentisce Napoli.
Mentre è giallo sulle dimissioni da responsabile provinciale di DDB. “Intendo rispondere alle ridicole farneticazioni del sig. Adriano Napoli scritte sabato 20 febbraio in un articolo sul vostro quotidiano dove mi si accusa addirittura, cito testualmente “di avere avuto una promozione con l’Ugl”.
Così inizia la richiesta di replica di Leonardo Tunno, consigliere comunale di Taviano tirato in ballo nei giorni scorsi in qualità di responsabileprovinciale dei circoli della Destra di Base e sindacalista Ugl perché avviato nei suoi confronti un forte pressing dal consigliere regionale uscente Pdl, Saverio Congedo, a sostenere lui e non Napoli nell’ormai prossima campagna elettorale per le regionali.
“Il sig. Napoli - aggiunge Tunno - evidentemente fa finta di non conoscere la mia storia politica e personale, ricordo solo allo stesso che da vent’anni faccio il sindacalista senza avere mai chiesto . Specifico, inoltre che il sottoscritto notificava già dalla mattinata del 18 febbraio per mezzo posta le mie dimissioni da presidente provinciale della DDB (altro che destituito come dice il sig. Napoli), lettera indirizzata allo stesso e per conoscenza al direttivo. Non mi univa alcun obiettivo e non mi interessava iniziare un percorso con chi utilizza solo ed esclusivamente l’attacco personale per l’azione politica, non mi interessano le banali questioni di potere e di dominio politico. La mia visibilità me la guadagno giornalmente al fianco dei semplici cittadini, dei lavoratori - conclude Tunno - questo lo faccio nel mio lavoro di sindacalista ma anche con l’impegno politico da più di vent’anni, sempre e sottolineo Sempre con la Destra”.
A questo punto abbiamo voluto capire se per caso non ci fosse stata data una notizia falsa da Adriano Napoli che invece ha ribadito: “Smentisce? Bene. Ora non ci resta che aspettare e vedere cosa succede nei prossimi mesi se per caso non riceva incarichi a livello provinciale come responsabile dei coltivatori nell’Ugl. Per quanto riguarda le sue dimissioni a tutt’oggi non mi sono ancora pervenute”.
G8 Maddalena, la busta profetica
sugli appalti
Nel dicembre del 2007, a Palazzo Chigi si sa già chi, molti mesi dopo, otterrà gli appalti da milioni di euro del G8-2009 alla Maddalena. Un alto ufficiale dell'esercito, in servizio alla presidenza del Consiglio, scrive al computer l'elenco dei nomi degli imprenditori. Poi stampa due copie in formato A4, le chiude in due buste, le avvolge con nastro adesivo, le timbra, le firma, le fa firmare al suo autista e le plastifica. Una copia sarebbe stata consegnata attraverso la sua segreteria al capodipartimento Innovazione e tecnologie, il ministero di Renato Brunetta. La seconda busta, ancora sigillata, è stata invece consegnata a "L'espresso": ecco il filmato dell'apertura di Fabrizio Gatti
LEGGI Un G8 da 500 milioni di euro di Primo Di Nicola
[25 febbraio 2010]
Adriano vai a candidarti in IO SUD, nel PDL andresti avanti solo a fare sterili polemiche. Buona fortuna e sappi che nel PDL non sei gradito.
Centrodestranelcuore
Meglio perdere con chi è stato sempre all'interno del centrodestra che vincere con queli che hanno tradito in precedenza (Poli Bortone) o quelli che pensano di aspettare sulla riva del fiume (destradibase)
destranel cuore
Il senatore Pdl Nicola di Girolamo
con il boss Franco Pugliese"I fatti contestati non mi appartengono. Non ho mai avuto contatti con mafia, camorra e 'Ndrangheta". Così ha dichiarato il senatore Pdl Nicola Di Girolamo nel corso della conferenza stampa che ha convocato per precisare ai giornalisti la propria posizione in merito all'inchiesta che lo vede accusato di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio internazionale e di essere stato eletto all'estero con il contributo determinante di una famiglia mafiosa.
Il senatore si è concesso pochi minuti, senza rispondere alle domande che gli venivano rivolte, numerosissime, dai cronisti. "Ho rispetto del lavori della magistratura ma mi riservo di vedere prima gli atti per poter contestare le accuse", si è limitato ad aggiungere.
Quell'unica, perentoria, affermazione "non ho mai avuto contatti con mafia, camorra e 'ndrangheta" viene tuttavia smentita da un servizio fotografico pubblicato in esclusiva nel prossimo numero de "L'espresso" e che qui anticipiamo. Il servizio documenta una cena elettorale svoltasi nell'aprile 2008 durante la quale il senatore Di Girolamo è ritratto in atteggiamento amichevole insieme al boss Franco Pugliese e questi, a sua volta, con Gennaro Mokbel (considerato l'ambasciatore delle famiglie mafiose calabresi nel potere politico romano): tutti coinvolti nella maxi inchiesta che vede implicati i vertici di Fastweb e Telecom.
FORZA DI PIETRO FAI PIAZZA PULITA
L´EX VELINA RINUNCIA AL LAZIO "MI HA CONVINTO BERLUSCONI"...
Gio. Vi. per "la Repubblica" - «Io nel listino del Lazio? Sì, me l´avevano proposto sia il sottosegretario Giro, per il quale lavoro ai Beni culturali, sia Bondi e Cicchitto, dopo che avevo rifiutato la candidatura in Campania, dove il listino non è previsto». A parlare è Francesca Pascale, l´ex velina di "Telecafone" ora consigliere provinciale a Napoli, che i boatos davano fra i candidati "blindati" di Renata Polverini.
montalcini al quirinale - Copyright Pizzi
«Ho detto no in Campania perché lì i colonnelli del partito si erano già impegnati con la Carfagna e la Mussolini, non ce l´avrei fatta. Allora il premier mi ha prospettato il Lazio, ma con un´avvertenza: pensaci bene, mi ha detto, tu sei campana, sarebbe meglio se corressi lì. Perciò mi sono fatta da parte. Ma se nella mia terra ci fosse stato il listino bloccato, avrei accettato subito».
L'ULTIMA PARACULATA AD PERSONAM DEL CAVALIERE: IL TRUST BLINDA-EREDITÀ - VERRà VARATA DAL GOVERNO GIUSTO IN VISTA DEL DIVORZIO E DELLA SPARTIZIONE DEI BENI TRA I SUOI 5 FIGLI! – IL DISPONENTE (SILVIO) FAREBBE USCIRE IL PATRIMONIO DALLA SUA SFERA GIURIDICA DIVIDENDO LA CUCCAGNA IN Più TRUST E NOMINANDO BENEFICIARIO DI CIASCUN TRUST UN EREDE DIVERSO …
POPOLO DELLE LIBERTÀ? LIBERTÀ DI AVERE ANCHE LA ‘NDRANGHETA FASCISTA – EIA! EIA! ALALÀ, ONORE AL CAMERATA MOKBEL E AI SUOI AMICI COLOSIMO E ANDRINI, GRANDI ORGANIZZATORI DELL’ELEZIONE TRUFFA DI DI GIROLAMO E VECCHI AMICI DI ALE-DANNO E AUGELLO - LA GALASSIA NERA CHE PULISCE IL PROPRIO PASSATO E GLI AFFARI DELLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA…
C'è una galassia nera che ruota attorno agli affari oscuri del senatore Nicola di Girolamo, alla truffa da 2 miliardi delle compagnie di telefonia e al riciclaggio di capitali della 'ndrangheta. Imprenditori, manager e avvocati con alle spalle una militanza nelle file dell'estrema destra e un presente "ripulito" grazie alle amicizie nel Popolo della Libertà, vicine al sindaco Gianni Alemanno, e sponsor di Renata Polverini nelle regionali nel Lazio
C'è innanzitutto Gennaro Mokbel, 50 anni, imprenditore della Camilluccia "già esponente dell'organizzazione eversiva di destra Terza Posizione" amico degli ex Nar, Francesco Mambro e Giusva Fioravanti. Tra le sue vecchie frequentazioni figura Antonio D'Inzillo, killer della Banda della Magliana e dei NAR.
Per gli inquirenti è la mente dell'organizzazione criminale. Di lui, i pm dell'Antimafia Giancarlo Capaldo, Giovanni Bombardieri e Francesca Passaniti ne sottolineano la "straordinaria capacità di proporsi nei circuiti legali dell'economia con interessi nel settore dei diamanti estratti in Uganda".
Con le sue società produce i film del regista Stefano Calvagna e promuove i match del pugile Vincenzo Cantatore. Qualcuno giura di averlo visto in compagnia dell'ex avvocato di Berlusconi, Cesare Previti. I pm scrivono che Mokbel vanta di "disporre di finanzieri "affittati" e di essere stato "braccio destro" del generale della finanza Francesco Cerretta, consulente della commissione Telekom Serbia".
Il presente di Gennaro Mokbel lo vede al fianco del senatore Di Girolamo. È lui a reclutare i voti dei calabresi in Germania vicini ai clan di Fabrizio Arena e Franco Pugliese. Una persona di sua fiducia con cui fa affari è Paolo Colosimo, avvocato vicino alla destra, difensore di Niccolò Accame, figlio dell'ex deputato Falco ed ex portavoce di Francesco Storace, nel processo Laziogate. Anche per Colosimo, ex legale anche dell'immobiliarista Danilo Coppola, viene chiesto l'arresto.
Ma Mokbel conosce molto bene anche Stefano Andrini, manager dell'Ama sotto la giunta Alemanno, con un passato pesante di picchiatore. Nel 2006, un'informativa della Digos sugli "Irriducibili" della Lazio se ne occupa perché è lui a registrare il sito del gruppo di ultrà formato da tanti militanti di Forza Nuova. "Andrini è conosciuto per la sua pregressa appartenenza - scrive la Digos - ai gruppi d'estrema destra "Movimento Politico Occidentale" e "Alternativa Nazionale Popolare.
Nel '94 era stato arrestato per l'aggressione ad alcuni studenti di sinistra alla Sapienza. E 4 anni prima aveva ridotto in fin di vita due ragazzi al cinema Capranica. Fuggito in Svezia, era stato poi condannato a 4 anni per tentato omicidio. La svolta avviene nel 2008: Andrini è l'uomo che fa eleggere l'avvocato Di Girolamo, nella liste di Berlusconi in Senato, con i voti degli italiani all'estero.
Secondo i pm Andrini e Gianluigi Ferretti, ex segretario dell'onorevole Mirko Tremaglia, sono proprio quelli che con Mokbel scelgono Bruxelles come residenza fittizia di Di Girolamo. Andrini, firma la dichiarazione al consolato di Bruxelles che attesta la residenza di Di Girolamo in Belgio. Nessuno controlla: il console è un suo amico. La truffa viene scoperta dai pm di Roma che chiedono invano l'arresto del neosenatore.
Il 20 ottobre 2008 la Giunta delle Elezioni ordina l'annullamento della nomina. Ma la decisione è sospesa grazie all'intervento del senatore del Pdl, Andrea Augello, uomo ombra delle politiche del Campidoglio ora grande sponsor di Renata Polverini. Nel 2009 Andrini diventa ad di Ama servizi. La nomina scatena polemiche. A sua difesa si schiera il sindaco Alemanno che ieri lo ringrazia "per la sua sensibilità" quando rassegna le dimissioni.
C'è qualcuno che mi sa dire se c'è una destra non alleata con i democristiani? Citate fatti, NON CHIACCHERE
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destra di base
Regionali: Corvaglia nel PD, Quintana all’Udc, indeciso Palmariggi
Il manager ha lasciato la carica di presidente del consiglio superiore dei lavori pubblici
Respinta l'istanza di scarcerazione per il funzionario della FerratellaInchiesta G8, Balducci si dimette
De Santis resta in carcere
Angelo Balducci
ROMA - L'ingegner Angelo Balducci getta la spugna. Il manager coinvolto nell'inchiesta sul G8 ha rassegnato le dimissioni dall'amministrazione delle infrastrutture e dall'incarico di presidente del consiglio superiore dei Lavori Pubblici. Sempre sul fronte dell'inchiesta resta in carcere Fabio De Santis, il funzionario della Ferratella arrestato il 10 febbraio scorso con agli altri funzionari della Ferratella, Balducci, Mauro Della Giovanpaola e all'imprenditore romano Diego Anemone.
Corruzione: Alfano, no leggi su incandidabilità, scelta ai partiti
QUESTO VERGOGNOSO E' IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA!!!
MICCICHE': BERLUSCONI E' DIVENTATO OSTAGGIO DI BOSSI...
"Berlusconi ha sbagliato. Ha fatto in modo che al governo ci fossero soltanto lui e Bossi. Facendo così è diventato totalmente ostaggio delle minacce della Lega di far cadere il governo." Gianfranco Miccichè, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ospite del programma di radio2 "Un giorno da pecora" ha poi aggiunto: "La Lega supererà abbondantemente il Pdl in Veneto". I conduttori hanno fatto notare a Miccichè che stava attaccando il suo leader. "Anche se sono convinto che Berlusconi sbaglia, in questa come in altre cose, gli sono comunque grato", ha risposto. "Ho le spalle larghe per poter sopportare il peso della riconoscenza. Per questo non gli andrò mai contro. Piuttosto smetto di fare politica."
Guardi il Parlamento e pensi al consiglio comunale di Chicago. Quello degli anni Venti, in cui Al Capone teneva il sindaco William “Big Bill” Hale Thompson jr e tutti gli altri a libro paga. E, almeno nei film, apostrofava i pochi poliziotti onesti urlando “Sei tutto chiacchiere e distintivo”. Il caso di Nicola Di Girolamo, il senatore Pdl che si faceva fotografare abbracciato ai boss e si metteva sull’attenti quando gli dicevano “tu sei uno schiavo e conti quanto un portiere”, è infatti tutt’altro che isolato. Tra i nominati a Montecitorio e Palazzo Madama, gli uomini (e le donne) risultati in rapporti con le cosche sono tanti. Troppi. Anche perché farsi votare dalla mafia non è reato. Frequentare i capi-bastone nemmeno. E così, mentre la Confidustria espelle non solo i collusi, ma persino chi paga il pizzo (persone che, codice alla mano, non commettono un reato, ma lo subiscono), i partiti imbarcano allegramente di tutto . Anche chi potrebbe aver fatto promesse che oggi non può, o non vuole, più rispettare.
Quale sia la situazione lo racconta bene la faccia di Salvatore Cintola, 69 anni, uomo forte dell’Udc siciliano dopo che pure in secondo grado Totò Cuffaro ha incassato una condanna (sette anni) per favoreggiamento mafioso. Pier Ferdinando Casini lo ha fatto entrare al Senato (come Cuffaro) sebbene Giovanni Brusca, il boss che uccise il giudice Falcone, lo considerasse un suo “amico personale”. Quattro archiviazioni in altrettante indagini per fatti di mafia, una campagna elettorale per le Regionali del 2006 (17.028 preferenze) condotta ad Altofonte - stando alle intercettazioni - dagli uomini d’onore e persino una breve militanza in Sicilia Libera, il movimento politico fondato per volontà del boss Luchino Bagarella, non sono bastate per sbarrargli le porte.
Anche perché, se si dice di no al vecchio Cintola, si finisce per dire no pure al giovane deputato Saverio Romano. Anche lui ha la sua bella archiviazione alle spalle (concorso esterno). Ma nel palmares può fregiarsi del titolo di candidato Udc più votato alle ultime Europee (110.403 preferenze nelle isole). Per questo, anche se di fronte a testimoni anni fa pronunciò una frase minacciosa che pare tratta dalla sceneggiatura del Padrino (“Francesco mi vota perché siamo della stessa famigghia” disse rivolgendosi al pentito Francesco Campanella), Romano fa carriera. È membro della commissione Finanze, Il segretario Lorenzo Cesa, lo ha nominato commissario dell’Udc a Catania, mentre Massimo Ciancimino, il figlio di Don Vito, lo ha incluso con Cintola, Cuffaro, e il presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, Carlo Vizzini, nell’elenco dei parlamentari a cui sarebbero finiti soldi provenienti dal tesoro di suo padre.
Così Romano è oggi indagato come gli altri per corruzione aggravata dal favoreggiamento a Cosa Nostra. E se mai finirà alla sbarra qualcuno in Parlamento, c’è da giurarlo, dirà: “È giustizia ad orologeria”. Ma la verità è un’altra. I rapporti di forza tra la mafia e la politica stanno cambiando. Il dialogo tra i due poteri e sempre meno paritario. Nel 2000, quando una microcamera immortala l’attuale senatore del Pd, Mirello Crisafulli, mentre discute di appalti con il boss di Enna, Raffaele Bevilacqua (appena uscito di galera), negli investigatori della polizia resta ancora il dubbio su chi sia a comandare. “Fatti i cazzi tuoi” dice infatti chiaro Crisafulli (poi archiviato), al mafioso. In altri dialoghi, invece, il rapporto sembra invertirsi.
A bordo della sua Mercedes nera Simone Castello (un ex iscritto al Pci-Pds diventato un colonnello di Bernardo Provenzano) ascolta così il capo del clan di Villabate, Nino Mandalà (nel 1998 membro del direttivo provinciale di Forza Italia), mentre sostiene di aver “fatto piangere”, l’ex ministro Enrico La Loggia. “Gli ho detto: Enrico tu sai chi sono e da dove vengo e che cosa ero con tuo padre. Io sono mafioso come tuo padre. Ora lui non c’è più, ma lo posso sempre dire io che tuo padre era mafioso” racconta Mandalà al compare aggiungendo che La Loggia, in lacrime, si sarebbe messo a implorare: “Tu mi rovini, tu mi rovini”. In questo caso la minaccia (smentita da La Loggia, che però ammette l’incontro) è quella di svelare legami inconfessabili. Un po’ quello che sta accadendo in questi mesi con Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi che, secondo molti osservatori, starebbero subendo una sorta di ricatto. Dell’Utri, dicono i giudici, ha stretto un patto con i clan. Un patto non rispettato o solo in parte. E così adesso, visto che è difficile organizzare un attentato ai suoi danni (nel 2003 Dell’Utri e una serie di avvocati parlamentari erano stati inclusi dal Sisde in un elenco di personaggi politici che la mafia voleva ammazzare perché di fatto considerati traditori), la vendetta potrebbe passare attraverso le rivelazioni nei tribunali. Fantascienza? Mica tanto. Perché, almeno nel caso di Dell’Utri, ogni volta (o quasi) che intercetti un telefono di un presunto uomo delle cosche, corri il rischio di ascoltare la sua voce. È successo nell’indagine su Di Girolamo (vedi articolo a pagg. 4-5 de Il Fatto Quotidiano del 25 febbraio 2010). Ed è accaduto due anni fa, poco prima delle elezioni, con gli affiliati del clan Piromalli. Il loro referente Aldo Micciché (vedi articolo a fianco) chiamava il senatore in ufficio dal Venezuela, mentre a uno dei ragazzi della ‘Ndrina Dell’Utri affida il compito di aprire un circolo del Buon governo a Gioia Tauro
Ovvio che tanta disponibilità al dialogo (Dell’Utri si è giustificato dicendo che lui “parla con tutti”) anche se non dovesse nascondere accordi illeciti, espone quantomeno al rischio di pericolosi equivoci. Se alla Camera entra una bella ragazza di Bagheria, priva di esperienza politica, come Gabriella Giammanco (Pdl), e poi si scopre che suo zio, Michelangelo Alfano, è un boss condannato in via definitiva, è chiaro come qualcuno nelle famiglie di rispetto possa pensare (sbagliando) di trovarsi di fronte a una sorta di messaggio. E se nel governo siede ancora un sottosegretario, Nicola Cosentino, con parenti acquisti detenuti al 41-bis e una richiesta di arresto per Camorra che pende sulla sua testa, è inevitabile che gli uomini di panza considerino il premier un loro amico. Un politico come tutti quelli con cui i patti sono stati siglati con certezza. E ai quali, parafrasando Al Capone, si può sempre gridare, in caso di cocente delusione: “Sei solo chiacchiere e distintivo”.
Fiorani al pm: "Ecco i politici che ho pagato"
Il banchiere che nel 2005 diede l’assalto alla finanza italiana è rilassato, nel suo completo gessato grigio. Gianpiero Fiorani, allora amministratore delegato della Popolare di Lodi, oggi imputato nel processo Antonveneta, si è lasciato alle spalle l’euforia del banchiere vincente, ma anche la disperazione dello sconfitto che tenta due volte il suicidio. "Dopo le vicende che mi hanno coinvolto, si diventa come degli appestati. Prima ero centrale nel sistema, poi c’è la morte civile, tutti quelli che hanno avuto a che fare con me e che sono stati beneficiati da me sono spariti. Come fossi un lebbroso e avessero paura del contagio". Interrogato in aula, a Milano, dal pubblico ministero Eugenio Fusco, racconta la sua verità. Il legame fortissimo con il governatore di Bankitalia Antonio Fazio. I rapporti incrociati tra il suo assalto ad Antonveneta e l’assalto dell’Unipol di Giovanni Consorte a Bnl ("Io do una mano a te, tu dai una mano a me"). Ma soprattutto gli intrecci con la politica, con gli uomini dei partiti informati sulle scalate e "oliati" con i soldi della banca.
Il politico più interno all’operazione è il senatore di Forza Italia Luigi Grillo, vicinissimo a Fazio e ufficiale di collegamento tra il governatore e Fiorani. "Gli ho dato 100 mila euro, poi altri 200 mila, poi altro ancora. Su un conto aperto alla Popolare di Lodi per operazioni finanziarie sui derivati. Un aiuto per le sue spese elettorali". Una parte dei soldi finisce al senatore Marcello Dell’Utri. "Sì, 100 mila euro: Grillo me li chiese espressamente per il senatore". Ma poi, chiede Fusco, gli sono effettivamente arrivati? "Certamente, perché Dell’Utri mi ha ringraziato".
Altri soldi vanno al deputato di Forza Italia Aldo Brancher: "Mi chiese un contributo perché aveva perso dei soldi investiti in un’azienda. Gli diedi 100 mila euro, su un conto corrente intestato alla moglie. Altri 100 mila glieli diedi per Roberto Calderoli, l’esponente della Lega nord".
soldi servivano a rinsaldare il trasversale "partito del governatore" contro i nemici di Fazio (Giulio Tremonti, Bruno Tabacci, Giorgio La Malfa...) che volevano far passare in Parlamento il mandato a termine per il governatore della Banca d’Italia. "Anche la Lega era acerrima nemica del governatore", ha ricordato Fiorani, "ma poi ha cambiato idea": dopo che Fazio e Fiorani portarono a termine il salvataggio di Credieuronord, la banca della Lega che era "sull’orlo del fallimento". Altri soldi, ricorda Fiorani, sono arrivati a un personaggio a cavallo tra la politica e la finanza: Fabrizio Palenzona, massiccio esponente della Margherita e banchiere di Unicredit: "Due bonifici, più versamenti in contanti. Sul conto Radetzky, presso la filiale di Montecarlo della Banca del Gottardo".
Fiorani prova a tirare le somme della sua esperienza: "Cosa non rifarei nella vicenda Antonveneta? Non ho nulla da rimproverarmi. Come si poteva rinunciare a un progetto così importante?". Il banchiere lo racconta come una grande operazione finanziaria compiuta sotto l’ala di Fazio, fautore dell’"italianità delle banche" da strappare ai compratori stranieri: "Gli ho sempre detto tutto, se mi avesse comunicato che c’erano problemi, avrei subito consegnato le azioni Antonveneta agli olandesi, realizzando una bella plusvalenza da 280 milioni di euro. Sarei diventato il banchiere con la più alta liquidità in Italia. Invece Fazio mi ha usato e adesso scarica tutte le responsabilità su di me". Informato di ogni passaggio, secondo il banchiere di Lodi, anche il presidente della Consob, l’agenzia di controllo della Borsa, Lamberto Cardia. E gli scalatori avevano dalla loro parte anche un giudice del Tar del Lazio, Pasquale De Lise.
Alleato prezioso, perché proprio il Tar doveva decidere su un esposto degli olandesi di Abn-Amro, che i “concorrenti” di Lodi volevano a ogni costo bloccare. A un certo punto, nell’estate 2005 tra gli scalatori si diffuse la paura di essere intercettati. Chi li avvisò che i telefoni erano sotto controllo? Segnali arrivarono a un alleato di Fiorani, Stefano Ricucci, "messo in allarme dal senatore Giuseppe Valentino", di An, ex sottosegretario alla Giustizia. Ma si allarmò anche la moglie di Fazio, Cristina Rosati. Racconta Fiorani: "Mi rivelò che il suo telefono era sotto controllo, e mi disse che gliel’aveva riferito Paolo Cirino Pomicino, che era in contatto in ambienti romani con esponenti dei servizi segreti".
I risultati del sendaggio della Gazzetta del Mezzogiorno sulle intenzioni di voto sulle regionali
Rocco Palese 24.75%
Adriana Poli Bortone 11.07%
Michele Rizzi 2.26%
Nichi Vendola 61.92%
NON TI CANDIDARE TI AFFOSSERANNO
W DDB
E IL PREMIER SCARICA IL SENATORE SOTT'ACCUSA: «MAI CONOSCIUTO»
Voto all'estero, tutti contro la legge
Berlusconi: Di Girolamo portato da An
Polemiche politiche sul sistema elettorale all'estero. Schifani: «Scandalo da eliminare»
Adriano non ti candidare altrimenti finirai su una graticola cucinato e mangiato.
PORTATO DA AN?
E QUANTI LADRI E MAFIOSI HA PORTATO LUI?
E NON BASTA?
SEI LA ROVINA DELLA DESTRA!!!!!!
FITTO FA TUTTO LUI, SCARTANDO IL 95% DI ALLEANZA NAZIONALE.
GRANDISSIMO ESEMPIO DI DEMOCRAZIA.
QUANDO E' ARRIVATO A LAMENTARSI IL BUON UGO LISI
CIAO BERLUSCONI
VOTO NICHI VENDOLA
SCUSAMI ADRIANO W DDB
BERLUSCONI: «PORTATO DA AN» - Lo stesso Silvio Berlusconi, come molti altri esponenti della maggioranza, ha detto che «la legge sui deputati all’estero ha dato risultati negativi in molte direzioni, va assolutamente cambiata». Il premier ha poi aggiunto che il senatore Di Girolamo «non è stato portato da gente di Forza Italia: è stato portato da un responsabile di Alleanza Nazionale che non ho il piacere di conoscere e quindi non posso dare una risposta» sull'inchiesta in corso. In ogni caso, «la mia opinione è che è grave che esistano queste situazioni».
La casta contro la casta. I faldoni dell'ordinanza, la frode colossale, la seconda richiesta di arresto in due anni, a riflettori accessi, i parlamentari provano a scalfire l'immunità che copre il senatore Nicola Di Girolamo. Belle parole: “Nessuno è intoccabile” (Maurizio Gasparri). E lettera della terza carica Renato Schifani a Marco Follini, presidente della Giunta: “È possibile che ci siano nuovi e rilevanti elementi per l'annullamento dell'elezione di Di Girolamo”. Peccato che per tre volte, due in aula e una nella Giunta, la casta aveva protetto il senatore dalle inchieste della magistratura.
Procediamo con ordine cronologico . Il 24 giugno 2008, a pochi mesi dalle Politiche, la Giunta elezioni e immunità parlamentari nega (compatta da destra a sinistra) l'arresto ai domiciliari richiesto dal Tribunale di Roma per falso in atto pubblico (residenza all'estero, in Belgio). Dieci senatori, compreso Follini, avevano partecipato alla discussione: Casson, Sanna, Lusi, Adamo del Pd, Pastore , Musso, Valentino e Saro del Pdl, Li Gotti dell'Idv: “Non c’è il rischio dell’inquinamento delle prove né di fuga”. E Follini: “Ha prevalso il buon senso”. Soltanto il rappresentante del partito di Di Pietro aveva votato sì all'arresto. Il parere della Giunta, il 24 settembre 2008, è arrivato in Senato per la ratifica: nessun problema, c’è una maggioranza schiacciante (204 sì, 43 contrari e un astenuto): “Con votazione a scrutinio segreto, chiesta dal prescritto numero di senatori, il Senato approva le conclusioni della Giunta. Applausi dal gruppo Pdl”, si legge nel resoconto stenografico della seduta. Per il ricorso di Raffaele Fantetti (il primo dei non eletti nella circoscrizione estero), il 20 ottobre 2008, la Giunta si riunisce per la legittimità del seggio di Di Girolamo. Anche con i voti del Pdl, stavolta, la Giunta delibera l'annullamento dell'elezione del senatore per 'irregolare iscrizione all'anagrafe degli italiani residente all'estero'. Primo atto. Il secondo spetta al Senato, il 29 gennaio 2009.
C'è nervosismo e confusione a Palazzo Madama, il presidente Schifani chiede una pausa e convoca i capigruppo. Al rientro, il Pdl – guidato da Gasparri – sostiene l'ordine del giorno di Sergio De Gregorio per sconfessare la decisione della Giunta e rinvia la pratica Di Girolamo alla fine dei processi, addirittura al terzo grado in Cassazione: “Ci volevano due legislature”, commenta Li Gotti. E Gasparri oggi severo con Di Girolamo, allora era preoccupato per l'arresto immediato se il collega avesse perso la poltrona e dunque l'immunità: “Gasparri ribadisce la sospensiva – si legge nel resoconto sommario – per il timore che con la decisione odierna potessero determinarsi le condizioni per la misura cautelare”. Nel coro c'era Gaetano Quagliariello : “Non si tratta di cavilli giuridici, ma di una questione regolamentare complessa che va affrontata con la dovuta serietà”. E poi Luigi Compagna, Andrea Pastore e Sergio Vetrella a ruota. I senatori del Pdl sconfessavano i colleghi della Giunta che, vagliando istruttorie a interrogatori, avevano accolto il ricorso di Fan-tetti. Una mano d'aiuto si levò dal piano sopraelevato di Palazzo Madama, dal banco più alto. Da Schifani: “La presidenza del Senato ritiene ammissibile la richiesta di sospensiva alla luce dei precedenti e delle norme regolamentari”. E così, approvando a scrutinio segreto (e sono due) l’odg di De Gregorio, il Senato arruolò Di Girolamo nella casta degli intoccabili
Hanno avallato per anni lodi e leggi ad personam e ora dicono: "Sta per saltare il tappo"
Nel Granducato di Curlandia stan succedendo delle cose assai curiose. Dei veri misteri gaudiosi. Ha cominciato un paio di mesi fa Pier Ferdinando Casini, politico di lungo corso, vecchia volpe, il quale, prendendo spunto dalla richiesta di arresto del sottosegretario Cosentino, poi puntualmente negata dalla Camera, aveva affermato: "La Prima Repubblica non è stata uccisa dai giudici di Mani Pulite, era già morta molto prima, quando si era chiusa in una difesa cieca della propria classe politica. Nel clima tempestoso di questi giorni una difesa assoluta e corporativa di tutto e di tutti ci metterà, prima o poi, in una situazione insostenibile nei confronti dell’opinione pubblica".
Da "Libero"
«Di questo il sindaco non parla». Non c'è niente da dire. Sceglie il silenzio, Gianni Alemanno, primo cittadino della Capitale, tirato in ballo nelle intercettazioni da Gennaro Mokbel, il personaggio chiave, il più discusso dell'inchiesta sulla colossale truffa ai danni dello Stato in cui sono coinvolti i vertici di Fastweb e Telecom
Gianni Alemanno Di sicuro uno di destra. Ma solo in una pagina delle oltre 1600 che compongono il faldone, il sindaco viene citato da Mokbel. Il dominus della "finanza creativa", che si vanta di avere tirato fuori dal carcere Francesca Mambro, il 29 aprile del 2008 parla al telefono con Paolo Colosimo.
I due poco prima avevano discusso dell'intestazione a terzi della barca acquistata da Franco Pugliese, boss della ‘ndrangheta. La discussione, in romanesco, verte su questioni di prezzo, «la rata del leasing da pagà, attacca il primo, ma siccome se le premesse so quelle che fa il dimentichino...cosa probabile...».
Colosimo risponde: «E invece mi ero fatto du conti io». Il problema, in pratica, è chi deve pagare e chi deve andare in Calabria,. A trattare con il boss. Con Mokbel contento «perché me sto già a sentì di nuovo in campagna elettorale...ma hai visto ieri che bello?». Le date coincidono con l'elezione di Alemanno a sindaco. Mokbel non ci credeva tanto nella vittoria, invece poi la commenta felice con Colosimo e, a un certo punto, cita Gianni.
Stefano Andrini «Io c'ho la stanza mia che ce stanno tre dei suoi qua dentro che stanno a fa delle telefonate... di Gianni... di Alemanno... che sto a inizià a lavorà... lui deve essere chiaro... Pà... perché noi sta cosa ce la potemo pure accollà poi tocca fa un contratto di affitto e su quel contratto di affitto, lui ogni mese ci deve pagare il leasing perché se no, io il primo mese che non paga, prendo la barca e gliela riporto al proprietario... Pà. Perché io già lo so». Replica di Colosimo: «Ma è così che bisogna fa». Fine della conversazione.
Alemanno non conosce Mokbel, mentre l'altro personaggio coinvolto nell'inchiesta, Stefano Andrini, pur non essendo indagato si è già dimesso dall'Ama, municipalizzata del Comune. E la sinistra prova a cavalcare la polemica e a gettare ombre sul governo capitolino e sul potere di Alemanno nel Pdl. Il Campidoglio, però, non commenta e va avanti come sempre. [B. B.]
(IRIS) - LECCE, 27 FEB - IO Sud per le elezioni regionali del 28- 29 marzo presenta i 14 candidati della provincia di Lecce.
Si tratta di:
Elio Calabrese, nato a Carmiano il 29-03-1951,consigliere nazionale dell’ Ordine dei Chimici; Mauro Calò, avvocato nato a Galatina il 12-07-1977; Carlo Caracuta, avvocato nato a Lecce il 15-08-1972.
In campo con Io Sud scendono anche l’ imprenditore Vincenzo Carlà, nato a Galatina il 18-11-1977, la professoressa Anna Rosa Costantino nata a Lecce il 29-04-1949; il medico Fulvio detto Pierenzo Indirli nato a Novoli il 05-03-1953; la preside Maria Rosaria Ferilli nata a Morciano di Leuca il 29-06-1943; Flavio Maglio, vice presidente provinciale dell’associazione nazionale Libera caccia e consigliere al comune di Nardò, nato nella cittadina neretina il 02- 11- 1965 e l’avvocato Antonio Malerba, nato a Veglie il 10- 07-1966. Ancora della rosa dei nomi faranno parte il medico Antonio Mazzotta nato a Lecce l’ 11-09-1971, il consigliere al Comune di Casarano in rappresentanza del movimento giovanile Fernando Rizzello nato a Casarano il 03-07-1986. A chiudere la lista di candidati al Consiglio Regionale di Io Sud ci sono il medico Francesco Cassio Scateni, medico nato a Taviano il 30-08-1955, la farmacista Cecilia Marta Sindaco nata a Galatina il 18-05-1968 e il consigliere al comune di Lecce Angelo Tondo nato a Lecce il 02-10-1966.
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