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sabato 24 maggio 2008

Giorgio Almirante: vent'anni dopo


Nel maggio 1988 ci lasciava un uomo che prima di altri aveva saputo intuire gli orizzonti di una destra moderna ed europea; nei lunghi anni della sua militanza politica fu tra i fondatori del Movimento Sociale Italiano nel dicembre del 1946 e si guadagnò l'ammirazione degli avversari politici.

Inguaribile sognatore della stagione della pacificazione nazionale che solo ora si delinea, precursore di un modello di democrazia diretta che oggi si è realizzata nell'elezione popolare dei Sindaci, dei Presidenti delle provincie e delle regioni.

L'eredità morale e politica di Almirante è stata alla base del processo di crescita che ha visto nascere nel 1994 Alleanza Nazionale, su alcune delle sue intuizioni si sono basati molti dei punti programmatici che ancora oggi caratterizzano l'azione del partito.

Azione Giovani di Cursi ha voluto ricordarlo con un manifesto molto semplice, come d'altronde era il nostro unico ed eterno leader: GIORGIO ALMIRANTE!



27 commenti:

Maurizio Gennarino ha detto...

Piccola annotazione: molti credono che la frase sia di Almirante. In realtà è di Ezra Pound, poeta statunitense vicino alla Repubblica Sociale di Salò.
La frase è stata scelta perchè mai come ora è importante difendere le proprie idee.

Anonimo ha detto...

GIORGIO ALMIRANTE ERA "IL LEADER".
Giorgio Almirante aveva indicato la strada affinchè la Destra diventasse un partito di Governo, diversamente non ci sarebbe stato motivo di esistere.
PINUCCIO TATARELLA ERA "UN LEADER" Pinuccio Tatarella è stata l'anima della trasformazione.
Con loro non c'era mai stata rottura, c'era un solo Generale e gli altri tutti soldati.
Sono convinto che una grandissima maggioranza degli Italiani amano i principi a cui si ispira la destra; la frammentazione è avvenuta per la mancanza di un Generale. Ora, con il PDL in costituzione, c'è solo un'azione da compiere: unire tutte le Destre, individuare un Generale e partecipare al costituente PDL entrando nella stanza per ultimi, sbattendo sul tavolo i pugni e esprimere il presente concetto: ORA BASTA!!!!!
Ci vuole un Generale, e per ora ci sono solo Colonnelli; se ne promuova uno e andiamo avanti. Oggi non è più tempo di leccarsi le ferite, e non voglio dare meriti o demeriti a nessuno, ma ho l'impressione che Mantovano e Alemanno rappresentano la parte più "dura", quelli che hanno saputo imporre e ottenuto il loro programma.

Anonimo ha detto...

Il Commento precedente è mio. Chiedo scusa per averlo inviato anonimo per errore.

Anonimo ha detto...

Sono rimasto molto deluso dal fatto che,al di la del contenuto del mio commento, un post sulla figura di Giorgio Almirante sia rimasto senza partecipazione al dibattito. Eppure è stato il "padre" della Destra.

Anonimo ha detto...

Sono passati quindici anni dalla morte di Giorgio Almirante, avvenuta il 22 maggio del 1988. Parlare di questo discusso uomo politico a pochi anni dalla sua scomparsa non è facile. Egli, infatti, non era una persona qualunque, era un condottiero, un uomo di comando dalle indubbie qualità politiche ed umane. Almirante aveva scelto la strada impervia della politica, in quella definita dalla maggioranza degli italiani la parte sbagliata, condannata ed esecrata, quella dei perdenti, per indiscutibile idealità e fedeltà a valori per lui imprescindibili.
Parlare dal segretario politico di un partito come il MSI (Movimento Sociale Italiano), erede del fascismo repubblicano di Salò, potrebbe scatenare in questo momento delle reazioni negative. La storia travagliata del ‘900 italiano è ancora troppo recente per essere affrontata e valutata con il necessario equilibrio. Il fascismo si è, infatti, macchiato di gravi responsabilità arrivando a calpestare la dignità dell’uomo e i diritti civili dei cittadini. Così come qualsiasi regime totalitario comporta la negazione dei valori di libertà e di democrazia cui larga parte dell’umanità si ispira.
Il politico Almirante, pur discusso e discutibile finché si vuole, vanta dei meriti che è giusto riconoscergli. Ha contribuito in un momento storico difficile, dal post sessantotto sino alla sua morte, a contenere gli impulsi violenti di una destra estrema ghettizzata a priori per l’eredità che trascinava, formata però da molte persone normali, da comuni cittadini che continuavano a credere nei principi e nei valori che gli erano stati insegnati: il motto Dio, Patria e Famiglia lo portavano nel cuore e lo tramandavano alle nuove generazioni

Anonimo ha detto...

Egli ha inoltre avuto il gran merito di iniziare quella trasformazione del partito, sempre meno legato al ricordo del passato e maggiormente proiettato al futuro, poi proseguita dal successore prescelto Gianfranco Fini. I meno giovani ricorderanno alcuni passaggi importanti nella vita di quel partito. Il momento rappresentato della formazione della “Costituente di destra per la libertà”, nel tentativo di aggregare attorno al MSI altre forze politiche e sociali, e quello dell’introduzione della dizione “Destra Nazionale”, che rappresentò il primo passo verso il futuro sdoganamento che portò alcuni anni dopo alla nascita di Alleanza Nazionale. Una forza politica nuova e indiscussa per la trasparente scelta democratica attuata, anche penalizzante sotto il profilo elettorale: ricordiamo la scissione con la Fiamma Tricolore di Rauti. Questo nuovo partito che ora governa il Paese, alcune regioni e province e centinaia di comuni.
Se l’Italia ha ritrovato una destra moderna lo deve anche a quest’uomo, al “fascista” Almirante, perseguito negli anni bui degli opposti estremismi per il reato di ricostituzione del partito fascista, in una sorta di persecuzione giudiziaria che non ebbe seguito.
In politica non si dimentica e tanto meno si perdona.
Non esiste la remissione dei peccati nemmeno di quelli giovanili, né si apprezzano le conversioni, invece così meritorie nella dottrina cristiana.
Ciò è dimostrato da quanto successo proprio in questi giorni. E’ stata pubblicizzata la nuova campagna elettorale di “Liberazione”. E’ stato scelto quale testimonial Massimo D’Alema: lo si vede sfogliare il quotidiano di Rifondazione, accanto allo slogan “Per leggere Liberazione non c’è bisogno di essere comunisti”. Sempre in questi giorni è apparso in alcune città un manifesto di Forza Nuova che ritrae un giovane Gianfranco Fini intento nel saluto romano. Lo slogan dice: “Non fare come lui, non tradire”. La coincidenza dei due manifesti è casuale. E’ inoltre superfluo osservare come D’Alema e Fini siano stati e siano rispettivamente Presidente e Vicepresidente del Consiglio e abbiano raggiunto una posizione di tutto rispetto e di assoluto prestigio, mai neppure sfiorata dai leader che li hanno preceduti. Se la politica si misurasse dai risultati, Fini e D’Alema, meriterebbero un encomio solenne, però non è così: certa politica vive di simboli più che di obiettivi non riconoscendo meriti a nessuno, nemmeno ad imperitura memoria!
Fini onorò Almirante definendolo “un grande italiano” e il “leader della generazione che non si è arresa”.

Anonimo ha detto...

GIORGIO ALMIRANTE: NON ARRENDERSI MAI!

Anonimo ha detto...

Giorgio Almirante nasce a Salsomaggiore il 27 giugno del 1914. Trascorre l’infanzia in giro per l’Italia con la famiglia che si sposta da una città all’altra perchè suo padre Mario è un direttore di scena e un noto regista e i suoi zii, Luigi e Ernesto, sono attori. Dopo gli anni al liceo classico Gioberti di Torino, il giovane Almirante si trasferisce a Roma dove frequenta la facoltà di Lettere e Filosofia, si laurea nel 1937 con una tesi sulla fortuna di Dante nel Settecento italiano e consegue l’abilitazione all’insegnamento nelle scuole medie e nei licei. Giovane fascista, scrive sul «Tevere» di Telesio Interlandi e partecipa alla vita politica del regime entrando nei Guf, i gruppi universitari fascisti. Nel 1938 è caporedattore del «Tevere» e segretario di redazione della «Difesa della Razza», il periodico razzista diretto dallo stesso Interlandi. Anche lui, come molti giovani fascisti, fa professione di fede razzista.

Quando l’Italia entra nella seconda guerra mondiale, Almirante parte volontario per l’Africa settentrionale, dove si guadagna la croce al merito di guerra. Alla fine del 1941 lascia il fronte e due anni dopo, in seguito all’armistizio dell’8 settembre 1943, sceglie l’Italia di Salò arruolandosi nella Guardia Nazionale Repubblicana. Non rimane a lungo nell’esercito saloino. Alla fine del 1943 Fernando Mezzasoma, ministro della cultura popolare della Repubblica Sociale Italiana, lo convince ad abbandonare le armi e a collaborare con lui. Almirante diventa allora capo di gabinetto del ministro, preposto alla direzione del servizio intercettazioni radio. Lascia l’attività ministeriale nel novembre del 1944, decide di partecipare alle spedizioni antipartigiane, come quella della Val d’Ossola, e il 25 aprile del 1945, nell’Italia liberata, entra in clandestinità restandovi più di un anno. Nell’autunno del 1946 torna a Roma, dove partecipa prima alla fondazione del Mius, il Movimento italiano di unità sociale, e poi, nel dicembre del 1946, con Pino Romualdi e Augusto de Marsanich a quella del Movimento Sociale Italiano, un partito che rivendica orgogliosamente il proprio legame con il fascismo.

Responsabile della segreteria organizzativa del MSI, e dal 1947 segretario nazionale del partito, nel dopoguerra Almirante insegna lettere in un liceo romano e arrotonda lo stipendio dando lezioni private di latino e greco. Accusato di apologia del fascismo dopo un comizio durante la campagna elettorale per le amministrative, viene condannato al confino per un anno e, anche se non sconta la pena, deve rinunciare all’insegnamento. Da allora la sua vita è tutta per il partito. Alle elezioni dell’aprile 1948, Almirante riesce a portare in Parlamento sei deputati; due anni dopo il MSI gli preferisce il moderato Augusto De Marsanich, che viene eletto segretario; nel 1954 Almirante perde ancora la segreteria, passata ad Arturo Michelini, suo rivale storico; nel 1956, dopo la sconfitta alle elezioni amministrative, Almirante presenta una mozione contro Michelini, perde di misura il congresso ma convince i suoi compagni, che vorrebbero lasciare il MSI, a restare e a proseguire la battaglia dentro il partito. E in effetti Almirante è l’uomo del dialogo: raggiunge un accordo con la maggioranza di Michelini e rientra nella direzione nazionale del partito.

Nell’estate del 1960, con i fatti di Genova, si chiude una fase della storia italiana: il MSI chiede l’autorizzazione per lo svolgimento del congresso del partito nella città ligure, medaglia d’oro per la resistenza. In Liguria e in tutta l’Italia esplode la protesta contro il governo guidato dal democristiano Fernando Tambroni, che in Parlamento si avvale del sostegno missino: a Roma, Palermo e Reggio Emilia le manifestazioni finiscono con la repressione della polizia e una decina di morti, mentre Tambroni, sconfessato dalla stessa DC, è costretto a dimettersi. Con lui cade ogni ipotesi di governo appoggiato dall’estrema destra e inizia la stagione del centro-sinistra che inaugura l’emarginazione del MSI dalla scena politica nazionale. Almirante ricomincia la sua battaglia. Al congresso del 1963 abbandona i lavori e non partecipa alle votazioni finali. Due anni dopo, mette in minoranza la corrente di Pino Romualdi.
br>Nel 1969, dopo la morte di Michelini, Almirante diventa segretario del partito che guiderà ininterrottamente fino al 1987. Abile oratore – è stato capace di parlare per nove ore di fila nel 1971 contro la legge a tutela dei diritti della popolazione altoatesina del Trentino Alto Adige – si batte sin dai primi anni per far uscire il MSI dall’isolamento in cui si trova: promuove l’unità di tutte le forze di destra, stringe un’alleanza con i monarchici e nel 1972 porta il partito al massimo storico, raggiungendo il 9% alle elezioni politiche. In realtà, i suoi sforzi non bastano. Nel giugno del 1972, la Procura di Milano chiede alla Camera l’autorizzazione a procedere contro Almirante per il reato di ricostituzione del partito fascista. L’inchiesta non ha seguito, ma i rapporti fra il MSI e la società italiana rimangono difficili: le principali forze politiche sostengono che il partito di Almirante non fa parte dell’arco costituzionale, ricordando che la costituzione entrata in vigore nel 1948 non consente la ricostituzione del partito fascista. Da parte sua, Almirante nasconde i suoi giudizi sulla democrazia italiana nata dalla resistenza, vantandosi di non far parte del cosiddetto arco costituzionale. Sono gli anni Settanta, gli anni della strategia della tensione, delle bombe sui treni e nelle piazze, sono gli anni dei molti giovani missini che lasciano il partito e si dedicano alla lotta armata, mentre lo stesso MSI è uno dei bersagli più colpiti dal terrorismo rosso.
br>Nel 1974 Almirante viene messo in minoranza dal suo partito, contrario alla legge che istituisce il divorzio. Lui, che ha sposato in chiesa donna Assunta Stramandinoli, dopo la fine del precedente matrimonio con Gabriella Magnatti, sarebbe favorevole ma il MSI decide di affiancare la DC nella battaglia antidivorzista. In ogni caso il referendum è perso e nel 1975 il partito di Almirante scende ancora per attestarsi al 6 %. Il segretario è duramente contestato dalla corrente moderata che vorrebbe un più forte impegno nel dialogo con la Democrazia Cristiana e accusa Almirante di non isolare gli estremisti del MSI. Nel 1976, la corrente Democrazia Nazionale lascia il partito e, pur non riuscendo a presentarsi al paese come un’alternativa al MSI guidato da Almirante, certo gli pone un problema: quello della creazione di una destra moderna.

All’inizio degli anni Ottanta, Almirante è fra coloro che si battono per le riforme istituzionali, per la trasformazione del sistema politico italiano in una Repubblica presidenziale e per abrogare la legge sull’aborto. Intanto il paese è cambiato: alla guida del governo per la prima volta c’è un socialista che in Parlamento annuncia che accoglierà il sostegno di tutti i partiti senza pregiudiziali nei confronti di nessuno. La strategia della tensione è ormai lontana e l’Italia è un paese meno ideologico e ideologizzato. Colto da un malore nell’estate del 1986, Almirante dichiara che lascerà la politica l’anno successivo, ma lo scioglimento delle Camere e le elezioni politiche dell’estate 1987 lo costringono a restare fino all’autunno. Nel dicembre del 1987 Almirante nomina il giovane Gianfranco Fini suo successore, dichiarando che nessuno potrà dare del fascista a chi è nato nel dopoguerra.

Almirante è morto il 22 maggio del 1988, un giorno dopo la morte di Pino Romualdi. I due leader missini hanno avuto esequie comuni nella Chiesa di S. Agnese in Agone a Roma. A rendere loro omaggio ci furono anche i dirigenti del partito comunista italiano, Nilde Jotti e Giancarlo Pajetta.

Anonimo ha detto...

Ho preferito non intervenire prima sull'argomento,avendolo fatto in altra parte del blog.
Ma,leggendo gli interventi più recenti,vorrei aggiungere qualcosa per cercare di smentire chi si arrampica sugli specchi,attribuendo ad Almirante paternità che non merita.
E' vero che Almirante ha compiuto grandi sforzi per modernizzare la Destra.E chi può dimenticare il 1983 quando,celebrando ,anche con grande sforzo culturale, il centenario della nascita di Benito Mussolini,egli intese consegnare alla Storia il dibattito sul Fascismo?
Ma,e lo ribadisco una volta per tutte,Almirante non intendeva rinnegare nulla.Voleva semmai attualizzare le idee migliori dell'esperienza fascista ponendo il MSI a capo di una Destra sbandata e piena di equivoci.
Non desiderava certamente consegnare il partito,legato mani e piedi,ad un imprenditore calato in politica ed ammalato di cesarismo e far scomparire del tutto nomi e simboli che rappresentavano la continuità ideale col passato.
La politica come la natura non fa salti e niente nasce dal nulla.
In conclusione,prego i novelli esegeti di Almirante di non spacciare patacche per cercare di nobilitare il loro gesto omicida tirando in ballo chi non può più rispondere.
Lorenzo Catamo

Anonimo ha detto...

E che ne pensi, Caro Lorenzo, di una componente sociale e popolare ispirata agli ideali del glorioso msi...attualizzata nella forma della società moderna, che sia "alleata o alleata federata", con una propria struttura politica e associativo-culturale ed un proprio programma (federando tutta la provincia di lecce), al pdl a livello nazionale (e di volta in volta anche nelle esperienze politiche e amministrative degli enti locali), che però integri e vada oltre l'esperienza elettorale de La destra? Gianpiero Persano Salice

Anonimo ha detto...

Dopo aver risposto a Persano che l'idea di una aggregazione locale federata con il PDL mi sembra alquanto velleitaria,perchè richiederebbe una struttura organizzativa inimmaginabile,entro in una questione che mi sta molto di più a cuore.
Vi è piaciuto Gianfranco Fini che ha definito vergognose le frasi scritte a ventotto anni e in pieno regime fascista da Giorgio Almirante a proposito di antisemitismo e si è dimenticato,per la sua smania di esibizionismo,di aggiungere che lo stesso Almirante,in più di quarant'anni di democrazia vissuti da protagonista,aveva fatto ampia ammenda di quelle frasi?
Lui che è stato una specie di figlio adottivo di Giorgio Almirante(anche i grandi sbagliano) e favorito a tal punto da essere scelto a segretario nazionale del Fronte della Gioventù,nonostante fosse impopolare tra i giovani,non ha mai avuto modo di dirlo al suo maestro?
E' questo il ringraziamento per essere stato tolto dalla disoccupazione nel 1983 e mandato in Parlamento?
E quell'altro,il Gianni Alemanno che considera i quindicimila ebrei romani(su duemilioniottocentomila abitanti)come la sua Commissione toponomastica che deve dargli il nullaosta per intitolare una via a Giorgio Almirante?
Personalmente,da vice sindaco di Veglie,nel 2001 ho fatto intitolare una via ad Almirante e nessun ebreo si è opposto!Come dice donna Assunta vi sono oltre duecento comuni in Italia che hanno provveduto come a Veglie e non è successo nulla.
Perchè non vi vergognate un poco ad aver affidato il vostro destino politico a personaggi che oltraggiano anche i loro morti?
Ho fatto bene ad andarmene e sono felice della mia scelta,non avendo nessuna intenzione di tornare indietro.
Lorenzo Catamo

Anonimo ha detto...

E adesso, ragazzuoli, come la mettiamo?

Almirante, Fini prende le distanze
"Da lui frasi razziste vergognose"

ROMA - Si allontana la "riabilitazione" di Giorgio Almirante e la possibilità che il comune di Roma, come ha proposto nei giorni scorsi il sindaco Gianni Alemanno, gli intitoli una strada cittadina. "Quelle che abbiamo ascoltato posso dire senza esitazioni che sono frasi vergognose che esprimono un sentimento razzista che, in quegli anni dopo la guerra, albergava in tanti, troppi esponenti che si collocavano a destra e, in altri casi, in altre formazioni politiche". Con queste parole nette il presidente della Camera, Gianfranco Fini, rispondendo al deputato del Pd, Emanuele Fiano, ha preso le distanze dalle posizioni espresse nel 1942 dal futuro leader del Movimento sociale italiano.

A chiedere un pronunciamento di Fini, che negli anni '90 di Almirante è stato il successore alla segreteria del Msi, era stato il parlamentare del Pd Emanuele Fiano, dopo aver letto in aula a Montecitorio uno stralcio di un articolo firmato da Almirante sulla 'Difesa della razza', giornale di cui Almirante era vicedirettore.

"Ho visto dei manifesti a Milano, la mia città - aveva esordito Fiano parlando a Montecitorio - secondo cui noi italiani dovremmo essere orgogliosi di Giorgio Almirante, di cui dovremmo ricordare la figura. Voglio farlo anch'io leggendo un suo testo autografo pubblicato il 5 maggio 1942 sul periodico 'La difesa della razza'", di cui l'ex leader del Msi era vicedirettore".

Dopo aver letto il breve testo sul razzismo, Fiano ha concluso: "Ringrazio chi ha avuto l'idea di dedicare una strada a Giorgio Almirante per non dimenticare. In effetti noi non lo dimenticheremo mai...". Fini ha ascoltato Fiano, che parlava nel giorno in cui alla Camera è prevista la cerimonia di presentazione dei discorsi parlamentari di Giorgio Almirante, del quale ricorre in questi giorni il ventennale della morte. Dopodiché ha fatto i suoi rilevi che sono stati applauditi dall'Assemblea.

Anonimo ha detto...

« Vivi come se tu dovessi morire subito. Pensa come se tu non dovessi morire mai. »

Anonimo ha detto...

E perchè mai dovrebbe essere una visione velleitaria, dal momento che sto parlando di una forza alleata del pdl e federata al suo interno con tutta una serie di associazioni e movimenti culturali di cui la destra salentina dovrebbe essere dotata, che vada oltre La Destra di Storace e Santanchè...allora devo dedurre che anche l'organizzazione de La Destra per come si è strutturata nel territorio regionale e provinciale è risultata velleitaria(almeno così riesco a intendere da come mi rispondi). Comunque di visioni o idee velleitarie ne esistono a iosa nel panorama politico...anche in quello locale..., l'importante è crederci ed attivarsi. A proposito di questi giorni di dibattito politico intorno al ventennale dalla scomparsa di Giorgio Almirante, mi pare di ricordare che lo stesso Segretario del Movimento Sociale Italiano ebbe a dire ai suoi "delfini e colonnelli" di allora che questi ultimi non potevano e non dovevano considerarsi e farsi definire fascisti dal momento che erano nati tutti nel dopoguerra e non potevano saperne nulla degli anni del ventennio e della Repubblica Sociale di Salò. Quindi mi pare che fu lo stesso Almirante a consegnare tutto alla storia e a ritrattare moralmente quello scritto del 1942. Ciò che Fini forse ora sta facendo, e mi permetto di dire che vedo una certa continuità nella volontà di costruire una destra moderna che guarda al futuro, quello che Almirante voleva dai suoi "ragazzi già allora delfini e colonnelli" come la storia di AN ci insegna. Poi ad ognuno il suo parere, compresa la risposta "velleitaria".
Gianpiero Persano - Salice

Anonimo ha detto...

Caro CATAMO,

mi sembra che le cose stiano un po' diversamente.

Iniziamo dal Sindaco ALEMANNO.

Ieri ha evidenziato che le decisioni sulla toponomastica le assumerà la giunta e che NON le aveva affatto commissionato alla comunità ebraica di Roma.
Tanto è vero che questa sua fermezza è stata oggetto di dure contestazioni nell'assemblea, nei sit-in e nei cortei svolti ieri dai Collettivi studenteschi alla Sapienza di Roma, e, nello stesso tempo, di apprezzamento della vedova Almirante, di Baget Bozzo e di Andreotti (solo per citare i principali).
Poi, spero che non ti cruccerai se mi permetto di farti notare che Roma per abitanti, importanza e ricaduta sui media è circa cento volte più grande di Veglie e che c'è un abisso tra il dedicare una strada ad Almirante nel tuo meraviglioso paese (ricordo con golosità l'agriturismo de La Porcara) e farlo nella Capitale d'Italia.

Per quanto riguarda FINI, invece, è successo questo.

Ieri il deputato del PD Emanuele FIANO per guastare la presentazione in pompa magna (con Fini, Cossiga, Violante e Malgieri) dei 5 volumi coi discorsi completi di Almirante al Parlamento nelle prestigiose edizioni della Camera dei Deputati, ha letto quanto Almirante scriveva 70 anni fa' sulla Difesa della Razza al fine di tener viva una coscienza razzista per non fare "il gioco di meticci ed ebrei".
Sicché FINI gli ha replicato STORICIZZANDO le suddette espressioni incriminate di ALMIRANTE in perfetto stile almirantiano (quando gli contestavano in tv o sulla stampa di essere fascista):

"Credo che a Lei faccia piacere, onorevole Fiano, se dico che sono certamente vergognose le frasi che Lei ha letto e che esprimono un sentimento razzista che purtroppo in quell'epoca tragica albergava in tanti e troppi esponenti che in alcuni casi si allocavano a destra, in altri DENTRO ALTRE FORMAZIONI POLITICHE".(alludendo ai vari Taviani, Fanfani, Bocca, Eugenio Scalfari ecc. sbugiardati nei libri di Nino Tripodi e di Ciarrapico "Camerata dove sei?").
Insomma, non mi sembra affatto che abbia rinnegato il suo maestro.
Non ti far ingannare dai titoli ad effetto e dai ricami giornalistici.

Poi non c'è mai stato bisogno nel Msi di contestare quelle frasi ad Almirante perché lui per primo, sia nelle tribune politiche che in interviste televisive informali (tipo con Roberto Gervasio nel 1983), chiedeva scusa per la sua collaborazione ai periodici razzisti di quel tempo. Inoltre, Almirante ha sempre rivendicato di aver salvato la vita ai suoi amici ebrei di Torino che poi, caduto il Fascismo, gli ricambiarono il favore sottraendolo alla caccia dei partigiani.

Sull'argomento Ti suggerisco i commenti apparsi stamani su Il Secolo d'Italia e su Il Foglio che sono più aderenti ai fatti.



Infine, ne approfitto per sottolineare un'altra cosa positiva e non democristiana dei nostri rappresentanti nel Governo Berlusconi. L'intervento a schiena diritta di Alfredo Mantovano per rispondere alle interrogazioni parlamentari sugli scontri alla Sapienza. La sinistra si ostinava a ritenerle frutto di un agguato (e se sui banchi del governo ci fossero stati i democristiani puoi star certo che avrebbero sposato le ricostruzioni della sinistra) e Mantovano, invece, gli ha replicato a muso duro e con tanto di rigore documentativo che si era trattato di UNA RISSA.

Non sono piccoli dettagli, caro Catamo.

Il BUON GIORGIO si vede dal mattino, da come si comincia.

Con sempreverde stima cameratesca

Francesco Martucci

29 maggio, 2008 12:59

Anonimo ha detto...

“Ma l'antisemitismo fu il frutto dell'alleanza con Hitler”
Ripensare la storia raccontando la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità è doveroso per chi voglia agire nel segno e nel senso della Grande Politica. Assumersi la «responsabilità» del passato - con onori e oneri - significa non avere più lo sguardo intorbidato da risentimenti, nostalgie, sensi di colpa, e rivendicare così il diritto a costruire il futuro.Con l'auspicio di una memoria condivisa che non faccia sconti: tutti coloro che sono in qualche modo figli o nipoti delle ideologie hanno infatti da pagare un «conto». E dunque hanno, in qualche modo, l'obbligo di raccontare e di raccontarsi. Nessun rinnegamento, nessuna svendita, anche perché non si buttano via pezzi di vita: ma assunzione critica - ed alta - di responsabilità, in vista della costruzione di una comunità operosa e concorde, in cui la rivendicazione identitaria forte non significhi discriminazione e persecuzione.
La verità, dunque: ma in quanti la vogliono «davvero»? La verità, entrando nel merito del dibattito che anima in queste ore la politica e la cultura italiane, «è» che Almirante ha scritto per La Difesa della Razza parole di virulento antisemitismo. Possiamo contestualizzare, certo, entrare in «quella» storia, collocare certe espressioni in «quella» atmosfera, scavare in «quella» realtà già proiettata verso la guerra civile europea, motivare, argomentare ecc.
E tuttavia scripta manent, parola su parola, pietra su pietra. E Fini, condannando, non ha ucciso il «Padre». Perché di quel «Padre» conosce anche l'altra verità. E cioè che nel dopoguerra, Almirante prese - e in modo fortemente critico e autocritico - le distanze da ogni forma di razzismo e antisemitismo e che, negli anni dell'odio e del piombo, pur crocefisso all'arco costituzionale, continuò a lavorare per la democrazia, per la libertà di tutti, per la pacificazione nazionale, mettendo ai margini con durezza (ed era difficile farlo in mezzo a tanti «camerati» pestati o uccisi) quella destra radicale che in lui finì per vedere addirittura un antifascista, addirittura un obbiettivo da abbattere.
Forse non è «politicamente corretto» ricordarlo, ma le cose stanno in questo modo. Quanto a fascismo e antisemitismo, basta rileggere il celebre saggio di Renzo De Felice (Storia degli ebrei sotto il fascismo, Einaudi, 1961), per mettere a fuoco un quadro quanto meno complesso. E cioè quello di un regime che, prima di allearsi con Hitler, aveva avuto ebrei nei suoi ranghi (ce n'erano stati tra i sansepolcristi e tra gli squadristi - duecento - ed era ebreo Aldo Finzi, sottosegretario agli Interni nel primo ministero Mussolini), lanciato sarcastici strali contro le teorie razziste, isolato un fanatico come Giovanni Preziosi, direttore del foglio antisemita La Vita Italiana.
Bene, ecco che quel regime che aveva goduto anche di simpatie presso buona parte del mondo ebraico internazionale, nel '38, per trovare una perfetta sinergia con l'alleato tedesco, si appiattisce sulle teorie crociuncinate, sposandone materialismo biologico e antisemitismo, fino al Manifesto e alle leggi razziali del 1938.
Ora, se è vero che la maggioranza degli Italiani - e dei fascisti - non si convertì a un antisemitismo che le era estraneo, è altrettanto vero che gli intellettuali si segnalarono spesso per opportunismo e per viltà. Non tutti: ad esempio, due «pezzi grossi» della cultura fascista come Gentile e Marinetti (che sarebbero stati fedeli al Duce fino all'ultimo: e Gentile avrebbe pagato questa fedeltà con la vita) non sposarono mai le tesi antisemite. Il famoso endocrinologo Nicola Pende fu invece uno degli estensori del Manifesto degli scienziati, pubblicato il 14 luglio 1938, che «aveva lo scopo di offrire la piattaforma scientifico-ideologica all'antisemitismo di Stato» (De Felice) e due illustri medici come Padre Agostino Gemelli, fondatore e rettore dell'Università Cattolica di Milano, e Luigi Gedda, futuro fondatore dei Comitati Civici (1948) e presidente dell'Azione Cattolica Italiana (1951-59), si mostrarono in sintonia con la «genetica» di Regime.
Per non parlare di uno scrittore come Guido Piovene che, recensendo sul Corriere della Sera (1° novembre 1938) il libro di Telesio Interlandi Contra Judeos scrisse tra l'altro: «Gli ebrei possono essere solo nemici e sopraffattori della nazione che li ospita. Di sangue diverso e coscienti dei loro vincoli, non possono che collegarsi contro la razza aliena». Mentre il futuro capo Dc, Amintore Fanfani, sulla Rivista internazionale di scienze sociali (maggio 1939), avrebbe sentenziato: «Per la potenza e il futuro della nazione gli italiani debbono essere razzialmente puri».
Mario Bernardi Guardi
Fonte: articolo tratto de Il Tempo del 29/05/2008

Anonimo ha detto...

Mi scuso con il gestore e moderatore del blog per l'anonimato di prima, ma ci tengo a precisare che il post del 29 maggio delle ore 13.26 l'ho inviato io dopo aver letto l'articolo de IL TEMPO, perchè mi è sembrato utile al dibattito in corso.
Gianpiero Persano - Salice

Anonimo ha detto...

Oggi quel grand'uomno di Blasi, sindaco di Melendugno e segretario provinciale del PD si è dimesso perchè il PD è diviso.
Signori si nasce.
Altro stile, altra musica in An dove Lisi che ha ridotto a brandelli il partito, non solo non pensa proprio di dimettersi ma non si pone neanche il problema.....
Fate qualcosa almeno voi di Destra di Base.

Giuseppe da Lecce

Anonimo ha detto...

Almirante impersonificava tutti i valori e le caratteristiche di un vero uomo di destra.
Ugo Lisi quali valori impersonifica con le sue ormai normali assenze in Parlamento e con la sua inconsistenza politica sul territorio?

Ha nominato l'avv. Antonio De Giorgi responsabile provinciale del dipartimento giustizia di An...
Peccato che, grazie a lui, a Lisi, An non esiste praticamente più sul territorio.
Cosa aspetta la Poli a cacciarlo via?

Mimino G.
Presicce

Anonimo ha detto...

Complimenti a Fini x aver detto che alcune frasi scritte da Almirante nel 42 su un giornale sono razziste!Peccato che in quel giornale scriveva uno come Eugenio Scalfari,uno che prima era fascista,oggi invece e un comunista incallito!
Saluti ad Adriano
Flavio dalla Svizzera!

Anonimo ha detto...

Complimenti a Fini x aver detto che Almirante nel 42 disse frasi razziste su di un giornale dove scriveva persino Eugenio Scalfari,oggi comunista!
Flavio dalla Svizzera

Anonimo ha detto...

Perché le energie alternative rispettino noi, il paesaggio, l'ambiente....

Scendi in campo anche tu per le energie alternative adatte al paesaggio.... di SI all'energia pulita e NO alla deturpazione del territorio. Firma anche tu, per salvare una delle parti più belle del Salento !

Non siamo contro l'eolico. Siamo contro l'eolico vicino alla costa e/o ad aree paesagistiche ad alto valore ambientale e faunistico.

Questo il link: http://firmiamo.it/bastaeolicoselvaggio

Anonimo ha detto...

adriano, batti un colpo se ci sei.
mi sembra che questo blog si stia ammosciando alquanto.
Lucio

Anonimo ha detto...

ma invece di parlare di almirante, perchè non parliamo un po' della situazione attuale del nostro partito e di come viene gestita la federazione provinciale?

lucio

Anonimo ha detto...

Caro LUCIO,
Almirante è importante:
per non sbiadire le nostre radici e per restare all'attualità di una campagna stampa contro l'intitolazione a Lui di una strada a Roma, come proposto da Gianni Alemanno.
Bada bene, diffamano Almirante, deridono, insultano e minacciano Alemanno, ma in realtà il culturame di centrosinistra con ogni mezzo possibile ed immaginabile vuol impedire questa intitolazione per prendersi una rivincita ai nostri danni.
Perciò dobbiamo capire che non si tratta di una battaglia di retroguardia o di lana caprina, bensì di affermare la piena agibilità e legittimità democratica della nostra forza politica.
E' proprio il caso di specificare:
Boia chi molla!
Francesco Martucci

Anonimo ha detto...

DAL M.S.I. A ALLEANZA NAZIONALE

"VIVI COME SE TU DOVESSI MORIRE SUBITO, PENSA COME SE TU NON DOVESSI MORIRE MAI"

Giorgio Almirante


Il Movimento Sociale Italiano nasce ufficialmente il 26 dicembre 1946, giorno di S.Stefano. E' un periodo caldo dell'intera storia italiana del Novecento perché subito seguente alla fine del secondo conflitto mondiale che ha segnato la fine dei regimi dell'Asse e la vittoria delle forze angloamericane e sovietiche. Una guerra lunga, conclusasi disastrosamente per l'Italia, almeno a partire da quel fatidico e maledetto 8 settembre 1943, giorno della "morte della Patria" come definì azzeccatamente Ernesto Galli della Loggia. Giorno che vide l'Italia spaccarsi nettamente, tra chi si affiancò alla lotta partigiana e chi volle invece mantenere il senso dell'onore e della fedeltà aderendo alla RSI di Salò.Giorno che diede inizio ad una sanguinosa guerra civile, uno dei periodi più bui e dimenticati della nostra storia. E non poteva che nascere dalle "ceneri" della Repubblica Sociale il nuovo movimento che in seguito avrebbe occupato un posto importante, di prestigio all'interno dello scenario politico nazionale, seppur passando tra mille difficoltà e travagli. Fu proprio un gruppo di reduci "repubblichini", sopravissuti alla Resistenza, a dare vita, nello studio di Arturo Michelini, al MSI.

Suo primo segretario è Giorgio Almirante, all'epoca trentaduenne. Un uomo storico, di origini umili. Il primo atto che dà davvero inizio all'esperienza del nuovo soggetto politico fu quello di chiamare a raccolta tutti i lavoratori, indipendentemente dalle appartenenze politiche evidenziando in questo modo non soltanto una certa continuità programmatica con i "punti" che avevano segnato l'esperienza di Salò ma anche una prima spinta verso quella che si può definire la vera e unica vocazione storica della Destra: sociale. Un movimento che nasce come "movimento degli italiani", di tutti gli italiani, portatore fin da subito di valori quali la giustizia sociale, la solidarietà, credendo nella volontà e nell'onore. Un movimento che si batte per raggiungere quella tanto agognata pacificazione nazionale che inseguiamo ancora adesso, a distanza di addirittura mezzo secolo, che segnerebbe la fine , quella vera,della guerra civile in Italia, con tutto il suo carico di odi e rancori che persistono ancor'oggi.

Tutti questi valori troveranno forma in un primo programma caratterizzato da quattro punti principali: superamento della logica della guerra civile, concertazione di tutte le categorie lavorative, partecipazione attiva del cittadino alla vita politica della Nazione e, per ultimo, la rivendicazione delle terre irridente come Trieste e integrità territoriale dell'Italia.

I congresso, giugno 1948, Napoli

La sinistra interna, con Almirante in prima fila, è protagonista della relazione riguardante la politica sociale ed economica che darà inizio all'ambizioso progetto dello Stato nazionale del Lavoro, che sia al contempo distante da propositi nazionalistici e socialisti (la cosiddetta "terza via"). Un congresso che segna la ferma condanna della violenza politica nonché, soprattutto, la piena accettazione del sistema democratico, instauratosi al termine della guerra. Importante è anche il ruolo di Augusto De Marsanich che, coniando la celebre formula "Non rinnegare, non restaurare", cerca di trovare una mediazione tra l'esigenza di continuità col fascismo e la necessità di inserimento nella logica democratica. Il congresso vede Giorgio Almirante confermato alla segreteria nazionale.

II congresso, Roma, 1949

Si registrano i primi contrasti tra i vertici del partito e la base militante allorché il dibattito è concentrato principalmente, per questo secondo appuntamento congressuale, sulla partecipazione o meno dell'Italia all'Alleanza Atlantica. Un'ostilità giustificata da una parte con la rievocazione del mito fascista della Terza Via, contrastata dall'altra con la necessità di allacciarsi con le altre forze anticomuniste "sfumando" i richiami al fascismo. Nonostante questo, Almirante rimane alla guida del partito in "coabitazione" con la fazione moderata capeggiata da Michelini e De Marsanich.

III congresso, luglio 1952, L'Aquila

Il partito si presenta al terzo congresso della sua storia con un importante novità: la nomina di De Marsanich nel ruolo di segretario nazionale, conseguentemente alle dimissioni di Almirante. E' anche l'anno della promulgazione della famigerata legge Scelba che vieta la ricostituzione del partito fascista. Esemplare, si può dire, il comportamento di Almirante che alla Camera inscena una sorta di ostruzionismo parlamentare che rallenti, in ogni caso, l'iter della legge tanto contestata. Al congresso, la sinistra interna riesce a far approvare una modifica allo Statuto che sancisce la vocazione repubblicana del Msi. In generale, fra il ‘48 e il ‘53, il Movimento conquista una presenza stabile nella politica italiana, non riuscendo ancora tuttavia a superare alcuni spinosi dilemmi sulla sua reale identità collettiva. Occorre scegliere tra una percorso di continuità rispetto all'esperienza fascista ,e rivendicarne la legittimità (d'altronde, questa era stata la strada iniziale intrapresa dai suoi fondatori), e un percorso invece di modifica degli scopi ufficiali per inserirsi a pieno titolo nel sistema, e quindi a destra della Dc. Ma i tempi per la risoluzione di questo grande dubbio non sono ancora maturi.

VI congresso, 1960, Genova

Il congresso dell'umiliazione. La città genovese è teatro di violenti tumulti, scatenati dalla sinistra, che impediscono lo svolgimento regolare dell'assise missina. Nonostante questo, l'elettorato reagisce facendo balzare il partito al 5.9 % alle elezioni provinciali del novembre 1960. Il partito si scaglia contro il cedimento democristiano alle sinistre e così fallisce miseramente il progetto di Michelini che ,con il compromesso raggiunto con la sinistra interna di Almirante, diede sostanza a quella politica d'inserimento che portò il Msi a votare nel '57 per il governo Dc di Zoli in funzione anti-sinistre.

"Dalla strategia dell’inserimento all’alternativa al sistema"

Anni Settanta, anni caldi della politica italiana con scontri purtroppo non limitati esclusivamente alle parole e al confronto democratico, come dimostreranno i numerosi episodi di violenza che lasceranno sul campo un cospicuo numero di giovani, colpevoli soltanto di pensare liberamente.

Ma è il 1968 la data cruciale che segna un profondo cambiamento nei modi di fare politica ed è sempre da questa data che prenderà il via, poco tempo dopo, la terribile e sanguinosa stagione del terrorismo.

Allo scoppio dei moti giovanili del ’68 la giovane destra è assai attiva e, anzi si propone come anima protagonista all’interno della variopinta contestazione. Una giovane destra decisa quindi ad inserirsi a pieno titolo nelle lotte studentesche e a cercare di trovare una nuova dimensione dove stabilirsi e da vivere finalmente in maniera attiva. Non così la pensano invece i vertici del MSI, decisi a riportare il partito sui tradizionali binari dell’ordine e della legalità. Una strategia che finirà per impedire di fatto anche solo la presenza di ragazzi di destra negli atenei e a rendere la vita a dir poco difficile a tutti gli studenti missini. Paradossalmente il freno posto dai vertici del partito all’entusiasmo giovanile spiana la strada dell’egemonizzazione, compiuta abilmente, da parte della sinistra che di fatto marxistizzerà la protesta studentesca.

Il 1969 è l’anno della morte di Arturo Michelini, fondatore e segretario del Movimento sociale, e che aprirà l’era Almirante destinata a lasciare un’impronta indelebile nella storia della destra italiana. Il nuovo segretario, vicino agli ideali che avevano contraddistinto il fascismo di Salò, cerca subito di recuperare tutte le forze della destra politica, tentando di riorganizzarle e successivamente dando il via all’opera di defascistizzazione del partito con l’abbandono delle vecchie parole d’ordine. C’è insomma la volontà di cambiare pagina rispetto al passato, di dare al partito uno spirito più movimentista e di dare nuova linfa a tutto l’ambiente.

L’opera rinnovatrice di Almirante vede subito i suoi frutti nel 1971 quando il MSI raggiunge il più alto risultato elettorale di sempre passando dall’8.2% al 13,9% alle amministrative. E’ ovviamente un risultato che spiazza clamorosamente i vertici del sistema, la Dc quindi, che se prima, con la fondamentale opera di collaborazione di Michelini(strategia dell’inserimento nel sistema), aveva raggiunto un buon rapporto con il MSI, ora opta per una chiusura netta nei confronti del MSI, ritornato al prestigio. Almirante è quindi costretto a ritornare sui propri passi e il MSI abbandona la strada, risultata impervia, della strategia dell’inserimento per ritornare al vecchio movimentismo di protesta al sistema.

Anche sul piano culturale è un periodo molto caldo. Si evolvono infatti le teorie della "nuova destra", ideata dallo studioso fiorentino Marco Tarchi, che riprende temi ormai fatti propri dalla sinistra come l’ecologia e la questione ambientale. C’è da più parti persino la volontà di intraprendere la via del dialogo con i giovani della sinistra, cercando di mettere da parte vecchi odi e rancori (tesi proposta da Pino Rauti). Ma gli anni Settanta sono soprattutto gli anni della violenza politica che si manifesta nelle strade, nelle sezioni, nelle scuole e nelle università. Sono gli anni del terrore di uscire di casa e di non tornare più, dell’andare a scuola e sentirsi ripetutamente offeso, non solo verbalmente, per il semplice e aberrante motivo di non pensarla come la massa, del rimanere asserragliati dentro la propria sezione e cercare in tutti i modi di difendere essa e la propria pelle. Gli anni Settanta segnano l’eroismo e il sacrificio pagato col sangue di molti ragazzi del Fronte. Vale la pena quindi di ricordare quello di Sergio Ramelli, sprangato a colpi di chiave inglese sotto casa da un commando di Avanguardia Operaia. Seguirono ben 47 lunghi, strazianti giorni di agonia che termineranno il 29 aprile 1975 con la morte del camerata milanese. E quello di Acca Larentia (Roma), dove prima un commando dell’estrema sinistra falcia a colpi di pistola Francesco Ciavatta e Francesco Cecchin poi un agente di polizia, intervenuto sul posto dopo attimi di tensione, centra la testa di Stefano Recchioni lasciandolo senza vita.Proprio la strage di Acca Larentia segna un punto di svolta per la giovane destra: alcune frange si daranno alla lotta armata. Soltanto due di altri numerosissimi episodi di sangue che videro decine di giovani cadere nelle strade sotto i colpi dell’antifascismo militante.

Intanto anche a destra iniziano a prendere corpo sempre di più alcune tematiche che in seguito costituiranno l’asse portante dell’intero movimento. Si inizia a discutere di lotta alla droga, all’immigrazione. Sempre più influente è la linea rautiana che predica il famoso "sfondamento a sinistra", riallacciandosi dunque al fascismo più "eretico", più spostato a sinistra.

Il congresso nazionale del FdG nel 1977 designa Gianfranco Fini, volto emergente della destra italiana, quale presidente nazionale del movimento seppur egli fosse giunto solo quinto nella graduatoria delle preferenze dei votanti. E’ lo stesso Almirante, servendosi del sistema di elezione allora vigente, che lo preferisce agli altri 4, tra i quali Marco Tarchi. Fini ha 35 anni.

L’ascesa del nuovo personaggio raggiunge il suo apice nel 1987 quando ancora Almirante, ormai affaticato per evidenti ragioni d’età, gli consegna il testimone della guida del partito che esclusa la parentesi(durata un anno) del 1990 con l’elezione di Pino Rauti a segretario del MSI, continuerà a ricoprire fino alla fondazione del nuovo soggetto politico denominato Alleanza Nazionale.

Nel 1989 c’è il grande evento che cambierà radicalmente la geopolitica internazionale, aprendo finalmente l’Europa a nuovi orizzonti di crescita e soprattutto alla ricerca di un’identità stabile: crolla il muro di Berlino. Crolla l’ultima folle e aberrante ideologia del secolo aprendo nuovi spiragli di libertà e di sviluppo economico all’Europa. Gli anni Novanta segnano infine l’avvento delle prime leghe (Lega lombarda, Lega veneta…)che si appropriano di battaglie da sempre appartenute alla destra come l’immigrazione e la difesa dell’identità nazionale.

·IX congresso, Roma, 21-23 novembre 1970

Il nuovo leader Giorgio Almirante, forte dell’appoggio della base, fonda la sua strategia su un forte anticomunismo, da manifestarsi soprattutto nelle piazze, per contrastare la presenza dominante delle sinistre, e sull’abbandono delle vecchie e nostalgiche parole d’ordine. Straordinario il successo elettorale delle amministrative del ’71: il MSI passa al 13,9%

·X congresso, Roma, 18-21 gennaio 1973

Si celebra la nascita della Destra nazionale, cui Almirante cerca di dare riferimenti culturali e ideologici più sfumati rispetto a quelli rigidi fino a quel momento ancorati all’esperienza fascista. Nascono allo scopo nuove riviste come "La Destra", "Intervento".

·XV congresso, Sorrento, dicembre 1987

Avviene il passaggio del testimone tra Almirante e il delfino Gianfranco Fini. Una scleta che di fatto frantuma la vecchia componente almirantiana. Vince la corrente "Destra in movimento" che appunto sostiene Fini. Dall’altra parte la corrente più importante è quella che fa capo a Pino Rauti "Andare oltre" che propone una fine degli odi e rancori seguenti al lungo dopoguerra, che riparta da un dialogo a tutto campo con le forze politiche insistendo su un’identità che allarghi i confini della destra. Il confronto divide a metà il partito: 53,6% a Fini e 44,8% a Rauti.

·XVI congresso, Rimini, 11-14 gennaio 1990

Il congresso si apre e gli ex colonnelli di Almirante, verso i quali Fini manifesta già segni di insofferenza, offrono la segreteria del partito a Pino Rauti il quale vince sul rivale per una cinquantina di voti (744 contro 697). Lo scarso risultato elettorale del maggio ’90 alle Regionali e una certa diffidenza dell’elettorato verso le tesi aperturiste di Rauti spingono il leader a dimettersi dalla segreteria e a riconsegnare la guida a Gianfranco Fini.

"La fondazione di Alleanza Nazionale"

Gli anni Novanta sono anni difficili per il MSI. Di fronte al logico cambiamento all’interno della società la Destra italiana si trova impreparata ad affrontare, nella maniera adeguata, le nuove sfide dell’epoca. Manca cioè degli strumenti necessari per governare i nuovi scenari. Si assiste a importanti stravolgimenti soprattutto in campo politico con la morte del consociativismo, che vuol dire il tramonto dei due grandi partiti del secondo dopoguerra, la Dc e il Partito comunista. Il Nord è in fermento: nasce il movimento della Lega lombarda (l’attuale Lega Nord) che contribuirà pesantemente al sovvertimento del vecchio e superato sistema politico italiano. Per la prima volta nella storia ci si trova davanti ad un movimento politico che fa della contrapposizione Nord-Sud la propria bandiera fondamentale. Un movimento che in seguito farà proprie altre battaglie storicamente appartenute all’area missina come quella sull’immigrazione e la difesa del territorio. Sulla situazione italiana si abbatte il ciclone Tangentopoli con lo storico leader socialista Bettino Craxi al centro di roventi indagini e polveroni.

Come detto all’inizio, il MSI non riesce a governare la nuova fase storica e le Regionali del maggio ’90 mettono in evidenza ulteriormente le carenze a livello politico-strategico del partito come dimostra il misero 3,9% di preferenze ottenute. Dentro il partito è tempo di riflessione, di profonda incertezza legata a quello che ne potrebbe essere del Movimento in futuro, ancora troppo ancorato ai vecchi e rigidi schemi tradizionali e incapace di elaborare una strategia realmente moderna e innovatrice. Anche nelle storiche roccaforti "nere" del Sud si perdono consensi, segno di un tramonto ormai prossimo. Pino Rauti, eletto poco più di quattro mesi prima dal congresso di Rimini, lascia la segreteria del partito e così anche buona parte dell’intera struttura dirigenziale. Tra le cause del fallimento del progetto rautiano, oltre all’inadeguatezza del partito ad affrontare le sfide strategiche che i tempi mutati imponevano, anche la diffidenza mostrata dall’elettorato verso le sue tesi aperturiste.

Si chiude così l’era del MSI e prende il via una nuova esperienza politica, un nuovo soggetto, denominato Alleanza Nazionale. Un soggetto che nasce sulle rovine delle battaglie perse del Movimento sociale, dotato di maggiore spinta innovatrice e ritrovata progettualità politica al passo con i tempi.

Non poco travagliato e difficile fu questa trasformazione del vecchio Movimento sociale. Un percorso non facile, segnato da scontri oltre che politici anche umani, determinati soprattutto dall’uscita di scena di Pino Rauti che andrà a formare la Fiamma Tricolore.

A Fiuggi, nel gennaio 1995, prende ufficialmente il via la nuova avventura post-missina. Viene stilato il nuovo documento ufficiale che costituirà la base programmatica di Alleanza Nazionale. In questo documento, tra le tante cose, si pone l’accento sul "problema" del nostalgismo, che coinvolge ancora una larga parte del partito. Vengono ripudiati razzismo e antisemitismo. Quanto all’esperienza fascista, che costituiva un forte richiamo storico per il MSI da cui comunque non si può prescindere se si vuole realmente fare un’analisi seria e profonda della storia del Movimento, ha inizio l’importante e necessaria fase di storicizzazione di quel periodo. Storicizzazione che permetterà, una volta per tutte, di fare luce su ogni aspetto che caratterizzò il Ventennio e di leggere l’epoca mussoliniana con spirito obiettivo, sgombro da pregiudizi ideologici e pure, se vogliamo, con spirito "revisionista".

C’è comunque molto delle idee e i valori che avevano caratterizzato il fascismo movimento, quello del 1919 poi riproposti nel corso della breve esperienza di Salò, nel documento programmatico di An. Si leggono voci che si rifanno alla vocazione sociale e popolare della destra e questo inciderà pesantemente sul futuro assetto del partito. Un partito plurale come dimostra la presenza di varie componenti all’interno: oltre a quella sociale e popolare, vi si trovano anche quella di stampo più liberista e quella di tipo più spostato al centro. Una varietà di anime che ha contribuito, ognuna portando avanti le proprie iniziative e battaglie, all’ascesa al governo di An, avvenuta il 13 maggio 2001, dopo la troppo breve esperienza del ’94

Anonimo ha detto...

Per chi vuo,saperne di più.....

GIORGIO ALMIRANTE

LA NOSTALGIA DELL’AVVENIRE


Giorgio Almirante nasce a Salsomaggiore, in provincia di Parma, il 27 giugno 1914 da Mario e Rita Armaroli. Il padre (1890-1964), attore, direttore di scena di Eleonora Duse e di Ruggero Ruggeri e poi regista del cinema muto, apparteneva ad una famiglia di attori e di patrioti, con ascendenti appartenenti all'alta nobiltà di Napoli (gli Almirante, duchi di Cerza Piccola dal 1691). Il primo Almirante a darsi alle scene fu il nonno di Mario, Pasquale (1799-1863), attore e patriota. Uno dei figli di Pasquale, Nunzio (1837- 1906), anch'egli attore e patriota, fu il padre del citato Mario, di Giacomo (1875-1944), di Ernesto (1877-1964) e di Luigi (1886-1963), tutti attori famosi, specialmente Luigi, considerato uno dei migliori attori italiani. Alla stessa famiglia apparteneva la
diva del cinema muto Italia Almirante Manzini (1890-1941), figlia di un altro attore e patriota figlio di Pasquale Almirante, Michele, e dunque cugina di Mario, il quale diresse molte delle pellicole da lei interpretate. Il piccolo Giorgio, nato a Salsomaggiore per caso (Sono nato dietro le quinte di un palcoscenico; non importa di quale città. Una settimana prima,
sarei nato altrove; una settimana dopo, mi battezzarono altrove, scrisse egli nella sua Autobiografia di un fucilatore, p. 15), vive quindi i suoi primi anni seguendo la famiglia da una città all'altra, fino a che gli Almirante si stabiliscono a Torino, dove egli frequenta la scuola elementare L. Fontana e il ginnasio-liceo Gioberti. Successivamente, si trasferisce con la famiglia (nel 1926 era nato suo fratello Luigi) a Roma, dove si iscrive all'università nella Facoltà di Lettere. Parallelamente agli studi, intraprende la carriera di cronista praticante (dal dicembre 1932) presso Il Tevere, quotidiano fascista diretto
all'epoca da Telesio Interlandi. Vi rimane fino al luglio 1943, ormai trentenne. Conseguita la laurea in lettere e l'abilitazione
all'insegnamento di materie classiche, dopo sei anni di praticantato gratuito, viene nominato da Interlandi caporedattore e, poco dopo, anche segretario di redazione della nuova rivista La Difesa della razza, inizialmente diretta dallo stesso Interlandi.
Cresciuto dunque in piena epoca fascista, come gran parte dei suoi coetanei milita nelle organizzazioni giovanili fasciste, ma durante il regime non va oltre la carica di fiduciario del GUF della facoltà di lettere dell'università di Roma. La
collaborazione alla Difesa della razza è, di tutta la sua vita, l'unica esperienza che sconfessa completamente, pur conservando un
ottimo ricordo di Interlandi. Inoltre, è noto che Almirante, durante il periodo della Repubblica di Salò, salverà dalla
deportazione in Germania un suo amico ebreo e la famiglia di questo, nascondendoli nella foresteria del ministero della Cultura popolare a Salò. Intanto, scoppia la seconda guerra mondiale, evento che vedrà Almirante coinvolto anima e corpo. Infatti, essendo stato richiamato alle armi come sottotenente di complemento di fanteria, viene mandato in Sardegna a comandare un
plotone di guardia alla costa, un compito non certo esaltante. Almirante, invece, desiderava partecipare attivamente alle
operazioni di guerra; si offre dunque volontario per il fronte dell'Africa settentrionale, e a tal fine si fa nominare
corrispondente di guerra. Raggiunge Bengasi alla fine dello stesso mese di giugno dove vive le alterne fasi della guerra fino a tutto il 1941, ottenendo la croce di guerra al valor militare. Tornato poi a Roma, riprende il suo posto di caporedattore de Il Tevere.
La mattina del 26 luglio 1943, però, Mussolini cade. Come politico sembra ormai del tutto finito. Numerose sono le defezioni fra i fascisti, molti dei quali passano improvvisamente al fronte democratico, comportamento che invece Almirante rifiuta. Rimane
dunque improvvisamente solo. Anche il suo ex direttore, Interlandi, viene arrestato. Ai primi di agosto Almirante risponde
ad una nuova chiamata alle armi, come tenente, presentandosi a Frosinone presso il suo vecchio reggimento di prima nomina. Là
viene sorpreso, è l'8 settembre, dalla notizia dell'armistizio; il giorno dopo, trovandosi a comandare provvisoriamente una
compagnia distaccata, viene abbandonato da superiori e sottoposti e preso dai tedeschi, dai quali ottiene però di arrendersi con l'onore delle armi e di essere lasciato libero; raggiunge allora il colonnello comandante dell'ormai dissolto reggimento e, una volta
ottenuta una formale licenza, torna Roma a piedi. Dopo il discorso di Mussolini alla radio di Monaco che invita ad un
ricompattamento dei fascisti e quello del maresciallo Graziani al teatro Adriano di Roma, compie la sua scelta di campo: si arruola
nella costituenda Guardia Nazionale Repubblicana con il grado di capomanipolo. Dopo pochi giorni di lavoro a Venezia, Almirante passa alla sede di Salò dove svolge varie mansioni: prima Capo di Gabinetto del Ministro della Cultura Popolare Fernando
Mezzasoma, poi attendente di Mussolini. La sua attività di funzionario ministeriale viene interrotta tra il novembre 1944 e il gennaio 1945 dalla sua partecipazione, come tenente comandante del reparto del Ministero della Cultura Popolare nella Brigata Nera Autonoma Ministeriale, alla campagna antipartigiana di Val d'Ossola, durante la quale però egli e i suoi uomini non hanno mai
occasione di partecipare ai combattimenti. Il 25 aprile 1945 Almirante, che ha seguito Mussolini e il ministro Mezzasoma a Milano, entra in clandestinità, a causa delle rovinosa caduta del fascismo. Rimane in questa condizione per più di un anno e mezzo.
Quando, il 26 dicembre 1946, nasce a Roma Il Movimento Sociale Italiano, il suo primo atto politico è di rivolgere agli italiani un appello alla ricostruzione. Alla riunione che consacra ufficialmente la costituzione del Partito, sotto il simbolo della Fiamma tricolore, sono presenti, in rappresentanza dei gruppi e delle organizzazioni che vi confluiscono, Arturo Michelini, Pino Romualdi,
Giorgio Almirante, Giorgio Bacchi e Giovanni Tonelli, direttore di Rivolta Ideale, un settimanale che rappresenta il primo concreto punto di riferimento per la propaganda esterna; la riunione è presieduta da Biagio Pace e Giorgio Almirante viene
nominato, poco dopo, Segretario della Giunta Esecutiva. Egli ricordò così la propria ascesa alla guida del MSI: ... gli amici che il 26 dicembre 1946 come segretario del partito scelsero proprio me, se per avventura non sbagliarono, non sbagliarono perché, istintivamente, non scelsero in me l'uomo politico ma l'uomo libero. Ero tra i più giovani, non avevo vincoli tassativi con un passato personale, perché la mia carriera politica in regime fascista non si era spinta più in là del Guf-Lettere di Roma, non avevo legami di ambiente, non avevo impegni professionali assorbenti perché, abbandonate le poco lucrose rappresentanze commerciali, mi arrangiavo quale professore in Lettere, sia presso un istituto privato sia attraverso qualche ripetizione che davo (latino e greco) nei locali stessi del partito, non disponendo di un ufficio e neanche di una dimora che mi permettesse di ricevere (Autobiografia di un fucilatore, pp. 162-163). Affluiscono nel nuovo partito ex combattenti, reduci dai campi di prigionia,
epurati, uomini e donne, giovani e anziani, ma soprattutto giovani, di tutte le condizioni sociali, decisi per affermare
sulla scena politica italiana la presenza e la continuità di valori ideali, morali, sociali, di interessi nazionali e di
principi etici della vita, della società e dello Stato. Nei primi mesi del 1947 Almirante organizzò le prime uscite pubbliche del
MSI. Nel settembre-ottobre dello stesso anno egli conduce a Roma la difficilissima campagna del MSI per le elezioni comunali del 12
ottobre: tutti i suoi trenta comizi furono violentemente interrotti dagli avversari, e l'ultimo, tenuto il 10 ottobre in
piazza Colonna, finì in una vera battaglia di piazza. il 12 ottobre il MSI aveva ottenuto a Roma la sua prima affermazione
elettorale: 24.903 voti (pari al 4 per cento) e tre consiglieri comunali eletti, i quali risultarono determinanti per
l'elezione di un sindaco non comunista. Nel 1948 Almirante conduce la campagna del MSI per le elezioni politiche del 18 aprile
compiendo, come avrebbe poi fatto in tutte le sue successive campagne elettorali politiche, un viaggio di propaganda in tutte
le circoscrizioni, e affrontando notevoli rischi (in Toscana poté parlare liberamente in un solo capoluogo di provincia su nove,
Lucca). Il MSI ottiene il 2 per cento dei voti ed entra in Parlamento con sei deputati (tra i quali Almirante, eletto nel
collegio unico nazionale e nella circoscrizione di Roma-Viterbo- Latina-Frosinone con 15.501 voti di preferenza) e un senatore.
Almirante - che in quella prima fase della storia del MSI rappresentava l'anima di sinistra del partito, sostenitore della
continuità ideale con il fascismo repubblicano – fu confermato segretario del MSI dopo i primi due congressi nazionali del
partito (Napoli, giugno 1948; Roma, giugno-luglio 1949), trovando una sintesi ideologica tra socializzatori e corporativisti. Nel
1952, entra nel comitato direttivo del nuovo quotidiano di area missina - non ancora organo ufficiale del partito - Il Secolo
d'Italia (fondato nel maggio 1952), e dall'11 ottobre 1953 è condirettore del giornale insieme a Franz Turchi e a Filippo
Anfuso. Rieletto brillantemente deputato nelle elezioni politiche del 7 giugno 1953 (con 51.923 voti di preferenza nella circoscrizione di Roma-Viterbo-Latina-Frosinone), nella II legislatura (1953-58) è vicepresidente del gruppo parlamentare del MSI alla Camera. Al IV congresso nazionale del MSI (Viareggio, gennaio 1954) sostiene la mozione della direzione nazionale; dopo il congresso egli entra nella direzione nazionale e nell'esecutivo nazionale, nuovo organo ristretto assistente il segretario nazionale. Il 10 ottobre 1954 a Augusto De Marsanich succede come segretario nazionale del MSI Arturo Michelini, con il quale
Almirante collabora fino all'insuccesso del partito nelle elezioni amministrative del maggio 1956; dimessosi dall'esecutivo
nazionale, in vista del V congresso nazionale del MSI Almirante si pronuncia apertamente contro la segreteria Michelini, chiedendo la rinuncia a nuove intese di destra in favore di un rilancio sociale del MSI e di un ritorno alle origini. Egli si presenta dunque al V° congresso (Milano, novembre 1956) con una sua nuova corrente. Dopo che il congresso è vinto di stretta misura da Michelini (315
voti contro 308), Almirante convince molti dei propri amici a non uscire dal partito, ma a proseguire con lui la battaglia politica dentro il MSI, rinunciando ad entrare nella direzione nazionale per riaffermare la loro scelta di opposizione. Nei mesi
successivi, la maggioranza e la minoranza del partito raggiungono un accordo che il comitato centrale ratificherà nel luglio 1957 eleggendo alla direzione alcuni esponenti della minoranza, tra i quali Almirante, che torna a far parte anche dell'esecutivo
nazionale. Rieletto deputato della circoscrizione di Roma-Viterbo-Latina-Frosinone nelle elezioni politiche del 25 maggio 1958 con
49.828 voti di preferenza, sosteiene la politica di inserimento nel sistema democratico portata avanti da Michelini e aderisce
alla mozione del segretario per il VI congresso nazionale del MSI, che avrebbe dovuto tenersi a Genova nel luglio 1960; ma i
drammatici fatti di Genova, che impediscono lo svolgimento del congresso, e la caduta del governo Tambroni riportano il MSI ad
un ruolo di opposizione radicale. Nelle elezioni politiche del 28 aprile 1963 Almirante è rieletto deputato della circoscrizione di
Roma-Viterbo-Latina-Frosinone con 46.597 voti di preferenza. Al VII congresso nazionale del MSI (Roma, agosto 1963) si contrappone fortemente a Michelini, fino ad abbandonare i lavori del congresso con la sua corrente, non partecipando nemmeno alle votazioni finali. In quel momento, molti davano per certa l'uscita dal MSI di Almirante e dei suoi, i quali però, ancora una volta, ritengono che le ragioni dell'unità del partito dovessero prevalere sulla loro opposizione a Michelini. Tra le conseguenze
della rottura dei rapporti tra la segreteria e la corrente almirantiana vi fu anche il cambiamento di proprietà del Secolo d'Italia: dopo che il giornale, ancora indipendente e diretto dal triumvirato Turchi – Anfuso - Almirante, era stato privato dei finanziamenti di partito di cui godeva, la sua società editrice fu rilevata da Michelini a nome del MSI, e dal 3 agosto 1963 il Secolo d'Italia diventa ufficialmente quotidiano del MSI, con lo stesso Michelini direttore. In occasione dell'VIII congresso nazionale (Pescara, giugno 1965), le alleanze interne del MSI cambiano: Michelini conclude all'ultimo momento con Almirante un accordo che non viene accettato da Pino Romualdi, tradizionale alleato di Michelini. A sua volta Almirante viene abbandonato da molti dei suoi, contrari all'intesa con il segretario. La lista Michelini - Almirante vince argamente il congresso (428 voti contro 159 andati alla lista di Romualdi). Nelle elezioni politiche del 19 maggio 1968 Almirante è rieletto deputato della circoscrizione di Roma-Viterbo-Latina- Frosinone con 54.200 voti di preferenza. Apertasi il 5 giugno seguente la V legislatura, egli è eletto presidente del gruppo
parlamentare del MSI alla Camera. Il 15 giugno 1969 morì Michelini, segretario nazionale del MSI da quindici anni. Di fronte al
problema della successione alla guida di un partito in grave crisi (nelle elezioni politiche del 1968 era sceso al 4,5 per cento dei
voti, suo minimo storico ad eccezione del risultato del 1948), il gruppo dirigente del MSI trova una soluzione unitaria: il 29 giugno 1969 Almirante è eletto segretario nazionale del MSI all'unanimità, per acclamazione, dalla nuova direzione nazionale appena eletta dal comitato centrale. Ridivenuto segretario dopo diciannove anni, egli lascia la presidenza del gruppo parlamentare alla Camera
(3 luglio); ed ebbe la soddisfazione di prendere il controllo, come editore, del suo vecchio giornale, il Secolo d'Italia. La seconda segreteria Almirante mira fin dall'inizio all'unità delle Destre, trattando a tal fine con i monarchici del PDIUM e con gli indipendenti di Centro-Destra. Nelle elezioni regionali del 7 giugno 1970 il MSI ha una discreta ripresa, anche grazie al lancio di alcune parole
d'ordine da parte del segretario: alternativa al sistema, Destra Nazionale e cosi via. Inoltre, forte presa sull'elettorato ebbe
l'idea della formazione di un Fronte articolato anticomunista con altre forze politiche, agglomerato che poi di fatto costituirà la Destra Nazionale. Il risultato di questa operazione porta il partito ad ottimi risultati nelle elezioni regionali siciliane e
amministrative del 13 giugno 1971: il 16,3 per cento dei voti in Sicilia e il 16,2 per cento a Roma, dove il segretario nazionale
si era candidato al consiglio comunale come capolista. Nel febbraio 1972, in vista delle elezioni politiche anticipate, il
PDIUM decise di allearsi con il MSI nella costituenda Destra nazionale. Per le elezioni politiche del 7 maggio 1972 il MSI e il PDIUM presentano, sotto il simbolo del primo partito, liste comuni e particolarmente forti, nelle quali figuravano indipendenti di
prestigio, ufficiali di tutti i gradi, funzionari di polizia e, per la prima volta, reduci di entrambe le parti che avevano
combattuto la guerra civile del 1943-45 (volontari della RSI, combattenti regolari del regno del Sud e partigiani monarchici).
Ventidue anni prima della fondazione del Polo per le Libertà, fu quello il primo tentativo di costituire uno schieramento di Centro
Destra che superasse le divisioni della guerra civile. Il 7 maggio la Destra nazionale ottiene l'8,7 per cento dei voti, 56 seggi
alla Camera e 26 seggi al Senato: un successo che parve storico. Almirante è rieletto deputato nelle due circoscrizioni in cui si
era candidato come capolista: in quella di Roma-Viterbo-Latina-Frosinone con 218.642 voti di preferenza e in quella di Milano-
Pavia con 59.235 voti di preferenza; opta per Roma. Nel luglio seguente il PDIUM decide di confluire definitivamente nel MSI, che nel primo giorno del suo X congresso nazionale (Roma, 18-21 gennaio 1973) adotta la nuova denominazione MSI-Destra Nazionale.
Il 22 gennaio 1973 la nuova direzione nazionale elegge per acclamazione Almirante segretario nazionale del MSI-DN. Il
successo della Destra Nazionale non determinerà svolte nella politica italiana, ma farà intensificare la già dura campagna
contro Almirante e il suo partito che le forze dell'arco costituzionale conducevano con ogni mezzo dal 1971, precisamente
dai giorni seguenti la grande avanzata missina nelle elezioni siciliane e amministrative del 13 giugno di quell'anno (il 21
giugno 1971 era iniziata la faziosa campagna giornalistica sull'Almirante fucilatore del 1944, alla quale risponderà per vie
legali pur sapendo di non poter ottenere piena soddisfazione dai tribunali della Repubblica): il 28 giugno 1972 la Procura della
Repubblica di Milano chiede alla Camera l'autorizzazione a procedere contro il segretario nazionale del MSI per il reato di
ricostituzione del disciolto Partito fascista, autorizzazione concessa con 484 voti contro 60; ma l'inchiesta sulla presunta
ricostituzione del PNF, trasferita alla Procura della Repubblica di Roma non fu mai portata a termine. Nel 1975-76 Almirante prova
a rilanciare il suo partito con un'iniziativa che doveva rappresentare una nuova fase dell'operazione Destra Nazionale: la Costituente di Destra per la Liberta, organizzazione esterna e alleata, fondata il 22 novembre 1975. Nel gennaio 1977 si svolse
l'XI congresso nazionale del MSI-DN. Almirante ottenne che il congresso riformasse lo statuto del partito in senso
presidenzialista – affidando direttamente al congresso nazionale l'elezione del segretario nazionale, che precedentemente era sempre stata di competenza della direzione nazionale o del comitato centrale - e, a conclusione del congresso, fu confermato
segretario dall'assemblea dei delegati, con 1125 voti su 1423 votanti. Consumatasi la scissione dall'organizzazione giovanile
del partito, il Fronte della Gioventù. Almirante commissaria questa organizzazione, e il 7 giugno 1977 nomina egli stesso il
nuovo segretario del Fronte nella persona di Gianfranco Fini, allora venticinquenne, che già si era guadagnato la sua fiducia.
Le elezioni regionali e amministrative del 1978 danno però risultati negativi al MSI-DN. Il 10giugno 1979, nelle prime
elezioni europee, il MSI-DN con il 5,4 per cento dei voti, manda al Parlamento europeo quattro deputati (tra i quali Almirante,
eletto nella circoscrizione dell'Italia nord-occidentale con 150.343 voti di preferenza e nella circoscrizione dell'Italia
meridionale con 519.479 voti di preferenza; optò per questa). I deputati europei missini non si iscrivono a nessun gruppo; non
aveva infatti avuto altri eletti il cartello delle Destre europee o Eurodestra, promosso da Almirante nel 1978 con il Parti des
forces nouvelles francese e la spagnola Fuerza nueva come coagulazione delle forze coscienti della funzione di un'Europa
assisa tra il consesso dei continenti. Il XII congresso nazionale del MSI-DN (Napoli, ottobre 1979) confermò il segretario e la sua
linea (con 807 voti contro 236 andati a Pino Rauti); in questa assise (il cui concetto fu Verso la Seconda Repubblica) il partito
adotta un programma per una nuova repubblica presidenziale (Non combattiamo per questo Stato, non ci interessa la stabilità
fittizia di queste istituzioni, non ne siamo e non ne saremo i puntelli, si caldeggiava una Repubblica presidenziale come
razionale esigenza, come frutto del semplice buonsenso, come istanza popolare, come punto di incontro, al vertice, tra Paese
reale e Paese legale, come rimedio efficace, e insostituibile, a quella "estraneità" del cittadino verso i vertici dello Stato, e
affermava Almirante che è il frutto di oltre trent'anni trascorsi all'opposizione; è il frutto, piaccia o non piaccia, di oltre trent'anni trascorsi coraggiosamente all'addiaccio, con il Paese reale e contro il Paese legale, contro il regime e il sistema, fieri di essere estranei alla Costituzione della Repubblica, estranei ai motivi che l'hanno determinata, ai compromessi che
l'hanno paralizzata fin dall'inizio, agli accordi sottobanco che l'hanno fin dall'inizio infangata, estranei alla logica demolitrice e dissolutoria del regime), contrapposta all'ormai trentennale repubblica dei partiti (la proposta di una nuova
costituzione, che sarà poi elaborata dall'onorevole Franco Franchi e, presentata nel 1983, prevedeva il presidenzialismo ispirato al modello costituzionale francese e il Parlamento, simbolo ed espressione della sovranità popolare, in una nuova ed efficiente veste monocamerale, che comprende la rappresentanza delle categorie del mondo del lavoro, della produzione, della tecnica e
dell'arte e che l'attività legislativa, un'attività di partecipazione, sia svolta da chi partecipa in maniera diretta alle attività che
nell'insieme esprimono la società civile della Nazione). il MSI-DN ottiene il 5,9 per cento dei voti nelle elezioni regionali dell'8
giugno 1980, tornando al livello del 1976; nelle contemporanee elezioni comunali raggiunse il 22,3 per cento a Napoli, dove era
capolista il segretario nazionale. Nei primi mesi del 1981 Almirante promuove una petizione popolare (che raccoglie oltre un milione di firme) per la reintroduzione della pena di morte (e che, come annota Piero Ignazi nel suo Il polo escluso, raccoglie adesioni insperate come quelle del musicologo Massimo Mila e di Carlo Matteotti, figlio del deputato socialista ucciso) e partecipa
alla campagna referendaria antiabortista. Il XIII congresso nazionale del MSI-DN (Roma, febbraio 1982) lo rielegge segretario con 737 voti contro 271 andati a Pino Rauti. Nelle elezioni politiche del 26 giugno 1983 il MSI-DN riporta un successo inferiore solo a quello del 1972: il 6,8 per cento dei voti, 42 seggi alla Camera e 18 seggi al Senato. Almirante è rieletto deputato nella circoscrizione di Roma-Viterbo-Latina-Frosinone con 129.375 voti di preferenza e nella circoscrizione di Napoli-Caserta con 193.075 voti di preferenza; opta per Napoli, dove avrebbe avuto la conferma della sua popolarità nelle elezioni amministrative del 20 novembre
successivo (il suo partito, con lui capolista, ottiene il 20,8 per cento dei voti nella città partenopea, mantenendo una forte
presenza nel consiglio comunale di questa). Iniziata la IX legislatura, diviene presidente del Consiglio Bettino Craxi, che sembrava intenzionato a sdoganare il MSI-DN. Ma il partito di Almirante rimane sostanzialmente isolato a destra; e se in un'importante
occasione sostiene di fatto il governo Craxi, permettendo nel febbraio 1985 la conversione in legge del cosiddetto secondo
decreto Berlusconi, lo fa per una convergenza di interessi con alcune forze della maggioranza (contro il monopolio televisivo di
Stato). Nello stesso periodo il MSI-DN - la cui politica estera era basata su un europeismo di tipo de gaullista e su un atlantismo leale verso gli USA - beneficia del clima favorevole in Occidente, anche a causa dell'inasprimento della guerra fredda, a tutte le
forze fermamente anticomuniste: Almirante nell'ottobre 1983 compì un viaggio ufficiale negli USA; nelle elezioni europee del 17
giugno 1984 il MSI-DN ottiene il 6,5 per cento dei voti e cinque deputati al Parlamento europeo (tra i quali Almirante, rieletto
nell'Italia meridionale con 500.772 voti di preferenza), mentre in Francia il suo alleato Front National, fondato e presieduto da
Jean-Marie Le Pen, arrivava al 10 per cento e a dieci seggi; potrà quindi costituirsi nel Parlamento europeo il gruppo delle Destre
Europee, al quale aderisce anche l'unico deputato del partito greco EPEN. Nel luglio 1984 Almirante annuncia la propria intenzione
di lasciare la segreteria entro la fine dell'anno, in occasione del prossimo congresso nazionale. Ma il partito gli chiede quasi
all'unanimità di recedere da tale proposito. L'anziano leader acconsente a rimanere in carica ancora per un biennio. Il XIV congresso nazionale del MSI-DN (Roma, novembre-dicembre 1984) lo rielegge segretario per acclamazione, ignorando la contrapposta candidatura di Tomaso Staiti di Cuddia. Con queste assise inizia la fase finale della seconda segreteria Almirante, in cui tutte le cariche principali saranno affidate ad uomini della vecchia guardia e di tutte le correnti. Almirante, poi, assume personalmente la carica di direttore politico del Secolo d'Italia. Il 12 maggio 1985 il MSIDN ottiene nelle elezioni regionali il massimo storico in
questo genere di consultazioni e riporta a Bolzano, nelle elezioni comunali, il clamoroso successo del periodo almirantiano,
divenendo il primo partito del capoluogo di quella provincia. Un altro buon risultato il MSI-DN ottiene nelle elezioni regionali
siciliane del giugno 1986.Il 6 settembre 1987, in occasione della festa Tricolore di Mirabello (Ferrara), Almirante presenta come
proprio delfino il trentacinquenne Gianfranco Fini, il più giovane deputato del MSI-DN. Almirante teneva moltissimo a che il suo
successore fosse un suo uomo di fiducia; sette anni dopo, tale scelta si sarebbe rivelata retrospettivamente una delle più felici del fondatore della Destra Nazionale. Almirante viene eletto presidente del partito il 24 gennaio 1988, per acclamazione, dalla maggioranza del nuovo comitato centrale, incarico che mantiene per soli quattro mesi, gli ultimi della sua vita. Il 22 maggio 1988,
Giorgio Almirante si spegne nella clinica di Villa del Rosario. Fini onora il suo predecessore e maestro dicendo di lui un grande
Italiano .... il leader della generazione che non si è arresa. Le esequie dello storico segretario del Movimento Sociale Italiano Destra Nazionale vengono trasmesse in diretta radiotelevisiva sulla rete pubblica. Almirante riceve l'ultimo saluto alla camera
ardente allestita presso la sede del Partito in Via della Scrofa dalle più alte cariche istituzionali e da tutti i più importanti leader politici italiani oltre a migliaia di persone da tutta Italia. Almirante viene riconosciuto da tutta la Stampa italiana
ed estera come il padre della Destra Italiana del dopoguerra. Almirante muore una settimana prima delle elezioni amministrative
parziali del 29 maggio 1988 i cui risultati furono deludenti, che saranno però riscattati dalle elezioni regionali del Friuli
Venezia Giulia, nel giugno, e del Trentino Alto Adige, nel novembre dello stesso anno. In occasione delle elezioni europee del 18 giugno 1989, Fini conferma l'alleanza con gli altri partiti dell'Eurodestra, in particolare con il Front National francese di
Jean-Marie Le Pen. Negli anni successivi, Fini baserà le sue campagne elettorali sul presidenzialismo, contro la partitocrazia e assumendo il ruolo di fautore di un rinnovamento di tipo gaullista delle istituzioni repubblicane. Fino alla fondazione di Alleanza Nazionale nel 1993 e alla vittoria nel 1994 con il Polo di Centro-Destra.